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ROMA
Mafia e Capitale
A Roma si alza il sipario sugli intrecci tra criminalità organizzata, eversione nera e amministrazione capitolina.
La storia ogni tanto si prende strane rivincite. Nel giorno in cui si viene a sapere che le indagini sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini verranno riaperte[...] , si alza il sipario sullo scenario dell'alleanza tra settori deviati dello Stato, fascisti e mafiosi.
La Roma dei palazzi del potere, e delle relazioni pericolose che i suoi inquilini intrattengono con manovalanza di diverso tipo, viene scossa da una maxi-operazione giudiziaria che scoperchia l'ennesimo filo nero che collega affari, trame nere e politica. Si tratta ovviamente di vicende diverse, ma le coincidenze a volte aiutano a riannodare i fili della memoria. Il controverso intellettuale che si aggirava per le borgate della capitale e che allungò lo sguardo verso i misteri del lato oscuro della Repubblica rispunta nelle pagine di cronaca nel giorno in cui le agenzia di stampa e le carte dei pm diffondono le nuove puntate di un romanzo criminale che dura ormai da troppo tempo.
Ci sarà modo di vagliare sostanza e credibilità di tutte le misure prese dalla Procura di Roma. Noi non siamo abituati a utilizzare le carte della pubblica accusa per ricostruire la storia e prendere posizione. Ma dallo scenario che emerge riconosciamo il porto delle nebbie romano, i profili e le scene di una storia che dura ormai da decenni.
La “teoria del mondo di mezzo” è stata spiegata dall'ex Nar Massimo Carminati in una conversazione intercettata dagli inquirenti. L'uomo considerato dai magistrati il boss della 'mafia capitale' la vede così: “Ci stanno i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo… E allora vuol dire che ci sta un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano”. Ecco a cosa servono mafiosi e fascisti: a mettersi in mezzo, tra la strada e i potenti di ogni colore politico: lo viviamo ogni giorno percorrendo le strade di Roma. Servono a gestire le contraddizioni con le spicce, a creare una nuova classe di “imprenditori” che tenga a libro paga politici ed amministratori ed impedisca che qualcosa cambi veramente.
La ragnatela de la mafia Capitale
La banda, la nuova banda di Roma. “La Mafia capitale”, per dirla con le parole dei magistrati. Strutturata come una piovra che asfissia la città. Ogni uomo ha un compito, ogni compito ha un prezzo. Appalti, usura, estorsioni, corruzione. Dentro il Comune di Roma, nelle istituzioni, nelle cooperative. Amministratori “a libro paga” come Franco Panzironi, ex presidente Ama, e Carlo Pucci dirigente di Eur spa. Pubblici ufficiali “a disposizione”, come Riccardo Mancini, ex presidente di Eur spa, che ha fatto da garante con l’amministrazione di Alemanno dal 2008 al 2013. La collusione con forze di polizia e servizi segreti.
Un luogo: il distributore di benzina di Corso Francia, gestito da Roberto Lacopo, “base logistica del sodalizio”. E tutto quest’universo criminale che ruota attorno a Massimo Carminati, l’ex nar, 56 anni. Capo, organizzatore, fornitore ai suoi sodali di schede telefoniche dedicate, reclutatore di imprenditori collusi “ai quali fornisce protezione”, l’uomo che “mantiene i rapporti con gli esponenti delle altre organizzazioni criminali operante su Roma, nonché esponenti del mondo politico istitutzionale, con esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi”. La sua villa di Sacrofano, Carminati la intesta fittiziamente a Alessia Marini, acquistandola per 500mila euro, di cui 120 mila in contanti.
Accanto a lui c’è sempre Riccardo Brugia, col quale condivide il passato di estremista di destra. Nell’organizzazione di Carminati, armata e di stampo mafioso secondo i pm di Roma, Brugia ha il compito di gestire le estorsioni, “di coordinare le attività nei settori del recupero crediti e dell’estorsione, di custodire le armi in dotazione del sodalizio”, scrive il gip Flavia Costantini nelle 1249 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare. Brugia e Carminati, tra le altre cose, sono accusati di estorsione ai danni di Luigi Seccaroni per farsi vendere il terreno in via Cassia.
Ogni uomo ha un compito, dunque. Ad esempio Fabrizio Franco Testa, manager, e presidente di Tecnosky (Enav) e uomo di Alemanno ad Ostia. “Lui è la testa di ponte dell’organizzazione nel settore politico e istituzionale, coordina le attività corruttive dell’associazione, si occupa della nomina di persone gradite all’organizzazione in posti chiave della pubblica amministrazione”.
I NOMI ECCELLENTI / Dall’ex sindaco Alemanno a Panzironi
Oppure Salvatore Buzzi, l’uomo della rete di cooperative. Amministratore delle coop riconducibili al gruppo Eriches-29 giugno, affidatarie di appalti da parte di Eur Spa, gestisce per conto della banda Carminati le attività criminali nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, della accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico, settori “oggetto delle gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo”. Si occupa anche – secondo i pm – della contabilità occulta dell’associazione.
Sullo sfondo una pletora di imprenditori collusi, in primo piano, invece Franco Panzironi. Nel suo ruolo di componente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di Ama spa dal 2008 al 2011, ha del tutto “asservito la sua qualità funzionale”. Nelle carte ci sono tutti gli addebiti a suo carico: violando il segreto d’ufficio, violando il dovere di imparzialità nell’affidamento dei lavori, ha preso accordi con Buzzi “per il contenuto dei provvedimenti di assegnazione delle gare prima della loro aggiudicazione”.
Panzironi è accusato anche di averla turbata, quella gara. L’appalto è quello della raccolta delle foglie per il comune di Roma, 5 milioni di euro. Per la sua attività di “agevolazione dell’associazione mafiosa di Carminati” nel tempo ha ricevuto, per sé e per la sua fondazione Nuova Italia, 15.000 euro al mese dal 2008 al 2013, 120.000 euro in una tranche (il 2,5 per cento dell’appalto assegnato da Ama), la rasatura gratuita del prato di casa, e finanaziamenti non inferiori a 40.000 euro per la sua fondazione.
Per dire come funzionavano le cose al Campidoglio, basta leggere le accuse che vengono fatte a Claudio Turella, funzionario del Comune di Roma e responsabile della programmazione e gestione del Verde Pubblico: per compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio nella assegnazione dei lavori per l’emergenza maltempo, la manutenzione delle piste ciclabili e delle ville storiche, “riceveva da Buzzi, il quale agiva previo concerto con Carminati e in accordo con i suoi collaboratori, 25.000 euro per l’emergenza maltempo, la promessa di 30.000 euro per le piste ciclabili, più la promessa di altre somme di denaro”.
Nel calderone degli arresti c’è anche Luca Odevaine, ex vice capo di gabinetto di Veltroni. Nella sua qualità di appartenente al Tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza dei rifugiati, dunque pubblico ufficiale, “orientava le scelte del Tavolo al fine di creare le condizioni per l’assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite da soggetti economici riconducibilia Buzzi e Coltellacci”, “effettuava pressioni finalizzate all’apertura di centri in luoghi graditi al gruppo Buzzi”. E per questo “riceveva 5.000 euro mensili in forma diretta e indiretta da Coltellacci e Buzzi”. Con l’aggravante di aver agevolato la banda di Carminati.
Infine Gennaro Mokbel, che finisce in questa inchiesta con l’accusa di estorsione, perché “mediante violenza e minacce” voleva costringere Marco Iannilli a restituire 8 milioni di euro “comprensiva dell’attesa remunerazione, consegnatagli un anno prima per investirla nell'”operazione Digint””. E qui è intervenuto Carminati il quale, su richiesta della vittima, “la proteggeva da Mokbel”. Faceva anche questo, Carminati. Il protettore.
“Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”
Un capitolo importante di questa inchiesta sono i favori con le cooperative che gestiscono i centri immigrati. Poletti rappresenta quel mondo, oggi prepara il Job Act, ieri era a cena con criminali, corrotti e fascisti.
Per la “cupola” di Roma l’emergenza immigrati era una miniera d’oro: i fondi per i centri d’accoglienza sono un piatto ricco e il sodalizio criminale ipotizzato dagli inquirenti fa in modo che parte di questi finanziamenti finisca nelle tasche delle cooperative amiche. Gli inquirenti lo chiamano “Sistema Odevaine“: “La gestione dell’emergenza immigrati è stato ulteriore terreno, istituzionale ed economico, nel quale il gruppo riconducibile a Buzzi si è insinuato con metodo eminentemente corruttivo – si legge nell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari firmata dal gip Flavia Costantini – alterando per un verso i processi decisionali dei decisori pubblici, per altro verso i meccanismi fisiologici dell’allocazione delle risorse economiche gestite dalla P.A.”.
Un sistema studiato per far arrivare i soldi pubblici ai gestori amici “che si dividono il mercato“. E il mercato dei fondi statali per i centri di accoglienza per gli immigrati è immenso. Gli inquirenti parlano della “possibilità di trarre profitti illeciti immensi (…) paragonabili a quelli degli investimenti illeciti realizzati in altri settori criminali come lo smercio di stupefacenti. Le intercettazioni parlano chiaro. Al telefono con Pierina Chiaravalle, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa “29 giugno” e braccio operativo dell’organizzazione, domanda: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”.
Il centro del sistema è Luca Odevaine. Ex vice capo di gabinetto del sindaco Walter Veltroni e capo della polizia provinciale di Roma, “Odevaine è un signore che attraversa, in senso verticale e orizzontale, tutte le amministrazioni pubbliche più significative nel settore dell’emergenza immigrati”, scrivono i pm. Perché è così importante la sua figura? “La qualità pubblicistica di Odevaine risiede nell’essere appartenente al Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione” e al contempo è “esperto del presidente del C.d.A. per il Consorzio “Calatino Terra d’Accoglienza”» , ente che soprintende alla gestione del C.A.R.A. di Mineo“. Un’intercettazione in cui Odevaine parla con il suo commercialista fotografa il suo ruolo: “Avendo questa relazione continua con il Ministero – spiega l’ex vice capo segreteria di Veltroni – sono in grado un po’ di orientare i flussi che arrivano da… da giù… anche perché spesso passano per Mineo… e poi… vengono smistati in giro per l’Italia… se loro c’hanno strutture che possono essere adibite a centri per l’accoglienza da attivare subito in emergenza… senza gara… (inc.) le strutture disponibili vengono occupate… e io insomma gli faccio avere parecchio lavoro…”.
Odevaine è ben pagato, secondo Salvatore Buzzi. Parlando con Giovanni Campennì, il braccio operativo dell’organizzazione spiega: “Mò c’ho quattro… quattro cavalli che corrono… col PD, poi con la PDL ce ne ho tre e con Marchini c’è… c’ho rapporti con Luca (Odevaine, ndr) quindi va bene lo stesso… lo sai a Luca quanto gli do? Cinquemila euro al mese… ogni mese… ed io ne piglio quattromila”.
Il piatto è ghiotto anche nella sola città di Roma e la cupola è talmente potente da deviare in sede di bilancio pluriennale risorse in favore delle strutture di accoglienza. Gli inquirenti sottolineano la “capacità del sodalizio indagato, di interferire nelle decisioni dell’Assemblea Capitolina in occasione della programmazione del bilancio pluriennale 2012/2014 e relativo bilancio di assestamento di Roma Capitale, avvalendosi degli stretti rapporti stabiliti con funzionari collusi dell’amministrazione locale, al fine di ottenere l’assegnazione di fondi pubblici per rifinanziare “i campi nomadi”, la pulizia delle “aree verdi” e dei “Minori per l’emergenza Nord Africa”, tutti settori in cui operano le società cooperative di Salvatore Buzzi”.
All’epoca dei fatti alla guida del dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della salute del Comune di Roma (che gestisce la questione immigrati) c’era Angelo Scozzafava, con il quale la “cupola” aveva ottimi rapporti: “Le indagini hanno evidenziato l’ipotesi di una remunerazione dell’attività funzionale di costui da parte di gruppo criminale – scrivono gli inquirenti – con la promessa dell’assegnazione di un appartamento in una cooperativa” perché “Scozzi” come lo chiamano i sodali, “si fa promotore di attività a favore del gruppo presso altri organi dell’amministrazione comunale, per spingere su finanziamenti a favore del campo nomadi“. Ma dopo le elezioni comunali del 2013 le cose cambiano: il 14 giugno 2013 Buzzi raccontava al telefono a Carminati di trovarsi al Campidoglio “in giro per i Dipartimenti a saluta’ le persone”. La decisione veniva accolta favorevolmente accolta dall’ex Nar che riteneva necessario “vendere il prodotto amico mio, eh. Bisogna vendersi come le puttane ades…adesso”. A quel punto Buzzi raccontava la difficoltà di muoversi nell’ambito della nuova situazione politica romana in quanto in quel momento “solo in quattro sanno quello che succede e sono nell’ordine Bianchini, Marino, Zingaretti e Meta“, e Carminati rispondeva in maniera eloquente: “E allora mettiti la minigonna e vai a batte co’ questi, amico mio”.
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