Con questa parte riprendiamo il
capitolo che riguarda l'analisi della merce.
Il metodo di Marx in tutta
l'analisi del Capitale è quello di far scorrere davanti agli occhi di chi legge
la storia dell'umanità nelle sue varie fasi, che Marx chiama modi di
produzione (a grandi linee: antico, feudale, borghese) e di analizzarle in
maniera scientifica, secondo l'evoluzione delle società umane, appunto,
e secondo le specifiche leggi di queste varie fasi.
In questo caso Marx, come abbiamo
detto, analizza il sistema sociale borghese attuale che si chiama
modo di produzione capitalistico e nello stesso tempo, questa
analisi, è una continua critica oggettiva degli studiosi dell'economia borghese
(tra i "classici" ci sono i famosi Smith e Ricardo, i
"campioni" citati spesso a loro favore da politici ed economisti
borghesi) che soprattutto per la loro posizione di classe non hanno potuto/voluto
spingere fino in fondo la loro analisi perché altrimenti avrebbero "scoperto"
e dovuto dire apertamente da dove nasce davvero il profitto, la povertà,
che cos'è lo sfruttamento, ecc.
Con il punto 2. MARX spiega il
DUPLICE CARATTERE DEL LAVORO
RAPPRESENTATO NELLE MERCI
e dice subito che questo punto
dell'analisi è il perno intorno al quale ruota
la comprensione dell'economia politica, e, cioè, appunto, la
duplice natura del lavoro contenuto nella merce, che è stata dimostrata
criticamente da Marx per la prima volta.
La merce, abbiamo visto, è al
contempo valore d'uso - e per fare questo serve lavoro concreto, specifico,
lavoro utile (per es. falegnameria) - e dall'altro valore - e per
fare questo basta il lavoro inteso in senso generale, astratto,
dispendio di nervi, cervello, muscoli, forza lavoro umani, quel lavoro
che permette lo scambio di cose di qualità differenti (dato che è
assurdo scambiarsi la stessa cosa) e in cui gli uomini si riconoscono, per abitudine sociale acquisita nei secoli,
come uguali.
Nell'insieme dei diversi
valori d'uso o corpi di merci si presenta un insieme di lavori utili
altrettanto differenti secondo la specie, il genere, la famiglia, la
sottospecie, la varietà: una divisione
sociale del lavoro. La produzione delle merci non potrebbe esistere
senza questa divisione sociale del lavoro, mentre questa divisione sociale del
lavoro è esistita anche senza la produzione delle merci. Nell'antica
comunità indiana, dice Marx, il lavoro è diviso socialmente senza che i
prodotti diventino merci. Oppure, esempio a noi più vicino, in ogni fabbrica
il lavoro è diviso sistematicamente, ma questa divisione non è derivata da
uno scambio dei prodotti individuali fra un operaio e l'altro. Solo prodotti di
lavori privati autonomi e indipendenti l'uno dall'altro stanno a confronto l'un
con l'altro come merci.
Il lavoro, dunque, come
formatore di valori d'uso, come lavoro utile è una condizione d'esistenza
dell'uomo, indipendente da tutte le forme della società, è una necessità eterna
della natura che ha la funzione di mediare il ricambio organico fra uomo
e natura, cioè la vita degli uomini.
Gli oggetti che consumiamo non
nascono dal nulla, sono sempre combinazioni di due elementi, materia
naturale e lavoro. Il procedimento dell'uomo nella sua produzione può
essere soltanto quello stesso della natura: cioè semplice cambiamento delle
forme dei materiali. E ancora: in questo stesso lavoro di formazione l'uomo
è costantemente assistito da forze naturali. Quindi il lavoro non è l'unica
fonte dei valori d'uso che produce, della ricchezza materiale. Come dice
William Petty, il lavoro è il padre della ricchezza materiale e la terra ne
è la madre.
Passiamo ora dalla merce in
quanto oggetto d'uso al valore della merce.
Prendiamo per esempio due merci: 1
abito e dieci braccia di tela.
Marx fa l'ipotesi che l'abito ha
valore doppio della tela e cioè 1 abito = venti braccia di tela.
Come valori, abito e tela
sono cose di sostanza identica, espressioni oggettive di lavoro dello
stesso genere, cambia solo la quantità.
Questo lavoro è dispendio di
quella forza-lavoro semplice che ogni uomo comune possiede in media nel
suo organismo fisico, senza particolare sviluppo.
Un lavoro più complesso vale
soltanto come lavoro semplice potenziato o moltiplicato, cosicché una
quantità minore di lavoro complesso è eguale a una quantità maggiore di lavoro
semplice. L'esperienza insegna che questa riduzione avviene costantemente.
Una merce può essere il prodotto del lavoro più complesso di tutti, ma il suo
valore la equipara al prodotto di lavoro semplice e rappresenta quindi soltanto
una determinata quantità di lavoro semplice. Le varie proporzioni nelle quali
differenti generi di lavoro sono ridotti a lavoro semplice come loro unità di
misura, nella lunga evoluzione storica vengono
stabilite mediante un processo sociale estraneo ai produttori, e
quindi appaiono a questi ultimi date dalla
tradizione.
Ma abito e tela non sono soltanto
valori in genere, bensì valori di una determinata grandezza; e secondo
la nostra ipotesi l'abito ha valore doppio di dieci braccia di tela. Di dove
viene questa differenza fra le loro due grandezze di valore? Dal fatto che
la tela contiene soltanto la metà del lavoro dell'abito, cosicché per la
produzione di quest'ultimo la forza-lavoro deve essere spesa durante un tempo
doppio di quello occorrente per la produzione della tela.
Se
la forza produttiva, diciamo, di tutti i lavori utili richiesti per
la produzione di un abito, rimane immutata, la grandezza di valore degli abiti
cresce col crescere della loro quantità. Se 1 abito rappresenta x giornate
lavorative, 2 abiti rappresentano 2 x giornate lavorative, ecc. Ma ammettiamo
che il lavoro necessario alla produzione di un abito cresca del doppio o
diminuisca della metà. Nel primo caso un abito ha altrettanto valore quanto in
precedenza ne avevano due, nel secondo caso due abiti hanno tanto valore quanto
in precedenza ne aveva uno, benché nell'uno e nell'altro caso un abito renda
prima e dopo gli stessi servizi e il lavoro utile contenuto in esso rimanga
prima e dopo della stessa bontà. Ma si è cambiata la quantità di lavoro spesa
nella sua produzione.
Una quantità maggiore di
valore d'uso costituisce in sé e per sé una maggiore ricchezza materiale,
due abiti sono più di uno. Con due abiti si possono vestire due uomini, con un
abito se ne può vestire uno solo, ecc. Eppure
alla massa crescente della ricchezza materiale può corrispondere una caduta
contemporanea della sua grandezza di valore. Questo movimento antagonistico
sorge dal carattere duplice del lavoro.
Quindi il lavoro utile diventa
fonte più abbondante o più scarsa di prodotti in rapporto diretto con l'aumento
o con la diminuzione della sua forza produttiva. Invece, un cambiamento
della forza produttiva non tocca affatto il lavoro rappresentato nel valore
preso in sé e per sé. [E cioè, l'invenzione di un attrezzo, per esempio,
agevola sì il lavoro per cui in meno tempo si fanno più cose, ma questo non
cambia il fatto che un'ora di lavoro vale sempre un'ora di lavoro! E un
oggetto che contiene un'ora di lavoro sarà valutato socialmente per un'ora di
lavoro.]
(Continua giovedì prossimo)
Parte 1 - 2
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