Dal paese che ha dato i
natali alla “Primavera Araba” in cui le masse popolari hanno scosso e abbattuto
regimi filo-imperialisti giunge il sostegno militante e internazionalista alla
Guerra Popolare in India e al partito che la dirige.
La Tunisia pur essendo un piccolo paese di 10
milioni di abitanti nel Nord Africa è, in particolare negli ultimi anni, di
importanza notevole per lo sviluppo rivoluzionario dell’area. Dopo le prime
avvisaglie rappresentati dagli scioperi dei minatori di Gafsa e Metlaoui nel sud
del paese nel 2008, nel dicembre 2010 la rivolta contro il decennale regime di
Ben Alì è partita da Sidi Bouzid, sempre da quel meridione del paese che fin
dai tempi di Bourguiba, primo presidente della Tunisia “indipendente” e legato
alla borghesia imperialista francese, è stato condannato dalla borghesia
compradora tunisina ad un sottosviluppo economico e sociale a vantaggio della
stessa con sede a Tunisi e nelle altre principali città costiere. Contro questa
situazione gli scioperi partiti prima dai minatori e dalle masse popolari
(principalmente giovanili) meridionali, si sono via via estesi ai lavoratori,
ai giovani, alle donne di tutto il paese coinvolgendo anche la piccola e media
borghesia e gli intellettuali. Scioperi di massa combinati con blocchi stradali
e attacchi alle odiate caserme in tutto il paese hanno permesso la caduta del
regime, tutta questa storia recente è nota.
Quello che forse è meno
noto anche all’interno del nostro movimento è quanto sia variegata la presenza
dei maoisti in Tunisia. Vi sono differenti gruppi e partiti presenti nelle
città principali del paese e nelle campagne, questi compagni nel loro insieme
svolgono un lavoro rivoluzionario tra i diversi settori della società e sono in
prima linea nel sostegno internazionalista alla GP in India e al partito che la
dirige; come scriveva il Movimento Comunista Maoista in Tunisia nel suo
messaggio alla C.I. di Amburgo: “Siamo
orgogliosi dei progressi realizzati dal PCI (Maoista), soprattutto a partire
dal 2004, data della sua creazione e ci congratuliamo con i militanti e
combattenti che, grazie alla loro tenacia e coraggio sono riusciti a liberare
1/3 del territorio "indiano" e fondato il potere popolare, il potere
della nuova democrazia” e come scriveva l’ Organizzazione Comunista Maoista
in Tunisia per la stessa occasione: “Come
organizzazione comunista maoista in Tunisia avremmo voluto partecipare a questa
conferenza internazionale per esprimere il nostro sostegno alla guerra popolare
in India guidata dai nostri compagni del Partito Comunista dell’Indiano
(maoista).”
Questa solidarietà non si
limita ai messaggi inviati alla C.I. di Amburgo, da queste due organizzazioni
facenti parte del più ampio movimento maoista tunisino ma si esplica
nell’attività militante dei compagni nelle lotte quotidiane che essi conducono.
Ad esempio sul fronte
studentesco, in particolare universitario, in un contesto in cui la forma
organizzata degli studenti, il sindacato studentesco UGET, è pesantemente
influenzata dai partiti socialdemocratici del Fronte Popolare, questa attività
di sostegno alla G P in India prevede una dura lotta teorica e ideologica
contro chi si fa portavoce di vie pacifiche ed elettorali al socialismo.
Volantinaggi, messaggi di solidarietà da parte degli studenti tunisini, assemblee
all’università sono state organizzate negli ultimi anni a questo proposito.
Alcuni studenti di arte hanno messo al servizio le loro capacità per le ultime
campagne internazionali producendo ad esempio locandine disegnate a mano.
Altro esempio è il fronte
dei prigionieri politici, lotta quanto mai fondamentale ed estesa in Tunisia
dove i giovani che hanno partecipato alla rivolta del precedente regime e che
continuano a fare paura anche all’attuale definito di “transizione” (leggi di
restaurazione) e gli oppositori in generale sono arrestati, picchiati e
torturati nelle caserme. In occasione della scorsa giornata del 19 Giugno dedicata
a Saibaba, portavoce del FDR arrestato dal regime indiano, i compagni del MCM-T
hanno diffuso un messaggio e un manifesto creando un “ponte” di lotta alla
repressione che viene condotta in Tunisia con quella in l’India nei termini
espressi dal messaggio che gli stessi compagni hanno inviato in occasione della
C.I. di Amburgo “capiamo la ferocia
dell'imperialismo e dei suoi servi contro il movimento rivoluzionario e la
guerra popolare in particolare, capiamo perché hanno fatto di tutto per
trasformare le insurrezioni nei paesi arabi a loro favore, queste insurrezioni
spontanee senza direzione rivoluzionaria non potevano andare lontano, anche se
le masse continuano a combattere con le unghie e con i denti.”
Diceva Lenin che il miglior
internazionalismo proletario è fare la rivoluzione nel proprio paese, in
Tunisia così come in India la strategia rivoluzionaria è quella della Guerra
Popolare di Lunga Durata con la creazione di zone liberate nelle campagne
accerchiando le città. La
Tunisia ha vaste aree
di campagne e negli scorsi decenni vi sono state esperienze di lotta armata, in
particolare nel nord-ovest e nel sud del paese, in cui formazioni guerrigliere
come i fellagha durante la lotta di liberazione nazionale negli anni 1952-1954
conducevano campagne di accerchiamento contro le forze coloniali. Queste
condizioni oggettive favorevoli purtroppo vengono sfruttate attualmente solo
dai gruppi jihadisti in Tunisia che sfruttano anche i confini porosi algerini e
libici per muoversi facilmente e compiere azioni. Bisogna anche imparare
dall’ultima rivolta che ha mostrato il proprio carattere insurrezionale e il
ruolo predominante dei giovani proletari provenienti dai quartieri popolari e
dalle banlieues. Sempre dei giovani che potremmo definire “democratici” giusto
due giorni fa hanno organizzato “la prima manifestazione contro l’ISIL in un
paese arabo e musulmano”. Non conosciamo esattamente la natura di questa
manifestazione, in ogni caso è necessario che si affermi una lotta senza
quartiere contro il fascismo-islamico rappresentato da forze quali l’ISIS, in
quanto reale ostacole per le forze rivoluzionarie. Bisogna tener conto di tutti
questi elementi nell’applicazione della strategia generale della GP.
L’egemonia islamista è un
problema che tocca tutto il mondo arabo in cui nella fase attuale vi sono molti
gruppi armati che si richiamano al jihad e praticamente nessuna formazione rivoluzionaria
che pratica la lotta armata con eccezione dei compagni iracheni per quanto
concerne il nostro campo. È evidente che il primo obiettivo da raggiungere
perché si affermi la via della GP nei paesi del NA e del MO, è sconfiggere
teoricamente e politicamente i movimenti e gruppi islamisti che spesso godono
di un supporto di massa (questo problema è quanto mai evidente in Palestina con
Hamas).
Secondariamente c’è il
problema della lotta alle forze neo-revisioniste.
Questo lavoro è al servizio
per la nascita e il rafforzamento di partiti maoisti nei paesi della regione
unendo i maoisti tramite una lotta ideologica contro deviazioni presenti nel
movimento come il pan-arabismo che strizza l’occhio a teorie non proletarie e
mascherate da “anti-imperialiste” come il ba’hatismo, il nasserismo e anche l’islamismo, arrivando a teorizzare
“fronti uniti” con forze reazionarie quali hezbollah o hamas confondendole per
“nazionaliste”.
La questione è seria in
particolare circa la contraddizione in seno al popolo scaturente dall’influenza
che la religione islamica ha tra le masse di questa grande area che è la
regione MENA. Per questo il dibattito interessante su questo problema
intrapreso nella Conferenza di Parigi “Dalle rivolte nei paesi arabi alla
rivoluzione” nel 2011 va approfondito.
I fatti degli ultimi mesi
riguardanti lo Stato Islamico in Irak e nel Levante (ISIL) dimostrano ancora
una volta che i movimenti reazionari religiosi sono speculari all’imperialismo,
entrambi opprimono le masse, la non direzione maoista in quella regione fa si
che la lotta sul campo contro l’ISIS sia condotta da un fronte che comprende
gli imperialisti e i sionisti che hanno foraggiato l’ISIL in funzione
antisiriana, i kurdi peshmerga irakeni filo-imperialisti, i kurdi siriani dello
ypg sedicenti anti-imperialisti ma che accolgono i bombardamenti
dell’imperialismo in Siria. Una vittoria di questo fronte non risolverà i
problemi delle masse.
I partiti e organizzazioni
maoiste a cavallo tra Turchia, Kurdistan e Iraq possono e devono rappresentare
una soluzione a questa situazione.
In Palestina l’egemonia di
Hamas da un lato e il revisionismo dei revisionisti dall’altro non permette che
il popolo palestinese intraprenda la via della GP.
La guerra popolare in India
e il partito che la dirige di cui oggi celebriamo il decimo anniversario della
sua fondazione così come le altre guerre popolari, rappresentano un faro
ideologico per lo sviluppo del maoismo nella regione MENA e per l’affermarsi
della via della GP.
Come hanno espresso bene i
compagni del Movimento Comunista Maoista in Tunisia in occasione della C.I. di
Amburgo: “affermiamo che la guerra
popolare in India è la nostra guerra, perché l'imperialismo e i suoi lacchè
fanno guerra ai lavoratori sfruttati e ai popoli oppressi di tutto il mondo e
di fronte a questa violenza di Stato reazionaria, solo la guerra popolare
diretta dal Partito comunista maoista può portare la vittoria, la liberazione e
la costruzione del potere popolare, la nuova democrazia, aprendo la strada al
socialismo.”
Che l’anniversario della nascita del PCI(m) sia
di buon augurio per la nascita di nuovi partiti maoisti che lancino Guerre
Popolari in Nord Africa e Medio Oriente opportunità storica necessaria al
servizio della rivoluzione proletaria mondiale.MovimentoComunista Maoista in Tunisia
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