lunedì 27 ottobre 2014

pc 27 ottobre - La manifestazione di Roma del 25 /10 - editoriale Proletari Comunisti /PCm Italia

Un milione in piazza, operai, lavoratori, precari, pensionati, contro il governo Renzi, contro il jobs act e l'articolo 18, contro in generale la politica sociale di un governo che agisce in continuità, e va anche più in là, con i governi degli ultimi anni scaricando la crisi sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari.

Questa è una buona notizia nel panorama politico attuale. Una prima manifestazione con reali dimensioni di massa che è esplicitamente contro il governo.
Tutte le iniziative sindacali e politiche che si erano poste su questo terreno nelle settimane precedenti trovano nella grande dimensione di massa di questa manifestazione una conferma.
Possiamo dire che la qualità di questa manifestazione sta nella sua quantità.

Che la maggioranza Cgil, guidata dalla Camusso, finora “partito del freno e della conciliazione” con il governo Renzi al di là delle critiche, ora si sia dovuta schierare contro di esso e abbia raccolto anche, sia pure in forme blande, l'appello allo sciopero generale che veniva dalla piazza, è obiettivamente utile per l'intero movimento dei lavoratori.
Che questa manifestazione abbia raccolto peraltro tanti che alle ultime elezioni hanno votato PD e, quindi, che lo vogliano o no, avevano contribuito all'ascesa - o come dice Renzi “alla scalata” - del Pd e del governo e che oggi invece gli si dichiarino apertamente contro, è anch'esso un fenomeno politico positivo.
Che la manifestazione sia stata caratterizzata dal 'rosso' delle bandiere e dallo schieramento esplicitamente a sinistra delle masse che vi hanno partecipato, anche questo è un segnale chiaro in una fase in cui il panorama è caratterizzato da una sorta di 'fronte unico' di governo, parlamento, mass media contro ogni aspetto di sinistra, per così dire; anche questo è un fatto politicamente significativo.
Tutto questo insieme di fattori spiegano il livore, l'astio, l'apparente iniziale indifferenza e tentativo di sminuire, ma il reale spirito di contrapposizione che caratterizzano governo, padroni e i loro strumenti, prima, durante e soprattutto dopo la manifestazione.

Questo milione di persone non va regalato ai dirigenti della Cgil, al “giano bifronte” Landini, e meno che mai alla sinistra rottamata interna al Pd e reducista dell'ex sinistra parlamentare.
Camusso nel suo intervento si è limitata a contrattaccare agli argomenti di Renzi sul jobs act e precari e a rilanciare l'eterna piattaforma degli ultimi anni; è mancata qualsiasi analisi e giudizi reali della crisi del capitale, così come nulla ha detto del ruolo attivo che il suo sindacato ha avuto nel collaborare con i governi e i padroni in questi anni e nel preparare il terreno alla scesa di renzi e all'attuale stadio dell'attacco frontale; così come ha ripetuto la solita prassi di arrivo allo sciopero generale che lo diluisce e lo finisce per rendere, può darsi partecipato, ma rituale e impotente e che finisce per domandare alla fine solo e più semplicemente un ritorno concertativo.
Nè è servito questo abbraccio Landini/Camusso, che annega le ragioni giuste, e condivise da molta parte della classe operaia e dei lavoratori, della critiche della Fiom alla Cgil, che pur non essendo la soluzione aprono una dialettica che coinvolge il mondo delle fabbriche – solo il “sindacato è un'altra cosa” è stato coerente nella manifestazione su questo.


Quindi, tocca a noi comunisti, al movimento classista, rivoluzionario e antagonista parlare e soprattutto agire perchè questa manifestazione sia realmente positiva e abbia una continuità nella lotta di classe e di massa e che incida realmente nel panorama politico attuale.

Questa posizione ha un grande “alleato”; ha forze che possono contribuire in termini di fronte al suo avanzamento; e ha invece posizioni deboli all'interno della manifestazione e nel movimento dei lavoratori, e posizioni stupide e dannose nel nostro campo.

Il grande “alleato” è il fascista Renzi, il suo agire come e oltre Berlusconi in termini di arroganza, sfida e insulto ai lavoratori e alle masse. Il raduno della 'Leopolda' ricorda il craxismo e supera il berlusconismo. Tutti i padroni si riconoscono in essa e usano le stesse parole, dall'industriale Squinzi al finanziere parassita in ascesa Serra, che pretendono in maniera spudorata di rappresentare il paese e di parlare di creatori di lavoro e di mettersi in mostra come rappresentanti del popolo e della classe dirigente; fascisti in camicia bianca, espressione del parassitismo e della fase di putrefazione dell'imperialismo, che dall'alto della 'Leopolda' non solo confermano di voler andare avanti come un carroarmato ma, a fronte di un popolo che manifesta e che annuncia uno sciopero generale, dichiarano come neanche il peggiore dei truci berlusconiani e dei fascisti in doppio petto aveva osato dichiarare: ”lo sciopero non è un diritto, è un costo”. Queste parole sono già più di qualsiasi provvedimento di stampo fascista che sullo sciopero potrà essere preso. E' chiaro che per costoro questo significa che tutto lo “Statuto dei Lavoratori” deve essere abolito e la stessa Costituzione. E' la dittatura nuda e cruda che vogliono, che annunciano senza aver ancora le forze per realizzarla.

Ma questa “dichiarazione” è un bene, questa loro sfida arriva al momento giusto per indignare, stimolare chi lentamente si sta risvegliando alla lotta e per dare all'avanguardia di classe e di massa la possibilità di “accendere i fuochi”, dentro un clima di consenso sociale e partecipato.
Tutto questo ha bisogno che la manifestazione di Roma vada avanti. E' nostro interesse, più delle promesse e intenzioni di Camusso e Landini del cui “sparare alto” non c'è da fidarsi.


Proletari comunisti è per il fronte unito di tutte le forze di classe per agire nell'attuale dimensione di massa del movimento sindacale, perchè serve l'azione organizzata che arrivi sui posti di lavoro, nelle piazze di tutto il paese e che parli a tutta la classe operaia e a tutto il movimento dei lavoratori.
Tutto questo deve avvenire per combattere idee e pratiche nel movimento sceso in piazza a Roma e nel 'nostro movimento' inteso in senso lato.

A Roma si sono viste anche cose sbagliate. Una parte dei manifestanti che ha trovato eco dal palco chiede che 'Renzi ci ascolti, ci prenda in considerazione', pretende così di aver chiuso la sua mobilitazione e dimostra che, al di là delle parole, le battute, le grida, ancora non comprende né di cosa né di chi sta parlando. Certo è gente che si è appena distaccata da Renzi, ma che è pronta a ricongiungersi, se il fascistello fiorentino usa diversamente il suo look.
Le dichiarazioni sulla natura salvifica dello sciopero generale richiama ad uno sciopero generale come tutti gli altri e come quelli degli ultimi anni, che non hanno prodotto alcun cambiamento politico in meglio né hanno permesso alle masse di ottenere nulla.
Il credito che comunque continua ad avere una presunta sinistra PD, fatta di personaggi da nulla, polli da laboratorio, è un contraltare perdente del ceto politico di 'mezze calzette' e camicie bianche che circonda Renzi e che ha preso il potere nel Pd; dietro questa speranza vi sono solo speranze elettorali che faranno la fine di quelle degli ultimi anni.
Quindi parlare al movimento di piazza di Roma non significa certo limitarsi a dire: forza, avanti, evviva, ma combattere idee e prassi con altre idee e altra prassi in corso d'opera.

A Roma si è visto nel movimento dei lavoratori, convinzione, identità, orgoglio di esserci e prendersi la scena dello scontro con il governo, ma ci vuole più rabbia e combattività. Si vogliono risposte concrete ai gravi problemi del lavoro, si vuole respingere e bloccare il jobs act e la cancellazione dell'art. 18, ma la coscienza dello scontro in atto e del necessario elevamento della pratica di lotta, è ancora insufficiente. Si può dire che ogni fabbrica, ogni posto di lavoro che era presente a Roma è a rischio di posti di lavoro, di stipendi, di futuro, ma ancora la mobilitazione, l'organizzazione di classe è inadeguata, l'aspetto maggioritario è più sul convincere le controparti che si è nel giusto che nello sviluppare la guerra di classe necessaria.

Per fare questo abbiamo bisogno di raccogliere le forze; e non aiutano la raccolta di forze le posizioni presenti nel movimento sindacale di base e antagonista e di alcune forze politiche che non comprendono la dialettica reale che può trasformare le nostre idee in realtà concreta.
Un esempio di questo è lo spocchioso e politichese primo commento di Contropiano alla manifestazione di Roma. E quando si dice Contropiano si dice USB che il giorno prima aveva promosso uno sciopero di buone intenzioni e di parziale riuscita, con qualche focolaio di reale di partecipazione (vedi trasporti), e con numeri che se si giocano come avanguardie di massa sono una forza importante, ma giocati come autoreferenzialità e con la logica 'noi siamo, tutto il resto è niente', sono energie sprecate.
L'editoriale di Contropiano santifica questo discorso e cancella le masse dalla manifestazione di Roma per parlare solo del teatrino della politica a sinistra. Questo è un approccio sbagliato e dannoso, ed è esattamente il contrario di quello che dobbiamo fare.

Per il resto abbiamo subito l'opportunità di svolgere il nostro ruolo, dove per 'nostro' intendiamo tutto il movimento. Il 14 novembre dobbiamo agire come l'avanguardia di classe e di massa dello sciopero generale e dell'opposizione politica e sociale reale.
E anche a noi tocca trasformare tutto questo non in avanguardismo, in coazione a ripetere ciò che già facciamo.
Il milione in piazza a Roma rappresenta milioni di persone che la pensano come chi manifestava il 25 e che sono dentro la stessa dinamica che la manifestazione di Roma ha mostrato.
Sono milioni che si trovano nelle fabbriche in lotta che praticamente diventano tutte le fabbriche a fronte della crisi, della continuità della recessione e dei processi di ristrutturazione; che stanno in tutti i posti di lavoro dove la devastante azione moderno fascista del governo investe in termini di attacco ai diritti.
Si tratta di milioni di ragazze, di donne, di studenti, di giovani che si sentono quotidianamente tirati in ballo da Renzi come se fossero la base del suo consenso, e il suo pubblico da trasformare in sua corte come quella ignobile della 'Leopolda', e che invece possono essere, insieme ai lavoratori, l'altro “becchino” di Renzi.
Tutti i diritti acquisiti vengono definiti “privilegi” da cancellare, tutte le garanzie di lavoro e di condizioni di lavoro vengono poste alla mercè dei piani del capitale, che vogliono dire i diktat dell'Europa, gli “stregoni della spesa pubblica”.
La sanità, le spese sociali di Regioni e Comuni, il diritto alla casa, la scuola e l'Università dove i diritti che vengono cancellati sono ben al di là di diritti sindacali, sono diritti fondamentali, i “diritti umani”: alla salute, allo studio, all'abitare, a far la spesa.

Tutta questa situazione esige la risposta di uno sciopero generale che sia una rivolta sociale. Perchè la rivolta sociale è la risposta reale alle aspirazioni del milione di Roma e dell'obiettivo per cui la parte più radicale del movimento di lotta può e deve lavorare, per far cadere Renzi e ogni governo dei padroni.

Nessun commento:

Posta un commento