Un milione in piazza, operai,
lavoratori, precari, pensionati, contro il governo Renzi, contro il
jobs act e l'articolo 18, contro in generale la politica sociale di
un governo che agisce in continuità, e va anche più in là, con i
governi degli ultimi anni scaricando la crisi sulle spalle dei
lavoratori e delle masse popolari.
Questa è una buona notizia nel
panorama politico attuale. Una prima manifestazione con reali
dimensioni di massa che è esplicitamente contro il governo.
Tutte le iniziative sindacali e
politiche che si erano poste su questo terreno nelle settimane
precedenti trovano nella grande dimensione di massa di questa
manifestazione una conferma.
Possiamo dire che
la qualità di questa manifestazione sta nella sua quantità.
Che la maggioranza Cgil, guidata dalla
Camusso, finora “partito del freno e della conciliazione” con il
governo Renzi al di là delle critiche, ora si sia dovuta schierare
contro di esso e abbia raccolto anche, sia pure in forme blande,
l'appello allo sciopero generale che veniva dalla piazza, è
obiettivamente utile per
l'intero movimento dei lavoratori.
Che questa manifestazione abbia
raccolto peraltro tanti che alle ultime elezioni hanno votato PD e,
quindi, che lo vogliano o no, avevano contribuito all'ascesa - o come
dice Renzi “alla scalata” - del Pd e del governo e che oggi
invece gli si dichiarino apertamente contro, è anch'esso un fenomeno
politico positivo.
Che la manifestazione sia stata
caratterizzata dal 'rosso' delle bandiere e dallo schieramento
esplicitamente a sinistra delle masse che vi hanno partecipato, anche
questo è un segnale chiaro in una fase in cui il panorama è
caratterizzato da una sorta di 'fronte unico' di governo, parlamento,
mass media contro ogni aspetto di sinistra, per così dire; anche
questo è un fatto politicamente significativo.
Tutto questo insieme di fattori
spiegano il livore, l'astio, l'apparente
iniziale indifferenza e tentativo di sminuire, ma il reale
spirito di contrapposizione che caratterizzano governo, padroni e i
loro strumenti, prima, durante e soprattutto dopo la manifestazione.
Questo milione di
persone non va regalato ai dirigenti della Cgil, al “giano
bifronte” Landini, e meno che mai alla sinistra rottamata interna
al Pd e reducista dell'ex sinistra parlamentare.
Camusso nel suo intervento si è
limitata a contrattaccare agli argomenti di Renzi sul jobs act e
precari e a rilanciare l'eterna piattaforma degli ultimi anni; è
mancata qualsiasi analisi e giudizi reali della crisi del capitale,
così come nulla ha detto del ruolo attivo che il suo sindacato ha
avuto nel collaborare con i governi e i padroni in questi anni e nel
preparare il terreno alla scesa di renzi e all'attuale stadio
dell'attacco frontale; così come ha ripetuto la solita prassi di
arrivo allo sciopero generale che lo diluisce e lo finisce per
rendere, può darsi partecipato, ma rituale e impotente e che finisce
per domandare alla fine solo e più semplicemente un ritorno
concertativo.
Nè è servito questo abbraccio
Landini/Camusso, che annega le ragioni giuste, e condivise da molta
parte della classe operaia e dei lavoratori, della critiche della
Fiom alla Cgil, che pur non essendo la soluzione aprono una
dialettica che coinvolge il mondo delle fabbriche – solo il
“sindacato è un'altra cosa” è stato coerente nella
manifestazione su questo.
Quindi, tocca a noi comunisti, al
movimento classista, rivoluzionario e antagonista parlare e
soprattutto agire perchè questa manifestazione sia realmente
positiva e abbia una continuità nella lotta di classe e di massa e
che incida realmente nel panorama politico attuale.
Questa posizione ha un grande
“alleato”; ha forze che possono contribuire in termini di fronte
al suo avanzamento; e ha invece posizioni deboli all'interno della
manifestazione e nel movimento dei lavoratori, e posizioni stupide e
dannose nel nostro campo.
Il grande “alleato” è il fascista
Renzi, il suo agire come e oltre Berlusconi in termini di arroganza,
sfida e insulto ai lavoratori e alle masse. Il raduno della
'Leopolda' ricorda il craxismo e supera il berlusconismo. Tutti i
padroni si riconoscono in essa e usano le stesse parole,
dall'industriale Squinzi al finanziere parassita in ascesa Serra, che
pretendono in maniera spudorata di rappresentare il paese e di
parlare di creatori di lavoro e di mettersi in mostra come
rappresentanti del popolo e della classe dirigente; fascisti in
camicia bianca, espressione del parassitismo e della fase di
putrefazione dell'imperialismo, che dall'alto della 'Leopolda' non
solo confermano di voler andare avanti come un carroarmato ma, a
fronte di un popolo che manifesta e che annuncia uno sciopero
generale, dichiarano come neanche il peggiore dei truci berlusconiani
e dei fascisti in doppio petto aveva osato dichiarare: ”lo sciopero
non è un diritto, è un costo”. Queste parole sono già più di
qualsiasi provvedimento di stampo fascista che sullo sciopero potrà
essere preso. E' chiaro che per costoro questo significa che tutto lo
“Statuto dei Lavoratori” deve essere abolito e la stessa
Costituzione. E' la dittatura nuda e cruda che vogliono, che
annunciano senza aver ancora le forze per realizzarla.
Ma questa “dichiarazione” è un
bene, questa loro sfida arriva al momento giusto per indignare,
stimolare chi lentamente si sta risvegliando alla lotta e per dare
all'avanguardia di classe e di massa la possibilità di “accendere
i fuochi”, dentro un clima di consenso sociale e partecipato.
Tutto questo ha bisogno che la
manifestazione di Roma vada avanti. E' nostro interesse, più delle
promesse e intenzioni di Camusso e Landini del cui
“sparare alto” non c'è da fidarsi.
Proletari comunisti è per il fronte
unito di tutte le forze di classe per agire nell'attuale dimensione
di massa del movimento sindacale, perchè serve l'azione organizzata
che arrivi sui posti di lavoro, nelle piazze di tutto il paese e che
parli a tutta la classe operaia e a tutto il movimento dei
lavoratori.
Tutto questo deve avvenire per
combattere idee e pratiche nel movimento sceso in piazza a Roma e nel
'nostro movimento' inteso in senso lato.
A Roma si sono viste anche cose
sbagliate. Una parte dei manifestanti che ha trovato eco dal palco
chiede che 'Renzi ci ascolti, ci prenda in considerazione', pretende
così di aver chiuso la sua mobilitazione e dimostra che, al di là
delle parole, le battute, le grida, ancora non comprende né di cosa
né di chi sta parlando. Certo è gente che si è appena distaccata
da Renzi, ma che è pronta a ricongiungersi, se il fascistello
fiorentino usa diversamente il suo look.
Le dichiarazioni sulla natura salvifica
dello sciopero generale richiama ad uno sciopero generale come tutti
gli altri e come quelli degli ultimi anni, che non hanno prodotto
alcun cambiamento politico in meglio né hanno permesso alle masse di
ottenere nulla.
Il credito che comunque continua ad
avere una presunta sinistra PD, fatta di personaggi da nulla, polli
da laboratorio, è un contraltare perdente del ceto politico di
'mezze calzette' e camicie bianche che circonda Renzi e che ha preso
il potere nel Pd; dietro questa speranza vi sono solo speranze
elettorali che faranno la fine di quelle degli ultimi anni.
Quindi parlare al
movimento di piazza di Roma non significa certo limitarsi a dire:
forza, avanti, evviva, ma combattere idee e prassi con altre idee e
altra prassi in corso d'opera.
A Roma si è visto
nel movimento dei lavoratori, convinzione, identità, orgoglio di
esserci e prendersi la scena dello scontro con il governo, ma ci
vuole più rabbia e combattività. Si vogliono risposte concrete ai
gravi problemi del lavoro, si vuole respingere e bloccare il jobs act
e la cancellazione dell'art. 18, ma la coscienza dello scontro in
atto e del necessario elevamento della pratica di lotta, è ancora
insufficiente. Si può dire che ogni fabbrica, ogni posto di lavoro
che era presente a Roma è a rischio di posti di lavoro, di stipendi,
di futuro, ma ancora la mobilitazione, l'organizzazione di classe è
inadeguata, l'aspetto maggioritario è più sul convincere le
controparti che si è nel giusto che nello sviluppare la guerra di
classe necessaria.
Per fare questo abbiamo bisogno di
raccogliere le forze; e non aiutano la raccolta di forze le posizioni
presenti nel movimento sindacale di base e antagonista e di alcune
forze politiche che non comprendono la dialettica reale che può
trasformare le nostre idee in realtà concreta.
Un esempio di questo è lo spocchioso e
politichese primo commento di Contropiano alla manifestazione di
Roma. E quando si dice Contropiano si dice USB che il giorno prima
aveva promosso uno sciopero di buone intenzioni e di parziale
riuscita, con qualche focolaio di reale di partecipazione (vedi
trasporti), e con numeri che se si giocano come avanguardie di massa
sono una forza importante, ma giocati come autoreferenzialità e con
la logica 'noi siamo, tutto il resto è niente', sono energie
sprecate.
L'editoriale di Contropiano santifica
questo discorso e cancella le masse dalla manifestazione di Roma per
parlare solo del teatrino della politica a sinistra. Questo è un
approccio sbagliato e dannoso, ed è esattamente il contrario di
quello che dobbiamo fare.
Per il resto abbiamo subito
l'opportunità di svolgere il nostro ruolo, dove per 'nostro'
intendiamo tutto il movimento. Il 14 novembre dobbiamo agire come
l'avanguardia di classe e di massa dello sciopero generale e
dell'opposizione politica e sociale reale.
E anche a noi tocca trasformare tutto
questo non in avanguardismo, in coazione a ripetere ciò che già
facciamo.
Il milione in piazza a Roma rappresenta
milioni di persone che la pensano come chi manifestava il 25 e che
sono dentro la stessa dinamica che la manifestazione di Roma ha
mostrato.
Sono milioni che si trovano nelle
fabbriche in lotta che praticamente diventano tutte le fabbriche a
fronte della crisi, della continuità della recessione e dei processi
di ristrutturazione; che stanno in tutti i posti di lavoro dove la
devastante azione moderno fascista del governo investe in termini di
attacco ai diritti.
Si tratta di milioni di ragazze, di
donne, di studenti, di giovani che si sentono quotidianamente tirati
in ballo da Renzi come se fossero la base del suo consenso, e il suo
pubblico da trasformare in sua corte come quella ignobile della
'Leopolda', e che invece possono essere, insieme ai lavoratori,
l'altro “becchino” di Renzi.
Tutti i diritti acquisiti vengono
definiti “privilegi” da cancellare, tutte le garanzie di lavoro e
di condizioni di lavoro vengono poste alla mercè dei piani del
capitale, che vogliono dire i diktat dell'Europa, gli “stregoni
della spesa pubblica”.
La sanità, le spese sociali di Regioni
e Comuni, il diritto alla casa, la scuola e l'Università dove i
diritti che vengono cancellati sono ben al di là di diritti
sindacali, sono diritti fondamentali, i “diritti umani”: alla
salute, allo studio, all'abitare, a far la spesa.
Tutta questa situazione esige la
risposta di uno sciopero generale che sia una rivolta sociale. Perchè
la rivolta sociale è la risposta reale alle aspirazioni del milione
di Roma e dell'obiettivo per cui la parte più radicale del movimento
di lotta può e deve lavorare, per far cadere Renzi e ogni governo
dei padroni.
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