Il processo Eternit arriva all’ultimo atto, all’udienza fissata per il 19 novembre alla Suprema Corte di Cassazione di Roma che potrà confermare o rigettare il verdetto dell’appello espresso lo scorso 3 giugno dal Tribunale di Torino. L’appello si era concluso con la condanna del padrone svizzero Stephan Schmidheiny a 18 anni di reclusione per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di misure di sicurezza.
In uno dei passaggi la Corte ha evidenziato che “la produzione del cemento amianto in Italia è proseguita per quasi un decennio in Italia dopo che fu resa nota la sua pericolosità ‘solo per effetto dell’opera di disinformazione consapevolmente promossa’ da Stephan Schmidheiny”.
Delle udienze la Rete è stata l’unica realtà che ha dato una puntuale informazione e che, per il giorno della sentenza, ha realizzato un opuscolo che mette a disposizione di tutti coloro che vogliono tenere alta l’attenzione su questa strage, per non perdere la memoria storica e la denuncia politica contro tutto questo sistema che mette il profitto al primo posto.
A questa sentenza guardano non solo gli operai superstiti, le loro famiglie e le popolazioni che hanno lavorato e vivono ancora nei territori delle fabbriche della morte ma anche le centinaia di migliaia di lavoratori in tutto il mondo che sono stati, o che ancora lo sono, esposti alle fibre d’amianto e da tutti coloro che si battono contro le morti sul lavoro e contro la nocività del Capitale.
Una sentenza importante anche quindi per il processo ai padroni della più grande fabbrica del nostro paese, l'Ilva di Taranto, con il suo elevato numero di dirigenti imputati e l'elevato numero di reati.
Così come per l'Ilva anche per l'Eternit determinante sarà la mobilitazione di operai e popolazione senza nessuna illusione rispetto ai Tribunali: l'unica giustizia è quella proletaria!
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