Amianto, “non
si fanno le bonifiche e aumenta
diffusione del mesotelioma”
In dieci anni oltre
3.200 casi di mesotelioma
pleurici
conclamati in Lombardia di cui il 65% dovuti ad una esposizione
professionale all’amianto
misurata su un arco temporale medio di 28 anni. Diventano 3.844 se si
considerano anche i casi cosiddetti ‘probabili’, cioè in attesa
di conferma (ma con alta probabilità di certezza) alla chiusura del
report. Quasi 1.100 quelli verificati tra gli operai meccanici. Tre
milioni di metri cubi, invece, è il numero che ci racconta quanto
ancora l’eternit
sia presente sul territorio regionale, dove ad oggi manca una vera e
propria mappatura dei
luoghi contaminati
e pochissimo si è fatto per la bonifica dei siti dismessi. Questi e
altri dati sono stati illustrati a Origgio, in provincia di Varese,
nell’ambito del convegno “Quale tutela per le vittime
dell’amianto?”, organizzato dall’Ona (Osservatorio Nazionale
Amianto).
“La diffusione del
mesotelioma in Lombardia – spiega il presidente nazionale dell’Ona
Onlus Ezio Bonanni, che tutela lavoratori e parenti delle vittime
dell’amianto – è in continuo aumento, più che nel resto
d’Italia. Mentre in quasi tutto il mondo civile i casi sono in
diminuzione, da noi aumentano, e ciò perché non
si fanno le bonifiche
e non sono state adottate le misure di sicurezza per evitare
l’esposizione ad esso. In Italia, inoltre, si è dismesso in
ritardo l’utilizzo di tale materiale in edilizia”.
La Lombardia secondo
il ReNaM (Registro Nazionale Mesoteliomi) si colloca al terzo posto
in Italia, con 1.205 casi, dopo le regioni Piemonte
(1.963) e Liguria
(1.246) per quanto riguarda le altre patologie correlate. Dal
convegno emerge che, stante il lungo periodo di incubazione della
malattia, il picco di mesoteliomi e patologie asbesto correlate è
previsto tra il 2015 e il 2025. Per questo i coordinamenti Ona di
Milano, Pavia e Cremona si stanno confrontando per fare sinergia e
affrontare l’emergenza alle viste.
Negli ultimi cinque
anni c’è stato un aumento del 7% di aziende registrate alla voce
smaltimento, coibentazione, incapsulamento eternit. “Non si tratta
di intraprendenza imprenditoriale – commenta ancora Bonanni -: è
piuttosto uno stato
di necessità”. Sembrano
piccole percentuali, ma in realtà nascondono una grande
emergenza:
il 2% si ammala perché i familiari sono stati a rischio amianto; il
3% per essere stato a contatto con il materiale per hobby (bricolage,
ad esempio). “Esposizione inconsapevoli”, vengono definite. E
destano allarme. L’esame
disaggregato dei dati proietta poi la Lombardia in cima alla
graduatoria delle morti anche da esposizione indiretta. I ‘soliti
sospetti’ sono l’edilizia
(esposizione pari al 22%, sette punti percentuali in più della
media nazionale), la metalmeccanica
(11%, più 6%), il tessile
(8%, più 2%).
L’Ona persegue
ancora una volta di più, grazie ad un convegno assai partecipato,
l’obiettivo della prevenzione primaria, della diagnosi
precoce
e della tutela gratuita risarcitoria, come strumenti indispensabili
per arrestare in Lombardia un “fenomeno epidemico che si aggrava
ogni giorno di più”. Altro triste primato lombardo, quello da
esposizione “improbabile o ignota”,
tipo il caso di un artigiano che non sapeva di avere l’amianto in
bottega e di esserne stato esposto per 40 anni, e di averlo scoperto
solo dopo essersi ammalato.
di
Simone Bacchetta | 30 ottobre 2014
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