giovedì 20 settembre 2018

pc 20 settembre - Su quanto successo nel carcere di Rebibbia: una riflessione/contributo - IL VERO RESPONSABILE DI QUESTE MORTI è IL SISTEMA CARCERARIO E QUESTO STATO!

Ieri 18 settembre 2018 le agenzie hanno battuto la notizia di questa tragedia:
«Tragedia all’interno della sezione “nido” del carcere romano di Rebibbia, dove sono ospitati bimbi fino a tre anni con le proprie madri. Poco dopo le 12 di ieri, una detenuta di 30 anni, di nazionalità tedesca, ha gettato i due figli dalle scale del carcere di Rebibbia. La più piccola è morta, aveva sei mesi, il bambino di 20 mesi è gravissimo e ricoverato all’ospedale Bambino Gesù. La donna era in carcere dallo scorso agosto per detenzione e spaccio di stupefacenti».
Siamo stati tutti e tutte colpiti da questo dramma. È impossibile restare indifferenti.
Le istituzioni stanno già preparando la loro risposta: “la donna aveva problemi psichici, la soluzione è nella psichiatria”. Le istituzioni se la cavano sempre con questa formula; chi non gioisce per quest’ordine economico-sociale oppure si ribella, va preso in carico dalla psichiatria. È un pazzo o una pazza. Vorrei vedere voi, saccenti moralisti, come reagireste stando in carcere con due creature, nel momento che provate a progettare o solo auspicare un futuro per loro. Io vi propongo una lettera che mi è giunta da una di queste mamme dopo aver appena partorito una bellissima bambina in carcere: 
(NE PUBBLICHIAMO STRALCI - ndr)
"...La bambina è nata il …. e l’ho chiamata S…. Ed è bella davvero. Alla fine di una lunga e complicata storia, son riuscita a tenerla con me. Ma domani, proprio domani, lascio questo carcere per andare in una comunità per mamme con bambini. Agli arresti. Ho dovuto accettare questa comunità altrimenti non avrei avuto, probabilmente, la mia bambina. Questo ha deciso il Tribunale dei minori. Dico così perché non ci vado con molta “gioia” visto che mi è stata vietata la corrispondenza, le telefonate e che ho un colloquio ogni 2 mesi e solo con mia madre che, tra l’altro, non ha i mezzi per venire. Questo è stato il prezzo (caro) per avere con me la
bimba. Quindi da un carcere ad un lager. Il passo è breve.
...Dopo tutta una gravidanza in infermeria mi son trovata in ospedale per 10 giorni (per via di un’emorragia alla milza sono restata così tanti giorni) sola, completamente sola in mezzo a donne che condividevano con compagni, amici e parenti il lieto evento. Avrei voluto un volto amico vicino a me in quei giorni, anche per 1 minuto mi sarebbe bastato. Mi son detta: “non piangere Danié”, non piangere, ed ho trattenuto il respiro come quando si va in apnea. Ecco, ho rinuziato a respirare di nuovo, anche se a fatica, una volta lontana da quell’ospedale che x me rappresenta  un surrogato del mondo fuori a cui io non appartenevo da troppo tempo.
Il nido. Mi son ritrovata qui. Il carcere con i bambini! Quanto male fa, credimi. Vedere così tante anime “pulite” in questo inferno.  Qui ho vissuto fino ad oggi, la bambina è la più piccola di tutti e già si è presa la bronchite (quindi tantissimi farmaci che sta prendendo x forza perché qui le madri non decidono niente per il bene dei loro figli) perché i bimbi stando chiusi se la passano a rotazione e stanno sempre male... Mi chiedo come si a possibile che questi bimbi siano qui li vedi correre su e giù per questi corridoio prima della chiusura e credimi che sanno, forse più di noi adulti “inquinati”, dove sono e cos’è questo posto. Vedi madri, x dio, che, come me, stanno con i loro figli qui da appena arrivati in ‘sto mondo, e che a breve compiranno 3 anni e verranno allontanati. Le vedi dagli occhi ‘ste  madri. E non ho mai visto così tanto dolore come nei loro occhi.  Qui tutti decidono, non solo per te, ma anche per loro al posto tuo. Ed è atroce sentirti dire come tenerlo, educarlo, incoraggiarlo o sgridarlo. Perché non è vero, o non è detto che lo sia a priori che se una persona ha commesso dei reati sia quindi una cattiva madre. Sognavo da sempre di dare vita alla mia vita, di sentirmi nascere dentro un’anima nuova. Di poter dare il meglio di me, di potermi riscaldare di questo calore nuovo, unico ma così naturale che è divenire madre che ora, seduta su questo letto che condivido con ‘sta piccola vita mia, mi guardo intorno e vedo solo sbarre, cemento. Sento il lezzo della prigionia. Mi chiedo se sia stato giusto. Se –perdio – mettere un’altra vita in ‘sto mondo che non mi piace e convince neanche un po’ sia stato uno sbaglio. 
Ma poi, lo sai che c’è, la guardo, afferro una sua manina, ascolto il suo cuore e mi scendono le lacrime per l’emozione e mi dico, a bassa voce, piano per non farmi sentire, che per una volta, una sola volta, non sono io ad aver sbagliato, che valeva la pena (perché anche per una sola vita vale sempre la pena) anche se nasce in galera, anche se si è soli in mezzo a tanti, anche se il cuore ti scoppia per il dolore non ho sbagliato io stavolta. Questa volta no!  Mia figlia è in galera, è nata in galera. E questo mondo, ‘sta società permette questo. È umiliante, credimi, è atroce vederli qui ‘sti bimbi, che poi verranno portati via dalle loro madri con cui vivono un rapporto ancor più intenso ed unico vista la situazione...

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