stralci da Ilaria Norma - contropiano - utili per il dibattito
Non saprei nemmeno come spiegarlo, perchè resti fino alle 3 a finire lo striscione, i cartelli e le bandiere e nel frattempo ti raccontano cosa è successo prima del corteo… i tentativi di chiamata unitaria, le assemblee fallite con le promanazioni del pd, gli attacchi
violenti e scorretti contro giovani ragazzi e ragazze che, per come conosco Grosseto, sono dei miracoli di caparbietà per il solo fatto che ancora si impegnano a fare politica in una città dove la “sinistra” ti è, ed è stata, più avversa della destra. Che mentre la Digos locale si sperticava in minacce e denunce, si occupava di attaccare frontalmente il gruppo degli organizzatori (collettivi autorganizzati, sindacati di base, organizzazioni come pap e il pcl, i sindacati di base), incapaci di cogliere l’importanza di un rinnovato attivismo politico giovanile chiaramente popolare, perchè la difesa del potentato viene prima di tutto, anche in una città dove hai perso il potere perchè fai schifo a chiunque.
E' volato di tutto, letture di articoli e commenti che mi avrebbero annichilito forse, non fossimo abituati, qui a Firenze, a gestire quotidianamente lo stato di avanzata putrefazione del pd del ceto politico sinistro, non avessi SENTITO la convinzione entusiasta dei grossetani. “L’antifascismo è di tutti, anche della destra liberale. Anche Forza Italia dovrebbe essere con noi in piazza”, “l’antifascismo non c’entra niente coi diritti sul lavoro e la democrazia sindacale”, “l’antifascismo deve restare unito, al di là dei lager in Libia…”. “l’antifascismo non è un concetto politico”. L’unità, l’unità sul niente per unire il nulla, a parte potere e pacchetti di voti: vuoti di contenuti, di autocritica, impossibilitati a rivendicare qualsiasi cosa a parte un vago e insignificante “senso di umanità” non declinato… meglio svuotare di senso, completamente, l’antifascismo pur di tenersi il pd in piazza. La rappresentazione plastica di un centro sinistra ridotto al nulla, anche nelle sue sfaccettature fintamente sinistre, un vuoto totale di idee riempito solo dal tentativo disperato di mantenersi l’egemonia politica in una città devastata e povera e spaventata e chiusa.
E poi le accuse di eterodirezione, di settarismo, le gare di numeri (citando il servizio d’ordine cgil per il presidio del centro sinistra, la questura per il corteo di movimento). Reazioni scomposte da parte dei dirigenti politici (ben inseriti nelle istituzioni piddine, alcuni ormai orfani di poltrone) dell’associazionismo solito, contro un gruppo di giovani compagni e compagne della provincia (alcuni perfino emigrati per obbligo, ma rientrati a costruire il corteo per vero senso di appartenenza alla propria città), che contro tutto e tutti hanno portato in piazza contro Casapound 500 persone. Minacce di non rifinanziamenti di festival antifascisti. I gregari del pd che levano gli scudi in difesa del ceto politico contro la spontanea mobilitazione giovanile. Una spaccatura che è sia politica che generazionale. Lo dicono i volti, in una maniera così netta che è suonata a schiaffo.
Tutto questo solo per aver osato dire che l’antifascismo non è un concetto vago, non è solo “la forza della ragione contro la forza della violenza”, perchè il fascismo non era solo violenza, era prima di tutto una politica visceralmente antipopolare in nome “dell’interesse nazionale”, ovverosia dei padroni. Tutto questo per aver osato dire che il Pd di Minniti e dell’austerity, del jobs act e delle privatizzazioni, non può permettersi ne avere la legittimità di stare in una piazza antifascista. Meno che mai a riproporre fronti antifascisti (leggi elezioni europee, che sempre li si casca. Solo di elezioni parlano) con i responsabili della situazione.
A nulla è valso ricordare che il PD ha governato e avrebbe potuto sciogliere Casapound: a nulla è valso ricordare che mentre tra febbraio e marzo ci prendevamo in tutta Italia manganellate sulla testa per limitare i danni di tutta l’agibilità politica concessa a Casapound, unici a fare antifascismo militante dove lo Stato tutela il fascismo, Minniti e Renzi e molti dirigenti locali del PD si posizionavano contro gli antifascisti. A nulla è valso ricordare che il sindaco fascista di Grosseto, che vuole intitolare una strada ad Almirante, una a Berlinguer e una alla “pacificazione nazionale” dica le stesse cose che diceva il buon Violante del Pd… “ehh, ma anche i repubblichini van capiti no? Lottavano per la propria idea pure loro…”
Il problema (per loro) è che poi la realtà mette tutto in fila e su quella non si discute: perchè poi le scelte politiche si valutano agli occhi dell’efficacia reale, dei rapporti di forza creati, degli spazi di agibilità creati e non degli equilibrismi politicisti. La cosa buona è che ho avuto un insegnamento chiarissimo da questa vicenda: che le piazze ammucchiata, dell’antirazzismo etico (quello paternalista e macchiettistico, che di fronte alle Black Panter inorridirebbe, perchè un migrante emancipato e in lotta non corrisponde al modello del “ne**o da giardino che vorrebbero) sono state il palco per il rilancio del centro sinistra. Anzi peggio, del grande fronte antipopulista che va da Macron fino a Leu. L’unione dei mandanti reali dell’omicidio della sinistra in questo paese.
Al contrario le piazze che l’antifascismo non lo vivono come un mondo scollato, come un concetto asettico da sala chirurgica, ma lo declinano nell’analisi storica e nelle responsabilità politiche, aprono spazi, praterie di lavoro, nei quartieri e dal basso, autorganizzati e autofinanziati, raccogliendo chi non vuole più avere nulla a che fare con chi ha deciso di spacciare il liberismo più estremo per “sinistra”. Sono quelle piazze dove la voglia di agire e reagire travalica ogni ipocrisia e si fa azione vera.
Per due giorni così, sui giornali locali, si è parlato della battaglia politica con il centro sinistra, Casapound ne è finita oscurata. Esiliata in un residence fuori città, sola, sconosciuta, strozzata. E sui giornali la sinistra a Grosseto è tornata prepotente sotto gli occhi di tutti: quella dei saldi contenuti di classe e quella del vuoto cosmico da pallottoliere elettorale.
C’è Milano e c’è Grosseto e io, da buona maremmana, sto sempre coi cinghiali.
Maremma Antifa è patrimonio di tutti e tutte noi. Costruiamo il fronte antifascista militante, mutualistico e di classe.
violenti e scorretti contro giovani ragazzi e ragazze che, per come conosco Grosseto, sono dei miracoli di caparbietà per il solo fatto che ancora si impegnano a fare politica in una città dove la “sinistra” ti è, ed è stata, più avversa della destra. Che mentre la Digos locale si sperticava in minacce e denunce, si occupava di attaccare frontalmente il gruppo degli organizzatori (collettivi autorganizzati, sindacati di base, organizzazioni come pap e il pcl, i sindacati di base), incapaci di cogliere l’importanza di un rinnovato attivismo politico giovanile chiaramente popolare, perchè la difesa del potentato viene prima di tutto, anche in una città dove hai perso il potere perchè fai schifo a chiunque.
E' volato di tutto, letture di articoli e commenti che mi avrebbero annichilito forse, non fossimo abituati, qui a Firenze, a gestire quotidianamente lo stato di avanzata putrefazione del pd del ceto politico sinistro, non avessi SENTITO la convinzione entusiasta dei grossetani. “L’antifascismo è di tutti, anche della destra liberale. Anche Forza Italia dovrebbe essere con noi in piazza”, “l’antifascismo non c’entra niente coi diritti sul lavoro e la democrazia sindacale”, “l’antifascismo deve restare unito, al di là dei lager in Libia…”. “l’antifascismo non è un concetto politico”. L’unità, l’unità sul niente per unire il nulla, a parte potere e pacchetti di voti: vuoti di contenuti, di autocritica, impossibilitati a rivendicare qualsiasi cosa a parte un vago e insignificante “senso di umanità” non declinato… meglio svuotare di senso, completamente, l’antifascismo pur di tenersi il pd in piazza. La rappresentazione plastica di un centro sinistra ridotto al nulla, anche nelle sue sfaccettature fintamente sinistre, un vuoto totale di idee riempito solo dal tentativo disperato di mantenersi l’egemonia politica in una città devastata e povera e spaventata e chiusa.
E poi le accuse di eterodirezione, di settarismo, le gare di numeri (citando il servizio d’ordine cgil per il presidio del centro sinistra, la questura per il corteo di movimento). Reazioni scomposte da parte dei dirigenti politici (ben inseriti nelle istituzioni piddine, alcuni ormai orfani di poltrone) dell’associazionismo solito, contro un gruppo di giovani compagni e compagne della provincia (alcuni perfino emigrati per obbligo, ma rientrati a costruire il corteo per vero senso di appartenenza alla propria città), che contro tutto e tutti hanno portato in piazza contro Casapound 500 persone. Minacce di non rifinanziamenti di festival antifascisti. I gregari del pd che levano gli scudi in difesa del ceto politico contro la spontanea mobilitazione giovanile. Una spaccatura che è sia politica che generazionale. Lo dicono i volti, in una maniera così netta che è suonata a schiaffo.
Tutto questo solo per aver osato dire che l’antifascismo non è un concetto vago, non è solo “la forza della ragione contro la forza della violenza”, perchè il fascismo non era solo violenza, era prima di tutto una politica visceralmente antipopolare in nome “dell’interesse nazionale”, ovverosia dei padroni. Tutto questo per aver osato dire che il Pd di Minniti e dell’austerity, del jobs act e delle privatizzazioni, non può permettersi ne avere la legittimità di stare in una piazza antifascista. Meno che mai a riproporre fronti antifascisti (leggi elezioni europee, che sempre li si casca. Solo di elezioni parlano) con i responsabili della situazione.
A nulla è valso ricordare che il PD ha governato e avrebbe potuto sciogliere Casapound: a nulla è valso ricordare che mentre tra febbraio e marzo ci prendevamo in tutta Italia manganellate sulla testa per limitare i danni di tutta l’agibilità politica concessa a Casapound, unici a fare antifascismo militante dove lo Stato tutela il fascismo, Minniti e Renzi e molti dirigenti locali del PD si posizionavano contro gli antifascisti. A nulla è valso ricordare che il sindaco fascista di Grosseto, che vuole intitolare una strada ad Almirante, una a Berlinguer e una alla “pacificazione nazionale” dica le stesse cose che diceva il buon Violante del Pd… “ehh, ma anche i repubblichini van capiti no? Lottavano per la propria idea pure loro…”
Il problema (per loro) è che poi la realtà mette tutto in fila e su quella non si discute: perchè poi le scelte politiche si valutano agli occhi dell’efficacia reale, dei rapporti di forza creati, degli spazi di agibilità creati e non degli equilibrismi politicisti. La cosa buona è che ho avuto un insegnamento chiarissimo da questa vicenda: che le piazze ammucchiata, dell’antirazzismo etico (quello paternalista e macchiettistico, che di fronte alle Black Panter inorridirebbe, perchè un migrante emancipato e in lotta non corrisponde al modello del “ne**o da giardino che vorrebbero) sono state il palco per il rilancio del centro sinistra. Anzi peggio, del grande fronte antipopulista che va da Macron fino a Leu. L’unione dei mandanti reali dell’omicidio della sinistra in questo paese.
Al contrario le piazze che l’antifascismo non lo vivono come un mondo scollato, come un concetto asettico da sala chirurgica, ma lo declinano nell’analisi storica e nelle responsabilità politiche, aprono spazi, praterie di lavoro, nei quartieri e dal basso, autorganizzati e autofinanziati, raccogliendo chi non vuole più avere nulla a che fare con chi ha deciso di spacciare il liberismo più estremo per “sinistra”. Sono quelle piazze dove la voglia di agire e reagire travalica ogni ipocrisia e si fa azione vera.
Per due giorni così, sui giornali locali, si è parlato della battaglia politica con il centro sinistra, Casapound ne è finita oscurata. Esiliata in un residence fuori città, sola, sconosciuta, strozzata. E sui giornali la sinistra a Grosseto è tornata prepotente sotto gli occhi di tutti: quella dei saldi contenuti di classe e quella del vuoto cosmico da pallottoliere elettorale.
C’è Milano e c’è Grosseto e io, da buona maremmana, sto sempre coi cinghiali.
Maremma Antifa è patrimonio di tutti e tutte noi. Costruiamo il fronte antifascista militante, mutualistico e di classe.
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