La
vittima aveva denunciato più volte il suo assassino
di
CARLO D'ELIA
Pubblicato
il 17 settembre 2018 ore 07:00
San
Giuliano Milanese (Milano), 17 settembre 2018 - Prima di
aver pagato con la vita la sua violenza, lei lo aveva denunciato
tre volte per aggressione,
diffamazione e poi per stalking. Lui l’aveva più volte minacciata,
rendendole l’esistenza un inferno. Un dramma dal quale
Antonia Bianco, italoargentina di 43 anni, mamma, aveva con tutte le
forze cercato di sfuggire. A veva più volte segnalato alle
forze dell’ordine degli atteggiamenti del suo ex
compagno, Carmine Buono,
idraulico 60enne, che alla fine l’ha uccisa per strada, a San
Giuliano Milanese il 13 febbraio 2012, con un colpo di spillo
al cuore.
Le richieste di Antonia non sarebbero mai state ascoltate dalle forze
dell’ordine. Almeno, di questo è convinta la sorella della
vittima, Assunta Bianco, che
da sei anni continua a combattere per rendere giustizia ad Antonia. Dentro e fuori le aule dei tribunali. Dopo la battaglia giudiziaria, che a dicembre scorso si è conclusa con la decisione della Cassazione, che ha reso definitiva la condanna all’ergastolo per Carmine Buono con l’accusa di omicidio volontario e stalking, ora inizia un nuovo capitolo per l’impegno della famiglia di San Giuliano. I parenti di Antonia, assistiti dall’avvocato Domenico Musicco, sono pronti a fare causa allo Stato italiano. «Dentro la disgrazia abbiamo avuto fortuna perché in tutti e tre i gradi di giudizio chi ha ucciso mia sorella ha avuto l’ergastolo - spiega la sorella di Antonia, Assunta Bianco –. Un punto importante, che ci dà ancora più forza per fare causa allo Stato italiano.
Quella accaduta nel 2012 era sicuramente una tragedia che si poteva
evitare. Antonia aveva denunciato più volte il peso del suo disagio,
delle sue paure e delle minacce che le arrivavano. Ma le
autorità competenti non avevano voluto indagare». Non è destinata
ancora a concludersi dunque una vicenda
giudiziaria controversa e
ricca di colpi di scena.
Carmine Buono
infatti era tornato in libertà nel 2015. Nonostante le condanne in
primo e secondo grado all’ergastolo, l’assassino di Antonia era
finito fuori per decorrenza dei termini di custodia, in seguito
all’annullamento della sentenza da parte della Cassazione del
novembre 2015. Buono era così tornato a trascorrere una vita
normale, almeno fino a luglio 2017, quando era stato costretto ad
allontanarsi dall’abitazione dove viveva per aver picchiato la
compagna con cui conviveva, sempre a San Giuliano Milanese. La
parola fine era arrivata dalla Suprema corte solo a dicembre scorso.
«Attraverso il dramma che ha stravolto la mia famiglia ho imparato
molto - dice Assunta -. Voglio lanciare un appello alle donne:
denunciate i vostri carnefici, non siete sole. Non dovete avere paura
e fidarvi della giustizia. Chiedo al Governo di rimettere in agenda
un tema così importante in difesa di tutte le donne vittime di
violenza».da sei anni continua a combattere per rendere giustizia ad Antonia. Dentro e fuori le aule dei tribunali. Dopo la battaglia giudiziaria, che a dicembre scorso si è conclusa con la decisione della Cassazione, che ha reso definitiva la condanna all’ergastolo per Carmine Buono con l’accusa di omicidio volontario e stalking, ora inizia un nuovo capitolo per l’impegno della famiglia di San Giuliano. I parenti di Antonia, assistiti dall’avvocato Domenico Musicco, sono pronti a fare causa allo Stato italiano. «Dentro la disgrazia abbiamo avuto fortuna perché in tutti e tre i gradi di giudizio chi ha ucciso mia sorella ha avuto l’ergastolo - spiega la sorella di Antonia, Assunta Bianco –. Un punto importante, che ci dà ancora più forza per fare causa allo Stato italiano.
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