Pescatori tunisini: arrestati
per troppa solidarietà,
Chamseddine Bourassine viene processato al
Tribunale del Riesame di Palermo. Motivo? Il pescatore tunisino di Zarzis era
stato arrestato con cinque membri dell’equipaggio lo scorso 30 agosto per aver
traghettato in acque territoriali italiane una barca con a bordo dei migranti.
Un bell’atto di solidarietà, secondo alcuni. Favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina, secondo l’accusa.
Manifestazioni in difesa dei pescatori tunisini
arrestati
Il caso ha mobilitato le associazioni umanitarie che operano
sulle due sponde del Mediterraneo. Tanto che proprio oggi davanti al tribunale
di Palermo, alle 10, e a Catania, in via Etnea alle 17, si tengono dei presidi
organizzati dal Coordinamento antirazzista siciliano per chiedere la liberazione
immediata dei sei pescatori, attualmente detenuti ad Agrigento.
Contemporaneamente, a Zarzis, in Tunisia, è stato messo in
piedi un sit-in permanente e due giorni fa
l’associazione Terre pour tous ha organizzato una manifestazione davanti all’ambasciata italiana a Tunisi con le stesse motivazioni.
l’associazione Terre pour tous ha organizzato una manifestazione davanti all’ambasciata italiana a Tunisi con le stesse motivazioni.
“Giusti del Mediterraneo”: la solidarietà verso i
imigranti
Bourassine, infatti, è considerato un eroe in patria per aver
già salvato decine di vite nel tratto di mare fra la Tunisia, la Libia e
l’Italia. Presidente dell’associazione “Le Pêcheur pour le Développement et
l’Environnement” (Il Pescatore per lo sviluppo e l’ambiente) di Zarzis, non solo
da anni riporta a riva i naufraghi che incontra quando esce per la pesca, ma
organizza anche incontri per informare i ragazzi dei rischi della traversata sui
barconi, tanto da aver ricevuto da Medici senza frontiere formazione e
attrezzatura di base per il primo soccorso.
Per il loro impegno nel salvare vite nel Mediterraneo,
Bourassine e gli altri “pescatori d’umanità” di Zarzis sono stati nominati
insieme ad altre 66 associazioni come “giusti del Mediterraneo” per il Premio
Nobel per la Pace 2018.
Reati di solidarietà: l’accusa verso i
pescatori tunisini
Queste credenziali non hanno contato al momento dell’arresto,
quando Bourassine – insieme a Lofti Lahiba, Farhat Tarhouni, Salem Blhiba,
Bechir Edhiba e Ammar Zemzi – è stato accusato di favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina a fine di lucro. Imputazione aggravata dai video
di Frontex, che documenterebbero il traino da parte del peschereccio di un
barcone con a bordo 14 tunisini, tra cui quattro minori. Per il loro gesto, i
pescatori rischiano fino a 15 anni di carcere.
La versione di Bourassine, confermata dai migranti salvati e
subito rimpatriati, è un’altra: il peschereccio avrebbe incontrato una barca in
difficoltà e, dopo aver inutilmente tentato di contattare la Guardia Costiera
italiana, avrebbe deciso di intervenire aiutando l’imbarcazione ad avvicinarsi a
Lampedusa per agevolare i soccorsi ed evitare una tragedia.
In difesa di Chamseddine e degli altri pescatori
arrestati
«Siamo stati i primi a sapere dell’arresto», dice Gianfranco
Crua, attivista di Carovane Migranti, collettivo che si batte per la libera
circolazione delle persone. «Abbiamo conosciuto Chamseddine a maggio durante la
nostra ultima Carovana e siamo molto preoccupati. Senza il suo intervento i 14
migranti sarebbero morti ma non è facile da dimostrare, soprattutto in questo
clima politico: sappiamo che dopo il caso della Diciotti in Italia i reati di
solidarietà vengono perseguiti con determinazione».
Una situazione assurda per chi è colpevole soltanto di aver
aiutato persone in difficoltà, come peraltro prevede la Convenzione
internazionale d’Amburgo del 1979 sulla ricerca e i salvataggi in mare, adottata
anche dal nostro Paese.
Carovane Migranti è fra i firmatari della petizione per una
mobilitazione internazionale in solidarietà con Bourassine e i suoi compagni,
diffusa dal Ftdes, il Forum tunisino per i diritti economici e sociali, in cui
si chiede all’Europa di smettere di criminalizzare i salvataggi in
mare.
Dello stesso avviso è Imed Soltani, presidente
dell’associazione La terre pour tous, che si batte per raggiungere la verità su
504 ragazzi tunisini scomparsi nel 2011 durante un “viaggio della speranza” e
che si schiera a fianco dei pescatori di Zarzis:
«Abbiamo organizzato delle manifestazioni per Chamseddine e
il suo equipaggio, in totale accordo con le autorità tunisine. Il governo
italiano deve liberarli immediatamente, altrimenti tutti i proclami sui diritti
umani, sbandierati continuamente dall’Unione europea, non saranno altro che
chiacchiere».
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