martedì 18 settembre 2018

pc 18 settembre - Nepal - Riprendendo le armi - prima parte

Riprendendo le armi
Intervista di Rumela Sen a Mohan Baidya (compagmo Kiran, PCN (MR)

I maoisti hanno governato il Nepal per quasi 10 anni, dopo aver contribuito a porre fine a secoli di monarchia. Ma gli irriducibili, delusi dai loro risultati, vogliono tornare alla lotta armata.

Nel 2006, dopo dieci anni di lotta armata, i maoisti nepalesi siglarono un accordo di pace con il governo, accettando la democrazia paramemtare. Diciotto mesi dopo, il popolo nepalese li premiò nelle urne, attribuendo ai maoisti il 30% dei voti (maggioranza relativa, ndt) nelle elezioni dell'assemblea costituente. Eccetto la Cina, dove Mao Zedong prese il potere dopo la rivoluzione del 1949, il Nepal è l'unico paese in cui i maoisti (insieme ad altri partiti di sinistra) abbiamo guidato il governo nazionale. I cambiamenti del 2006-8 videro il partito anche svolgere un ruolo chiave nella trasformazione del Nepal da monarchia in repubblica federale.

Eppure il movimento maoista del Nepal oggi è diviso. Nel luglio del 2018, dodici anni dopo lo storico accordo di pace, ho intervistato alcuni dei suoi massimi dirigenti, che ora si sono divisi in due
grandi schieramenti. Quello dei maoisti istituzionali, guidato da Prachanda, che si è unito con altri partiti della sinistra parlamentare e ha ripudiati la via della lotta armata. La fazione dissidente scissionista, guidata da Mohan Baidya "Kiran", che ha denunciato i compromessi "controrivoluzionari" della fazione governativa e ha lanciato la parola d’ordine di una rinnovata guerra popolare.

Ho incontrato Mohan Baidya, meglio conosciuto col nome di battaglia, Kiran, e sua moglie, comapagna Sushmaji. Volevo capire perché Kiran, un ex membro dell’Ufficio Politico del partito maoista e il più noto e ideologo radicale del paese, abbia denunciato il processo di pace e la transizione dei maoisti alla via democratica, preferendo un ritorno ai vecchi metodi della lotta armata.

Ma prima, un pò di storia dei maoisti in Nepal

Il Partito Comunista del Nepal (PCN) fu formato nel 1949. Anche nei suoi primi anni di vita giocò un ruolo importante nel rovesciamento dei regime dei Rana, che governava il Nepal dal colpo di stato del 1846 contro la dinastia Shah. Nel 1951, fu restaurato il potere degli Shah e l'anno dopo il CPN fu messo al bando.

Negli anni '60, in seguito alla rottura tra l'Unione Sovietica e la Cina di Mao, il CPN si scisse in molti piccoli gruppi. La fazione riformista, che controllava il comitato centrale del CPN, sostenne il re nel il colpo di stato con cui assunse il potere assoluto. Contro questo inaccettabile compromesso, i dissidenti lasciarono il partito , ma poi si divisero a loro volta in diverse frazioni. Negli anni '70, i diversi tentativi di unire questa sinistra rivoluzionaria fallirono.
In questo periodo, il sistema politico prevalente in Nepal era una democrazia "guidata", senza partiti (il cosiddetto sistema Panchayat), dove il popolo poteva eleggere i propri rappresentanti, ma il potere reale restava nelle mani del monarca. Nel 1979, un movimento di proteste studentesche costrinse il re a tenere un referendum a suffragio universale sul quesito se sostituire la democrazia “guidata” con un sistema multipartitico. Ma prevalse lo status quo e quel di democratizzare il Nepal furono temporaneamente vanificati.
Nel corso di questi sconvolgimenti politici, le fazioni della sinistra radicale in Nepal erano rappresentate principalmente dalla CPN (Masal), guidato da Mohan Bikram Singh (MBS). Nei primi anni '80, Kiran guidò la rivolta contro la direzione di MBS e se ne separo per fondare CPN (Mashal), con una h.
Quest'ultima fazione assumeva come sua ideologia di partito il marxismo-leninismo-maoismo. In linea con questa posizione ideologica, chiamava alla lotta armata allo scopo obiettivo di innescare una rivolta popolare di massa contro il re e il regime della "democrazia guidata".
In questo tentativo di lotta armata, il CPN (Mashal) attaccò alcuni posti di polizia nella capitale e deturpato una statua del re. Queste azioni, però, non riuscirono a scatenare l'immaginario popolare ed esposero prematuramente l'organizzazione clandestina del partito, portando all'arresto di diversi attivisti. A fronte delle dure critiche interne, Kiran si dimise da Segretario Generale. Fu sostituito da Pushpa Kumar Dahal, giovane carismatico membro del Comitato Centrale, poi conosciuto come "Biswas" (che significa "fiducia") e infine proclamato "Prachanda" (il feroce). Si dice che fosse proprio Kiran il “grande elettore” che scelse il giovane Prachanda e gli fece da mentore per farne il capo dei maoisti nepalesi.
Quando alcune fazioni della sinistra radicale si unirono per formare il PCN (Centro d’Unità), Kiran e Prachanda vi presero parte. Nel 1996, però, la fazione guidata da questa coppia lasciò il PCN (CU) e formò il PCN (Maoista). Poco dopo i maoisti lanciarono la guerra popolare che sarebbe durata 10 anni, rivendicando in primo luogo l'abolizione della monarchia.
Nel giugno del 2001, la monarchia in Nepal ha subì un duro colpo, in seguito a una misteriosa sparatoria che sterminò l'intera famiglia reale. Nel procedere degli scontri tra i maoisti e lo Stato, nel 2002 il nuovo re dichiarò lo stato di emergenza, destituì l'intero governo e sospese le elezioni a tempo indeterminato. Sotto lo stato di emergenza, nel 2004-5, il re si scontrò sia con i partiti parlamentari che con i ribelli maoisti, mentre crescevamo le preoccupazioni internazionali circa un’imminente crisi umanitaria.
I partiti politici formarono un fronte di opposizione, chiedendo al re di cedere il potere e restaurare il parlamento. Dopo 10 anni di guerra, nel maggio 2006 i maoisti si dichiararono pronti a colloqui di pace, a condizione che il governo accettasse di istituire un'assemblea costituente incaricata di scrivere una nuova costituzione e di includere anche i maoisti in un governo di unità nazionale.
Le elezioni all'Assemblea costituente furono posticipate e infine si tennero il 10 aprile 2008. I maoisti si imposero come primo partito, con il 30% dei voti. Poco dopo, il 28 maggio 2008, l'Assemblea costituente dichiarò il Nepal una repubblica democratica federale abolendo di fatto la monarchia - una significativa vittoria per i maoisti.
Malgrado questo successo, nel giugno 2012 il partito si è scisso, abbandonato da Kiran e diversi altri vecchi dirigenti che formarono il Partito Comunista Nepal - maoista. Kiran, che durante processo rimase detenuto in una prigione indiana, era critico su molte decisioni prese da Prachanda e dal Baburam Bhattarai, i massimi dirigenti che rappresentarono i maoisti nel negoziato.
Nell'intervista, Kiran ribadisce che l’errore più grave commesso dai capi dei maoisti istituzionali, Prachanda e Bhattarai, fu quello di accettare di sciogliere l'Esercito Popolare di Liberazione (EPL) che aveva combattuto la guerra popolare, senza consolidarne conquiste ottenute e assicurare che tutte le loro richieste fossero accolte nella costituzione. Kiran elabora la sua valutazione del carattere dello Stato nepalese, afferma che la rivoluzione è incompleta, e delinea un piano per la ripresa della lotta armata.

RS
Qual è la vostra valutazione della situazione attuale in Nepal?

MB
Il Nepal è un paese semi-feudale e semi-coloniale. In Nepal occorre completare la rivoluzione di nuova democrazia per raggiungere il socialismo e comunismo. Questo era il nostro obiettivo quando iniziammo la guerra popolare di liberazione. Non abbiamo ancora raggiunto quanto avevamo deciso di ottenere. L'attuale condizione in Nepal continua ad essere semi-feudale, semi-coloniale, o si può anche chiamarla "neocoloniale".
A differenza dell'India, il Nepal non è mai stato direttamente parte dell'Impero Britannico. Tecnicamente, non era "colonia" di nessuna potenza straniera. Ma ciò non significa che il Nepal sia stato immune dallo sfruttamento prolungato da parte di potenze imperialiste straniere. Nel corso del tempo, la natura dell'oppressione, delle potenze estere e delle classi feudali nepalesi, si è senza dubbio evoluta. Tuttavia, attraverso questi cambiamenti superficiali, la sottomissione del popolo nepalese, sia alle potenze coloniali che alle classi feudali, è proseguita ininterrotta fino ad oggi.
Ad esempio, nel lontano 1816 il Nepal firmò il trattato di Sugauli Nepal con la Compagnia britannica delle Indie Orientali. Il Nepal dovette concedere parte del suo territorio agli inglesi e persino consentire all'esercito britannico di reclutare i Gurkha per il servizio militare. Che cosa ne ha ricavato fuori il Nepal? In sostanza niente. Quello fu evidente sfruttamento coloniale.
Ancora, nei diversi trattati firmati tra Nepal l'India a partire dagli anni '50, si può vedere come lo stato indiano abbia stabilito il suo controllo egemonico sulle risorse naturali del Nepal. Parlo delle classi dominanti in India, non ho nulla contro il popolo dell'India, anch’esso sfruttato dai loro padroni politici. Ma questa è tutto altro discorso.
La risorsa naturale più significativa del Nepal sono le sue acque. Ma il Nepal ha firmato trattati che hanno permesso allo stato indiano di controllare le nostre risorse naturali, il che significa che letteralmente controlla la nostra energia idroelettrica. Ma la gente comune in Nepal difficilmente lo comprende. È accuratamente nascosto. Questo è lo sfruttamento neocoloniale del Nepal.
Il Nepal è un paese senza sbocco sul mare. Le vitali vie di transito del commercio passano attraverso l'India. Recentemente con la Cina è stato firmato un trattato su questa materia, ma non è ancora stato applicato. Dunque, l'India controlla unilateralmente il commercio del Nepal e in cambio non fa alcuna concessione sui servizi di trasporto. Inoltre, il deficit commerciale del Nepal verso l’India è di circa 70 miliardi di dollari. Per ridurre il deficit commerciale avremmo bisogno di industrie orientate all'esportazione. Tuttavia, la produzione nazionale di beni di esportazione è scarsa, mentre le importazioni sono molto alte. Il governo non fa nulla per rimediare, ad esempio con sussidi o prestiti di avviamento per agricoltori o fabbriche, per aumentare la produzione interna. Nelle regioni collinose del Nepal, terre fertili coltivabile restano inutilizzate. Né lo stato fornisce ai nostri giovani alcun aiuto o incentivo a coltivare queste terre. Per guadagnarsi da vivere sono costretti a emigrare all’estero, in Malesia o nel Golfo Persico o nella stessa India,. Non è data nessuna opportunità di sfruttare il ricco capitale umano e le risorse naturali del Nepal. Questo è ciò che chiamo sfruttamento neocoloniale.
Le classi dominanti del Nepal sono quelle deii capitalisti compradori [quelli, cioè, in una rapporto di dipendenza, "comprata", con capitale straniero] che non fanno altro che assecondare lo Stato indiano, per rimanere al potere. In Nepal lo Stato indiano controlla tutto, perfino le nomine nella burocrazia, e ne viola l’integrità territoriale. Lungo il confine tra Nepal e India Ci sono più di sessanta posti di frontiera in cui sono i paletti di delimitazione dei confini. L'India ha invaso il territorio nepalese, ad esempio nel passo di Lipulekh, nel distretto di Darchula, nel Nepal occidentale. Nel 2015, la Cina e l'India hanno concordato bilateralmente di istituire le loro sedi commerciale, ignorando completamente l'interesse del Nepal. Il nostro partito ha protestato, ma le élite al potere non si sono opposte in nessun modo, anzi si inginocchiate allo Stato indiano. È così che funziona il neocolonialismo. (continua)

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