giovedì 20 settembre 2018

pc 20 settembre - Perché la pace fiscale è un condono fatto e finito (nonostante quel che dice l'ingannapopolo Luigi Di Maio).

A beneficio dei grandi evasori fiscali che formano il blocco sociale dell'alleanza fascio-populista

linkiesta

«Non voteremo mai un condono», sbotta il capo politico dei Cinque Stelle. Peccato che la pace fiscale lo è. E che non aiuta solo i poveracci usciti con le ossa rotte dalla crisi, ma anche evasori ben più ricchi di loro. Il cambiamento? È solo nel nome
di Francesco Cancellato

Filippo MONTEFORTE / AFP
18 Settembre 2018

«Il Movimento Cinque Stelle non è disponibile a votare alcun condono». Così parlò Luigi Di Maio, e se lo dice lui, a quanto pare bisogna crederci, che pace fiscale non sia l’ennesima trovata semantica per imbellettare pratiche impopolari, un po’ come le missioni di pace che sganciano bombe, o le flat tax con tre aliquote. E del resto, non bastasse il vicepremier-capo politico, lo dice anche il contratto del governo del cambiamento: «Esclusa ogni finalità condonistica (…) - si legge -, è opportuno instaurare una “pace fiscale” con i contribuenti per rimuovere lo squilibrio economico delle obbligazioni assunte e favorire l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica».
Capite insomma che si rischia di passare per meschini se si questiona di semantica di fronte allo
squilibrio economico, a situazioni eccezionali e involontarie, se si fa la guerra a un provvedimento che porta la pace. Toccherà fare gli stronzi, però. Perché, dice la Treccani, il condono fiscale è un “Provvedimento legislativo che prevede un’amnistia fiscale e ha lo scopo di agevolare i contribuenti che vogliano risolvere pendenze in materia tributaria”. E con tutta la buona volontà non riusciamo a capire in cosa si differenzi da un provvedimento, sono parole di Di Maio, in cui «una persona si siede con l’Agenzia delle entrate, si dicono che questo è quello da pagare, questo è quello con cui ci accordiamo, e d’ora in poi pace, amici come prima». Si risolvono pendenze tributarie. C’è un’amnistia. È un condono.
Alt, direte voi. Perché Di Maio e Salvini applicano la loro pace fiscale solo (sempre Di Maio) ai «piccoli imprenditori, piccoli risparmiatori, padri e madri di famiglia». Ai poveracci vessati da Equitalia, par di capire. Che in effetti se fossero quelli che hanno pendenze inferiori ai 200mila euro - comunque un bel gruzzoletto, quanto tende al suo limite massimo - potremmo anche capirne la logica, anche perché veniamo da una delle più pesanti crisi economiche che questo Paese abbia mai dovuto sopportare. Ed è vero, a confermarlo è la Corte dei Conti, che esistono in Italia più di 3 milioni di evasori per necessità, che dichiarano, ma non pagano l’erario, l’80% dei quali risulta aver eluso al fisco una cifra molto bassa, in media circa 5000 euro.
Vi annoiamo con un po’ di conti: ognuna di queste posizioni - quelle dei poveri padri e madri di famiglia di cui parla Di Maio - potrebbe essere stralciata col versamento di circa 350 euro, il 6% sul totale, secondo la proposta leghista. Ammesso che tutti decidano di rappacificarsi col fisco, lo Stato ricaverebbe 840 milioni di extra gettito. Per arrivare a 35 miliardi, o anche solo ai 13 delle stime più prudenziali del governo, ne mancano ancora un po’. Ecco perché la Lega parla di alzare la soglia alle pendenze inferiori al milione di euro. O addirittura ai 5 milioni di euro, dove di eccezionale c’è solo l'importo e di involontario (temiamo) ben poco. Cosa che, ne converrete, assomiglia vagamente a un condono tombale fatto e finito, come quello che fece Berlusconi nel 2002, con buona pace di Di Maio e dei duri e puri del Movimento.
Non bastasse, la cosa buffa è che questo regalo inatteso di cui beneficerà chi ha evaso il fisco per milioni di euro, avrà ben pochi, ulteriori beneficiari. Perché no, con la pace fiscale, nella migliore delle ipotesi, ci puoi finanziare un paio d’anni di reddito di cittadinanza, o di flat tax, e quattro anni al massimo di “quota 100”. Uno dei tre, non tutti assieme. Nell’imminenza di una scadenza elettorale cruciale come quella delle prossime elezioni europee, è più che probabile che Lega e Cinque Stelle faranno a pugni per quei soldi, che consentiranno loro di presentarsi agli elettori sulle ali dell’entusiasmo popolare.

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