Salvini, il nuovo prodotto dello show bipolarista
di Loris Caruso,
"Il nuovo prodotto è pronto. La politica in crisi
di consenso deve produrre leader, venderli
e produrne di nuovi, per alimentare lo
spettacolo dello scontro bipolarista
e il flusso illusione-disillusione su cui si basa. Il nuovo
prodotto è naturalmente Matteo Salvini.
I nuovi prodotti politici vengono sempre
lanciati da massicce campagne pubblicitarie,
ma forse la campagna per la produzione e per
la promozione di Salvini non ha precedenti.
D’altra parte si partiva da condizioni difficili:
una Lega al 3 per cento. L’avventura era particolarmente
affascinante.
Il segretario della Lega è ininterrottamente
in televisione, spesso due volte al giorno, dalla
campagna elettorale per le europee. Non può
essere solo perché «fa audience» (fa audience?). Dopo, ci si
produce in continue analisi sul perché la
Lega cresca nei sondaggi, celebrando le doti del
leader, le sue abilità comunicative, la sua
bravura ad intercettare gli umori popolari. La
Lega cresce perché Salvini è in televisione
due volte al giorno. Una parte secondaria del merito va
anche alla sua capacità di individuare poche chiare
questioni per posizionarsi sul mercato (No
all’Euro e all’immigrazione). Ma nessuno se ne
accorgerebbe se non ci fosse la prima condizione.
Si può immaginare quali siano gli effetti sperati
di questa campagna di successo. Partiamo dal
settore di mercato che deve conquistare: il suo
principale destinatario sono i ceti
popolari, cioè il principale target di tutte le
più recenti campagne per il lancio dei leader,
che infatti sono cresciuti elettoralmente
innanzitutto in quell’area.
Primo effetto: la Lega, nel suo nuovo vestito lepenista,
è in grado di spostare il discorso sulla crisi dal piano
sociale a quello della sicurezza. Una funzione
fondamentale, mentre riemerge in Italia
una dialettica sociale che riguarda il lavoro e le
condizioni di vita dei settori popolari.
A questo si aggiunga la campagna, lanciata
dal Corriere e ripresa dai talk show,
sulle case occupate. Primo risultato: la
rappresentazione è quella di un mondo
popolare infiltrato dalla criminalità e il
cui problema principale sono gli immigrati. Il
suo secondo e terzo problema sono i politici e i
sindacati.
Secondo effetto: Renzi è stato in questi mesi il
monopolista del mercato politico. Ma la
rappresentazione spettacolare
dello sport politico non regge se non c’è un nemico,
l’antagonista, lo sfidante, il cattivo. A che
cosa appassionarsi altrimenti? Il mercato
è competizione, il prodotto vincente
deve essere sfidato dal prodotto che lo sostituirà.
In più: nella prossima campagna elettorale
l’ex monopolista potrà dire che bisogna votare
Pd per evitare il pericolo-Lega. Così, mentre l’elettorato
di sinistra sarà tentato di votare un nuovo possibile
soggetto politico, si potrà ancora ricorrere alla
magia del voto utile.
Il tema centrale è dunque lo spostamento
del conflitto sociale su altri piani. Il prodotto-Grillo e il
prodotto-Renzi l’hanno spostato sul piano delle opposizioni
tra vecchio e nuovo, tra sistema (politico)
e anti-sistema, tra Casta e anti-Casta. Adesso bisogna
trovare qualche nuovo terreno di gioco, non si può
fare sempre la stessa gara (il pubblico si annoierebbe
e guarderebbe altrove). Ed ecco riemergere
la questione-sicurezza, eterna Fenice che risorge nei momenti di
possibile mutamento politico. Il Corriere
della Sera a questi reality partecipa
sempre con entusiasmo e da protagonista:
il brand della Casta, come la campagna sulla
legalità nelle periferie, è nato sulle sue
colonne.
Contemporaneamente, tutti i media
celebrano dalla mattina alla sera la messa cantata
delle virtù dell’impresa. Gli imprenditori licenziano,
chiudono, delocalizzano, non pagano
i dipendenti, li forzano a dimettersi,
rendono le aziende luoghi invivibili (si trovi
qualcuno che è contento del suo lavoro) e privi
di libertà, non investono in ricerca, corrompono
i politici, cercano unicamente posizioni
di mercato protette (la meritocrazia è per
qualcun altro, è competizione tra
i destinatari di queste campagne
pubblicitarie). Ma la rappresentazione
unanime degli imprenditori è quella degli eroi
(in prima fila, nella messa cantata, c’è Salvini). Nei
talk show circola costantemente anche una nuova
figura: il giovane startupper, magari
emigrato in America per aprire un’impresa innovativa
che dà tanti posti di lavoro a giovani di talento (agli
altri no, se non hai talento puoi stare a casa). Lo
sturtupper, vestito a metà tra il virtuoso
dello skateboard e il proprietario
di un Fondo investimenti, occupa più o meno la
posizione del Messia: lo si mette al centro dello
studio, lo si celebra, gli si chiede a bocca aperta
«Cosa dobbiamo fare?», si punta il dito verso la telecamera
e, soprattutto se si è un giornalista
del Corriere della Sera, si dice: giovani,
avete capito? Dovete fare così..."
Nessun commento:
Posta un commento