Che cos'è la merce? Quanto vale
una merce?
Che cos'è il lavoro? Quanto vale
un operaio? Che cos'è il salario?
Da dove viene il denaro? Che
cos'è e quando diventa capitale?
Come e quando il lavoro da
necessità vitale diventa schiavitù?
LA MERCE
I due
fattori della merce: VALORE D'USO E VALORE (sostanza di valore, grandezza
di valore).
[VALORE D'USO]
La ricchezza
delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico
si presenta come una "immane raccolta di merci" e la merce
singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine
comincia con l'analisi della merce.
La merce è
in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità
soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo. La natura di questi bisogni, per
esempio il fatto che essi provengano dallo stomaco o che provengano dalla
fantasia, non cambia nulla alla cosa. Qui non si tratta neppure del modo in
cui la cosa soddisfi il bisogno umano; se immediatamente, come mezzo di
sussistenza, cioè come oggetto di godimento [cibo, vestiti, libri…] o per via
indiretta, come mezzo di produzione [strumento di lavoro, macchina in
fabbrica…].
Ogni cosa
utile, come il ferro, la carta, ecc., dev'essere considerata da un duplice
punto di vista, secondo la qualità e secondo la quantità.
Ognuna di tali cose è un complesso di molte qualità e quindi può essere utile
da diversi lati. E' opera della storia scoprire questi diversi lati e
quindi i molteplici modi di usare delle cose. Così pure il ritrovamento di misure
sociali per la quantità delle cose utili. La differenza nelle misure
delle merci sorge in parte dalla differente natura degli oggetti da misurare,
in parte da convenzioni.
L'utilità di
una cosa ne fa un valore d'uso. Ma
questa utilità non aleggia nell'aria. E' un portato delle qualità del
corpo della merce e non esiste senza di esso. Il corpo della merce stesso,
come il ferro, il grano, un diamante, ecc., è quindi un valore d'uso, ossia un
bene. Questo suo carattere non dipende dal
fatto che l'appropriazione delle sue qualità utili costi all'uomo molto o poco
lavoro.
Quando si
considerano i valori d'uso si presuppone che siano determinati
quantitativamente, come una dozzina di orologi, un braccio di
tela di lino, una tonnellata di ferro, ecc. Il valore d'uso si
realizza soltanto nell'uso, ossia nel consumo.
I valori d'uso costituiscono il contenuto materiale
della ricchezza, qualunque sia la forma sociale di questa.
[VALORE DI SCAMBIO]
Nella forma
di società che noi dobbiamo considerare i valori d'uso costituiscono insieme i depositari materiali del valore
di scambio.
Il valore
di scambio si presenta in un primo momento come il rapporto quantitativo,
la proporzione nella quale valori d'uso d'un tipo sono scambiati con valori
d'uso di altro tipo; tale rapporto cambia continuamente coi tempi e coi
luoghi. Perciò si presenta come qualcosa di casuale e puramente relativo,
come un valore di scambio interno alla merce, si presenta dunque come
una contraddizione (contradictio in adjecto). È al tempo stesso una
cosa e l'altra. Come la cellula che si
sdoppia: un parte si vede sempre in quanto oggetto concreto, l'altra si
"vede" solo e soltanto nello scambio tra esseri umani. Consideriamo
la cosa più da vicino.
Una certa
merce, per esempio 1 quarter
di grano, si scambia con x lucido da stivali, o con y seta, o con z oro: in
breve, si scambia con altre merci in differentissime proporzioni. Quindi
il grano ha molteplici valori di scambio invece di averne uno solo.
Prendiamo poi
due merci: per esempio grano e ferro. Quale che sia il loro rapporto di
scambio, esso è sempre rappresentabile in una equazione, nella quale una
quantità data di grano è posta come eguale a una data quantità di ferro, per
esempio
Cosa ci dice
questa equazione? Che in due cose differenti,
in 1 quarter
di grano come pure in 1 quintale di ferro, esiste un qualcosa di comune,
qualcosa che le rende uguali, e della stessa grandezza.
Questo
qualcosa di comune non può essere una qualità geometrica, fisica, chimica o
altra qualità naturale delle merci.
Quindi, l'altro loro valore, quello che le rende cose che si possono scambiare, il valore di
scambio appunto, non deve tener conto, deve astrarre, dal loro
essere valore d'uso.
Come valori
d'uso le merci sono soprattutto di qualità differente, come
valori di scambio possono essere soltanto di quantità differente, cioè
non contengono nemmeno un atomo di valore d'uso.
Ma, se si prescinde dal valore d'uso dei
corpi delle merci, rimane loro soltanto una qualità, quella di essere prodotti del lavoro.
[PRODOTTI DEL
LAVORO]
Col carattere
di utilità dei prodotti del lavoro scompare il carattere di utilità dei lavori
rappresentati in essi, scompaiono dunque anche le diverse forme concrete di
questi lavori (falegnameria o lavoro edilizio o lavoro di filatura o di altro
lavoro produttivo determinato) le quali non si distinguono più, ma sono ridotte tutte insieme a lavoro umano eguale,
lavoro umano in astratto, una semplice concrezione di lavoro
umano indistinto, cioè di dispendio di
forza lavorativa umana senza riguardo alla forma del suo dispendio. Come cristalli di questa sostanza sociale ad esse
comune, esse sono valori, valori di merci.
... Dunque quell'elemento comune che si manifesta nel rapporto di
scambio, è il valore della merce stessa.
Dunque, un valore
d'uso o bene ha valore soltanto
perché in esso viene oggettivato, o materializzato, lavoro astrattamente umano.
E come
misurare ora la grandezza del suo valore?
Mediante la
quantità della "sostanza valorificante", cioè del lavoro, in esso
contenuta. La quantità del lavoro a sua
volta si misura con la sua durata temporale, e il tempo di lavoro ha a sua
volta la sua misura in parti determinate di tempo, come l'ora, il giorno, ecc.
Potrebbe
sembrare che, se il valore di una merce è determinato dalla quantità di lavoro
spesa durante la produzione di essa, quanto più pigro o quanto meno abile fosse
un uomo, tanto più di valore dovrebbe essere la sua merce, poiché egli avrebbe
bisogno di tanto più tempo per finirla.
Però il
lavoro che forma la sostanza dei valori è lavoro umano eguale, dispendio della
medesima forza lavorativa umana.
La forza
lavorativa complessiva della società che si presenta nei valori del mondo delle
merci, vale qui come unica e identica forza-lavoro umana, benché consista di
innumerevoli forze-lavoro individuali. Ognuna di queste forze-lavoro
individuali è una forza-lavoro umana identica alle altre, in quanto possiede
il carattere di una forza-lavoro sociale media e in quanto opera come tale
forza-lavoro sociale media, e dunque abbisogna, nella produzione di una merce,
soltanto del tempo di lavoro necessario in media, ossia socialmente
necessario.
Tempo di lavoro socialmente necessario è il tempo di
lavoro richiesto per rappresentare un qualsiasi valore d'uso nelle esistenti
condizioni di produzione socialmente normali, e col grado sociale medio di
abilità e intensità di lavoro.
Per esempio,
dopo l'introduzione del telaio a vapore in Inghilterra, è bastata forse la metà
del tempo prima necessario per trasformare in tessuto una data quantità di
filato. Il tessitore inglese al telaio a mano aveva di fatto bisogno dello
stesso tempo di lavoro, prima e dopo, per questa trasformazione; ma il prodotto
della sua ora lavorativa individuale rappresentava ormai, dopo l'introduzione
del telaio meccanico, soltanto una mezza ora lavorativa sociale, e quindi scese
alla metà del suo valore precedente.
Quindi è
soltanto la quantità di lavoro socialmente necessario, cioè il tempo di lavoro
socialmente necessario per fornire un valore d'uso che determina la sua
grandezza di valore. Qui la singola merce vale in generale come esemplare
medio del suo genere. Merci nelle quali sono contenute eguali quantità di
lavoro ossia merci che possono venir prodotte nello stesso tempo di lavoro
hanno quindi la stessa grandezza di valore.
"Come valori, tutte le merci sono soltanto misure
determinate di tempo di lavoro coagulato".
[FORZA PRODUTTIVA]
La grandezza
di valore di una merce rimarrebbe quindi costante se il tempo di lavoro
richiesto per la sua produzione fosse costante. Ma esso cambia con ogni
cambiamento della forza produttiva del lavoro. La forza produttiva del
lavoro è determinata da molteplici circostanze, e, fra le altre, dal grado
medio di abilità dell'operaio, dal grado di sviluppo e di applicabilità
tecnologica della scienza, dalla combinazione sociale del processo di
produzione, dall'entità e dalla capacità operativa dei mezzi di produzione, e
da situazioni naturali.
Per esempio
la stessa quantità di lavoro si presenta in una stagione favorevole con 8
bushel di grano, in una situazione sfavorevole solo con 4.
La stessa
quantità di lavoro fornisce più metallo in miniere ricche che in miniere
povere, ecc.
I diamanti si trovano di rado sulla crosta terrestre,
quindi il loro reperimento costa in media molto tempo di lavoro. Di
conseguenza, essi rappresentano molto lavoro in poco volume.
Se si
avessero miniere più ricche, la stessa quantità di lavoro si rappresenterebbe
in una maggiore quantità di diamanti, e il valore di questi scenderebbe. Se
si riesce a trasformare il carbone in diamante con poco lavoro, il valore del
diamante può scendere al di sotto di quello dei mattoni.
In generale: quanto maggiore la forza produttiva del lavoro, tanto
minore il tempo di lavoro richiesto per la produzione di un articolo, tanto
minore la massa di lavoro in esso cristallizzata, e tanto minore il suo valore.
Viceversa, tanto minore la forza produttiva del lavoro, tanto
maggiore il tempo di lavoro necessario per la produzione di un articolo, e
tanto maggiore il suo valore.
Infine: una cosa può essere valore d'uso senza
essere valore. Il caso si verifica quando la sua utilità per l'uomo
non è ottenuta mediante il lavoro: aria, terreno vergine, praterie naturali,
legna di boschi incolti, ecc.
Una cosa può essere utile e può essere prodotto di
lavoro umano senza essere merce. Chi soddisfa con la propria
produzione il proprio bisogno, crea sì valore d'uso, ma non merce. Per produrre
merce, deve produrre non solo valore d'uso, ma valore d'uso per altri, valore
d'uso sociale. (E non solo per altri semplicemente. Il contadino medievale
produceva il grano d'obbligo per il signore feudale, il grano della decima per
il prete. Ma né il grano d'obbligo né il grano della decima diventavano merce
per il fatto d'essere prodotti per altri. Per divenire merce il prodotto deve
essere trasmesso all'altro, a cui serve come valore d'uso, mediante lo scambio).
E, in fine, nessuna cosa può essere valore, senza essere oggetto d'uso. Se è
inutile, anche il lavoro contenuto in essa è inutile, non conta come lavoro e
non costituisce quindi valore.
***
per la Parte 1
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/11/pc-20-novembre-formazione-operaia-su-il.html
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