Mittal fa promesse sull'occupazione, ma pone condizioni e soprattutto conferma che le questioni ambientali, dentro e fuori l'Ilva, andrebbero a finire in una "bad company" - cioè non ci sarebbe risanamento. Vale a dire, conferma che è sempre il profitto al primo posto, sulla pelle e la vita degli operai e masse popolari.
Ilva, Mittal-Marcegaglia si fa avanti per acquisto - 30 giorni per rispondere
FULVIO COLUCCI
TARANTO - Arcelor Mittal e Marcegaglia si fanno avanti. Da ieri l’Ilva ha una cordata ufficialmente interessata a rilevare lo stabilimento siderurgico. La proposta d’acquisto, non vincolante, è giunta con una lettera sul tavolo del commissario straordinario Piero Gnudi. La missiva non contiene numeri, se non uno: trenta. Sono i giorni di tempo a disposizione dei vertici aziendali per accogliere o respingere le intenzioni della cordata composta dai franco-indiani, uno dei maggiori produttori d’acciaio al mondo e dagli italiani. Arcelor Mittal e Marcegaglia puntano a rilevare la fabbrica tarantina - il più grande stabilimento siderurgico europeo - e gli altri due impianti liguri di Cornigliano e Novi ancora di proprietà del Gruppo Riva, per quanto gestiti dal commissario straordinario dal 2013...
sulla lettera inviata a Gnudi da Arcelor Mittal e Marcegaglia. Se non ci sono numeri, tuttavia ci sarebbero impegni precisi per assolvere le condizioni poste dallo stesso Gnudi: mantenere la produzione e i livelli occupazionali; presentare, dopo il sì del commissario, il piano industriale e quello ambientale.
Secondo alcune fonti, i franco-indiani, confermerebbero gli 11mila posti di lavoro all’Ilva, a condizione di mantenere una produzione annua di almeno 8 milioni di tonnellate d’acciaio.
Nella missiva ci sarebbe anche un riferimento piuttosto stringente al nuovo corso in caso di acquisto: lo spacchettamento aziendale con la creazione di due soggetti: una new company nella quale far confluire lavoratori, impianti e attività industriali; una bad company per assorbire i contenziosi ambientali e i risarcimenti ad essi legati...
Restano, tuttavia, grandi nodi, pesanti incognite sulla trattativa: anzitutto le questioni inquinamento e salute dentro e fuori la fabbrica, con un processo per disastro ambientale incombente e una nuova inchiesta, secondo notizie giornalistiche. Poi il controllo dello Stato attraverso una quota azionaria di «vigilanza». Il governo vuole inserire nei nuovi assetti societari la Cassa depositi e prestiti con questo obiettivo, qualsiasi sia il compratore. Arvedi e Marcegaglia sono favorevoli; Mittal, invece, mostra più freddezza.
TARANTO - Arcelor Mittal e Marcegaglia si fanno avanti. Da ieri l’Ilva ha una cordata ufficialmente interessata a rilevare lo stabilimento siderurgico. La proposta d’acquisto, non vincolante, è giunta con una lettera sul tavolo del commissario straordinario Piero Gnudi. La missiva non contiene numeri, se non uno: trenta. Sono i giorni di tempo a disposizione dei vertici aziendali per accogliere o respingere le intenzioni della cordata composta dai franco-indiani, uno dei maggiori produttori d’acciaio al mondo e dagli italiani. Arcelor Mittal e Marcegaglia puntano a rilevare la fabbrica tarantina - il più grande stabilimento siderurgico europeo - e gli altri due impianti liguri di Cornigliano e Novi ancora di proprietà del Gruppo Riva, per quanto gestiti dal commissario straordinario dal 2013...
sulla lettera inviata a Gnudi da Arcelor Mittal e Marcegaglia. Se non ci sono numeri, tuttavia ci sarebbero impegni precisi per assolvere le condizioni poste dallo stesso Gnudi: mantenere la produzione e i livelli occupazionali; presentare, dopo il sì del commissario, il piano industriale e quello ambientale.
Secondo alcune fonti, i franco-indiani, confermerebbero gli 11mila posti di lavoro all’Ilva, a condizione di mantenere una produzione annua di almeno 8 milioni di tonnellate d’acciaio.
Nella missiva ci sarebbe anche un riferimento piuttosto stringente al nuovo corso in caso di acquisto: lo spacchettamento aziendale con la creazione di due soggetti: una new company nella quale far confluire lavoratori, impianti e attività industriali; una bad company per assorbire i contenziosi ambientali e i risarcimenti ad essi legati...
Restano, tuttavia, grandi nodi, pesanti incognite sulla trattativa: anzitutto le questioni inquinamento e salute dentro e fuori la fabbrica, con un processo per disastro ambientale incombente e una nuova inchiesta, secondo notizie giornalistiche. Poi il controllo dello Stato attraverso una quota azionaria di «vigilanza». Il governo vuole inserire nei nuovi assetti societari la Cassa depositi e prestiti con questo obiettivo, qualsiasi sia il compratore. Arvedi e Marcegaglia sono favorevoli; Mittal, invece, mostra più freddezza.
L'Ilva tra le 30 industrie in Europa che inquina. Ma la AEA fa i conti solo dei costi economici che questo comporta NON DICE I COSTI IN TERMINI DI MORTI, DI AMMALATI TRA I LAVORATORI E LA POPOLAZIONE, come in termini di disastri del territorio, ma come anche in termini di sofferenze, di distruzioni del futuro per intere generazioni... CONTATE... PERCHE' PRIMA O POI LA LOTTA DEI PROLETARI E MASSE POPOLARI: FARANNO PAGARE CARO A PADRONI E STATO, PAGHERANNO TUTTO...!
BRUXELLES - L'inquinamento dell'aria e i gas serra
prodotti dall'industria in Italia fra 2008 e 2012 sono costati alla
società fra 26 e 61 miliardi di euro.
A fare i conti in termini di impatto su salute e ambiente, che include morti premature, costi per la sanità, giorni lavorativi persi, problemi di salute, riduzione dei raccolti agricoli, è l'Agenzia europea dell'ambiente (Aea), secondo cui l'Ilva di Taranto è risultata nella top 30 degli impianti Ue più inquinanti.
Secondo le stime dell'Aea, solo per il 2012 si parla di un danni fra i 59 e i 189 miliardi provocati agli europei dalle emissioni di 14.325 industrie. Una cifra, quest'ultima, pari al Pil della Finlandia o alla metà del Pil della Polonia. Il costo medio pro capite per gli europei si stima fra i 115 e 368 euro. Ad essere responsabili della metà dei danni sono appena l'1% degli impianti europei, cioè 147. Nella top 30 dei maxi-inquinatori Ue, oltre all'Ilva di Taranto in Italia, otto impianti si trovano in Germania, sei in Polonia, quattro in Romania, tre in Bulgaria e Gran Bretagna, due in Grecia, uno in Repubblica Ceca, Estonia e Slovacchia. A contribuire di più al conto dei danni complessivi però sono Germania, Polonia, Gran Bretagna, Francia e Italia, che hanno le maggiori industrie.
In Italia l'Aea registra 1.329 impianti e stila una classifica dei più inquinanti: dopo l'Ilva di Taranto al 29/o posto in Europa, al 33/o posto si piazza la centrale termoelettrica Federico II di Brindisi Sud, al 50/o posto la raffineria di Gela Spa, all'80/o la raffineria di Augusta della Esso italiana, al 92/o posto la Saras raffinerie sarde Spa a Sarroch, al 106/o posto la centrale di Vado Ligure a Quiliano e al 108/o posto la centrale elettrica di Fiume Santo (Sassari)
A fare i conti in termini di impatto su salute e ambiente, che include morti premature, costi per la sanità, giorni lavorativi persi, problemi di salute, riduzione dei raccolti agricoli, è l'Agenzia europea dell'ambiente (Aea), secondo cui l'Ilva di Taranto è risultata nella top 30 degli impianti Ue più inquinanti.
Secondo le stime dell'Aea, solo per il 2012 si parla di un danni fra i 59 e i 189 miliardi provocati agli europei dalle emissioni di 14.325 industrie. Una cifra, quest'ultima, pari al Pil della Finlandia o alla metà del Pil della Polonia. Il costo medio pro capite per gli europei si stima fra i 115 e 368 euro. Ad essere responsabili della metà dei danni sono appena l'1% degli impianti europei, cioè 147. Nella top 30 dei maxi-inquinatori Ue, oltre all'Ilva di Taranto in Italia, otto impianti si trovano in Germania, sei in Polonia, quattro in Romania, tre in Bulgaria e Gran Bretagna, due in Grecia, uno in Repubblica Ceca, Estonia e Slovacchia. A contribuire di più al conto dei danni complessivi però sono Germania, Polonia, Gran Bretagna, Francia e Italia, che hanno le maggiori industrie.
In Italia l'Aea registra 1.329 impianti e stila una classifica dei più inquinanti: dopo l'Ilva di Taranto al 29/o posto in Europa, al 33/o posto si piazza la centrale termoelettrica Federico II di Brindisi Sud, al 50/o posto la raffineria di Gela Spa, all'80/o la raffineria di Augusta della Esso italiana, al 92/o posto la Saras raffinerie sarde Spa a Sarroch, al 106/o posto la centrale di Vado Ligure a Quiliano e al 108/o posto la centrale elettrica di Fiume Santo (Sassari)
Ilva - Maledetti assassini - LA DENUNCIA DEL PADRE DI FRANCESCO ZACCARIA
LA CONDANNA A MORTE DI UN GRUISTA DELL'ILVA
L'UOMO HA PREDISPOSTO, LA SORTE HA SCELTO. E' TOCCATO A FRANCESCO ZACCARIA
1) Il dispositivo che doveva garantire l'arresto della cabina, e salvare la vita di Francesco, non era quello previsto dal progetto della gru. Il dispositivo originale, sull'altra gru ha fatto egregiamente il proprio dovere.
2) Il D.V.R. "documento di valutazione del rischio" è incompleto, non contempla il rischio di "condizioni meteo avverse" importantissimo nel caso delle gru.
3) Il documento di "vita residua della gru" redatto da un ingegnere esperto, ogni due anni, è inesistente, avrebbe dato la possibilità di intervenire per tempo sul problema bloccando per legge l'uso delle gru.
4) I gruisti non erano a conoscenza di un dispositivo antiuragano installato fuori le cabine in quanto mai usato, e ammesso che Francesco ne era a conoscenza non avrebbe potuto inserirlo, in quanto sulla stessa gru è stato rimosso.
5) Tutti i dispositivi antiuragano di tutte le gru sono stati ripristinati dopo l'evento del 28-11-2012.
6) Se il dispositivo d'arresto della cabina fosse stato quello di progetto, sicuramente non sarebbe precipitata a mare e Francesco era ancora accanto a noi.
7) Tre mesi prima l'Arpa Puglia aveva effettuato i controlli.
Le irregolarità su scritte sono una parte di quelle riscontrate.
Questo è un estratto della documentazione presentata dal C.T.U. alla procura della Repubblica di Taranto.
La legge presume che non è intenzione del datore di lavoro provocare la morte dei lavoratori, è anche vero però che niente si fà per evitarla, nel nome del profitto.
La magistratura deve fare il suo corso e fare giustizia, non è democratico e degno di un paese civile ammazzare un uomo due volte, la prima per il profitto la seconda per la prescrizione.
Il papà di Francesco
L'UOMO HA PREDISPOSTO, LA SORTE HA SCELTO. E' TOCCATO A FRANCESCO ZACCARIA
1) Il dispositivo che doveva garantire l'arresto della cabina, e salvare la vita di Francesco, non era quello previsto dal progetto della gru. Il dispositivo originale, sull'altra gru ha fatto egregiamente il proprio dovere.
2) Il D.V.R. "documento di valutazione del rischio" è incompleto, non contempla il rischio di "condizioni meteo avverse" importantissimo nel caso delle gru.
3) Il documento di "vita residua della gru" redatto da un ingegnere esperto, ogni due anni, è inesistente, avrebbe dato la possibilità di intervenire per tempo sul problema bloccando per legge l'uso delle gru.
4) I gruisti non erano a conoscenza di un dispositivo antiuragano installato fuori le cabine in quanto mai usato, e ammesso che Francesco ne era a conoscenza non avrebbe potuto inserirlo, in quanto sulla stessa gru è stato rimosso.
5) Tutti i dispositivi antiuragano di tutte le gru sono stati ripristinati dopo l'evento del 28-11-2012.
6) Se il dispositivo d'arresto della cabina fosse stato quello di progetto, sicuramente non sarebbe precipitata a mare e Francesco era ancora accanto a noi.
7) Tre mesi prima l'Arpa Puglia aveva effettuato i controlli.
Le irregolarità su scritte sono una parte di quelle riscontrate.
Questo è un estratto della documentazione presentata dal C.T.U. alla procura della Repubblica di Taranto.
La legge presume che non è intenzione del datore di lavoro provocare la morte dei lavoratori, è anche vero però che niente si fà per evitarla, nel nome del profitto.
La magistratura deve fare il suo corso e fare giustizia, non è democratico e degno di un paese civile ammazzare un uomo due volte, la prima per il profitto la seconda per la prescrizione.
Il papà di Francesco
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