Vi invitiamo a partecipare
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Sul “Che Fare?” dal capitolo 2°
Sulla spontaneità delle
masse e la coscienza della socialdemocrazia (oggi diciamo la
coscienza comunista).
Iniziamo subito con un
virgolettato del Raboceie Dielo (il giornale che incarnava la
tendenza economicista) che accusa il giornale di Lenin (l'Iskra) di
“sottovalutazione dell'importanza dell'elemento oggettivo o
spontaneo dello sviluppo”.
Lenin risponde in
polemica, che questa frase individua esattamente il problema: il
risveglio delle masse c'è, e questo è l'elemento oggettivo e di
forza, mentre la debolezza è nella mancanza della coscienza
d'iniziativa dei dirigenti rivoluzionari, niente quindi a che vedere
con quella spontaneità di cui il R.D. e una buona parte dei giovani
intellettuali russi si fanno portatori.
Il movimento spontaneo
della classe operaia si diffondeva infatti con contagioso entusiasmo
in tutta la Russia e ciò che di positivo si leggeva in questa
spontaneità, è che gli operai si ribellano con un'ondata di scioperi e proteste che mettevano in campo contro le condizioni di sfruttamento e oppressione in fabbrica . . . ma dice
Lenin, “c'è spontaneità e spontaneità” . . . il valore di
questa spontaneità sta, dice Lenin, nella forma embrionale della
coscienza.
Lenin fa una lucidissima
analisi dello spontaneismo per criticare coloro che sostengono la
“corrente” economicista che a questo danno un valore assoluto.
Lenin insiste nel dire
che gli scioperi e la ribellione degli operai se rimangono allo stato
embrionale rimangono all'interno della lotta tradunionista
(economica/rivendicativa).... si è ancora lontani dalla maturazione
di una coscienza di classe rivoluzionaria.
Gli errori, ricorda
Lenin, cui andarono incontro i primi socialdemocratici (fondatori
dell'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia) furono
dettati soprattutto dalla mancanza di esperienza rivoluzionaria e di
preparazione pratica ma proprio per questo “non è nostra
intenzione muovere rimproveri nei confronti dei militanti...”
ma risultava chiaro che per trarre profitto dall'esperienza bisognava
“rendersi conto delle cause e del significato di questa o quella
deficienza...”
Ciò rappresentava quindi
una prima esperienza su cui trarre un bilancio per non ricadere negli
stessi errori che rischiano di diventare “totali” nel momento in
cui ci si sottomette servilmente alla spontaneità perchè scrive
Lenin riprendendo una lunga citazione di Kautsky circa il progetto di
un nuovo programma del partito socialdemocratico austriaco
(1901-1902) “la coscienza socialista è un elemento importato
nella lotta di classe del proletariato dall'esterno e non qualcosa
che ne sorge spontaneamente. Il vecchio programma di Hainfeld diceva
dunque molto giustamente che il compito della socialdemocrazia è di
permeare il proletariato di coscienza della sua situazione e della
sua missione...”
Lo sviluppo spontaneo del
movimento operaio che sfocia nella lotta tradunionista (sindacale)
non mette in discussione il sistema borghese, la vendita della forza
lavoro ai padroni ad un prezzo migliore da parte dei sindacalisti,
è, dice Lenin, asservimento ideologico alla borghesia.
E' quindi “nostro
compito, afferma Lenin,
combattere la spontaneità, allontanando il movimento operaio dal
tradunionismo impedendogli di finire sotto l'ala della borghesia (che
ha tantissimi mezzi per imporre la sua ideologia più antica e
elaborata di quella socialista) e attraendolo sotto l'ala
socialdemocratica...”
Ma, dice Lenin “...quanto
più giovane è il movimento socialista di un determinato paese,
tanto più energica deve essere la lotta contro tutti i tentativi di
consolidare l'ideologia non socialista (espressa dalla tendenza
economicista con posizioni di questo tipo, che la sola lotta
possibile per gli operai è quella sindacale, che la lotta politica
deve seguire docilmente la lotta economica al massimo per ottenere
qualche riforma migliorativa...).
Il compito dei rivoluzionari è
quello di allargare la visione degli operai, dei proletari al fatto
che se con la lotta sindacale si può anche ottenere per esempio un
miglioramento della propria condizione di lavoro, resta però fermo
l'impianto sistemico che produce ogni giorno lo sfruttamento sul
lavoro, il sistema del Capitale, per cui rimane nostro compito
lottare per eliminare queste condizioni, cioè distruggere la
sottomissione del lavoro al capitale.
da uno scritto di un compagno
da uno scritto di un compagno
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Appunti sulla discussione
Lo studio del Che fare di
Lenin, come tutti “i mestieri”, va fatto più volte, occorre
prenderci la mano per arrivare ad una sorta di “automatismo”
considerando sempre le fasi che la lotta di classe ci pone di volta
in volta.
Questa parte del Che fare
di Lenin comincia a dare risposte nette e chiare ai dubbi e
posizioni non rivoluzionarie sul rapporto tra partito/sindacato...
I comunisti
rivoluzionari, che sono un prodotto storico di questa società, sono
quelli che fanno un passo indietro e vedono anni e anni di storia, di
lotta, vedono e studiano tutta l'agitazione importante messa in
campo dalla classe operaia contro sfruttamento e oppressione
padronale (embrione di coscienza) che ha portato alla conquista di
diritti e miglioramenti nella condizione di lavoro, ma ciò, ci
insegna Lenin, è sempre all'interno del sistema borghese
capitalistico.
Ma la sola coscienza di
sfruttati per gli operai, i lavoratori non basta né quella che
spinge a ribellarsi, dice Lenin “occorre avere piuttosto
coscienza che l'antagonismo tra gli interessi degli operai e di tutto
l'ordinamento politico-sociale capitalistico è irrimediabilmente
inconciliabile...”
Prima e durante lo
sciopero del 14 novembre, verso gli operai in fabbrica, i settori di
lavoratori e precari organizzati nello Slai in particolare.... il
lavoro fatto è stato quello di orientare verso parole d'ordine e
denuncia contro il governo al servizio di questo sistema dei padroni (partendo sì dai vari aspetti specifici di attacco nei diversi
ambiti) ma che quindi non riguardano solo la circoscritta condizione
degli operai in fabbrica o dei precari delle Cooperative per esempio,
ma allargando alla necessità generale, della classe appunto, della
cacciata del governo Renzi, come tappa di un percorso che deve
portare alla rivolta sociale contro ogni governo dei padroni, dando
alle masse la prospettiva della lotta rivoluzionaria come unica
soluzione per rovesciare il sistema che produce tutti gli attacchi al
lavoro e nella vita in generale.
Solo l'idea del blocco
della produzione in fabbrica fa tremare, vedi Renzi che dice “le
fabbriche non si occupano... io le apro” o la nuova segretaria
della CISL Furlan che butta un anatema su uno sciopero generale che
possa mettere in campo il blocco della produzione capitalistica...
questo dimostra dove sta il vero cuore del problema: fa paura il
blocco del sistema capitale/lavoro salariato al fine del profitto,
fa tremare il solo pensiero di un risveglio della classe operaia...
Non sottovalutare o aggirare: in merito allo sciopero
“sociale” dei movimenti e alla tendenza che dibatte sui nuovi
“segmenti della classe”, intendendo nuovi settori di lavoratori
precari e/o settori proletari come i disoccupati, i senza casa....
che si mobilitano e lottano creando conflitto, non ci si può porre
in modo superficiale o banale nell'analisi ma necessario è
contrastare chi afferma che essi sostituiscano o ridimensionino
quello che è il segmento centrale di essa, la classe operaia,
produttrice di reale ricchezza, il cui blocco alla produzione incide
eccome sulla questione dei rapporti di forza...
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Circolo proletari Comunisti Palermo
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