Dopo che nei mesi scorsi Il Sole 24 Ore aveva sostenuto con titoloni l'"operazione Grifa", con un articolo pubblicato oggi ritorna sul progetto di rilancio dello
stabilimento Fiat di Termini Imerese con uno sfottò icastico. Il fatto è che si
conferma tutta la fumosità sui fondi necessari che dovrebbero essere messi a
disposizione da parte del Banco de Rio de Janeiro (Brj), guidato da un medium
brasiliano, e che non avrebbe soldi.
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Per Termini Imerese un cavaliere senza fondi
Un medium brasiliano alla guida di una banca in difficoltà.
Questo il cavaliere bianco che, insieme all'italiana Grifa, punterebbe a
rilevare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese e vorrebbe rilanciare la
produzione di automobili in Sicilia. Secondo i sindacati, il Banco de Rio de
Janeiro avrebbe dato al ministero per lo Sviluppo Economico «tutte le garanzie»
perché Grifa possa rilevare dalla Fiat lo stabilimento di Termini Imerese; e
dallo stesso ministero sono arrivate in più occasioni rassicurazioni sulla
solidità della cordata.
Grifa è una spa fondata nello scorso aprile, che non ha
finora mai prodotto un'auto e che comprende un paio di ex dirigenti Fiat
dell'era pre-Marchionne; si è offerta di rilevare lo stabilimento siciliano
della Fiat, chiuso dal novembre 2011, per produrre auto ibride ed elettriche a
partire dal 2016. Grifa investirebbe 100 milioni di euro, cui se ne dovrebbero
aggiungere altri 250 di fondi pubblici. Dei 100 milioni promessi di Grifa, 25
sono il capitale sociale dell'azienda; gli altri 75 milioni dovrebbero arrivare
appunto dal brasiliano Banco de Rio de Janeiro (Brj), guidato da Luiz Augusto
de Queiroz.
Dopo l'incontro di lunedì al Mise, i rappresentanti
sindacali hanno dichiarato che il sottosegretario Claudio De Vincenti «ha reso
noto che è pervenuta al ministero la lettera dell'istituto di credito
brasiliano». In realtà Marcello Gianferotti, procuratore del Brj basato in
Svizzera, ribatte che «dal ministero e da Grifa non sono ancora arrivati tutti
i chiarimenti che abbiamo chiesto». Mancano, in particolare, «garanzie sulla
composizione del cda e sul fatto che i 25 milioni di Grifa siano soldi veri».
«Se entro venerdì non avremo garanzie – conclude – lunedì l'investimento
salta». Lunedì è previsto al Mise il prossimo incontro.
Di per sé il Brj – un piccolo istituto di credito
immobiliare – non ha mezzi enormi. Secondo documenti consultati dal «Sole 24
Ore», a fine 2013 la banca aveva attività totali per 180 milioni di reais (meno
di 60 milioni di euro); il valore del capitale sociale più riserve era di circa
7 milioni di euro, appena superiore - scrive la relazione di gestione - al
limite minimo fissato dal Banco Central do Brasil. L'ammontare del presunto
investimento in Italia, dunque, è superiore al totale dell'attivo della banca.
Secondo Gianferotti «dopo la fusione con l'immobiliare Santa Carolina il
patrimonio è salito a 386 milioni di reais», e compresi i fondi in gestione
arriviamo a 1,5 miliardi – poco meno di 500 milioni di euro. Non solo. Nel loro
rapporto stilato il 26 marzo 2014 i revisori della Audipec parlano di
«situazione di ridotta liquidità» del Brj e di «necessità di realizzare un
piano di recupero finanziario». Il Brj è una banca piccola, insomma, non priva
di problemi, e che sembra in tutt'altre faccende affaccendata rispetto al
presunto dossier italiano.
E il medium citato all'inizio? È lo stesso presidente della
banca, Luiz Augusto de Queiroz, il quale non è solo un banchiere: presiede
infatti a Rio de Janeiro l'Associazione Padre Pio, un'associazione
«spiritualista olocentrica (sic) culturale e assistenziale», un'associazione
che promuove una sorta di sincretismo religioso (tutt'altro che raro in
Brasile); Queiroz vanterebbe, come riporta la rivista indipendente Istoé, anche
doti di medium. Forse sono queste ad avergli permesso di individuare il
business italiano.
http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-11-12/per-termini-imerese-cavaliere-senza-fondi-063928.shtml?uuid=ABNXdwCC
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