Giornata di
proteste e scontri in Messico, dopo l’annuncio del massacro di 43 studenti
“desaparecidos” di Iguala ad opera di tre sicari del gruppo narcos Guerreros
Unidos. Nella capitale alcuni giovani hanno assaltato la sede del governo,
mentre il presidente Enrique Pena Nieto si apprestava a partire per un
viaggio di sei giorni tra Cina e Australia, lasciando un Paese in
grande fibrillazione. La protesta si è scatenata sabato sera a Città del
Messico. Dopo un corteo massiccio per le strade della capitale, per chiedere la
verità sul massacro, una ventina di persone a volto coperto hanno assaltato il Palazzo
Nazionale, sede della presidenza, tentando di forzare l’ingresso e
lanciando bottiglie molotov, che hanno provocato un incendio, poi spento
dall’intervento – tardivo – della polizia, che non presidiava la zona. Poi,
sempre all’ingresso dell’edificio, è comparsa una scritta “li vogliamo vivi“.
Qualche ora prima, nella capitale dello Stato di Guerrero, dove gli
studenti erano scomparsi lo scorso 26 settembre, circa 300 ragazzi hanno
bruciato una decina di auto davanti alla sede del governo regionale, rompendo i
vetri della facciata.
La nuova fase della rivolta è all’indomani dell’annuncio, da parte del procuratore generale Jesus Murillo Karam, dell’uccisione dei 43 studenti da parte dei narcos, con i corpi bruciati, alcuni mentre erano ancora vivi, in una discarica. Lo stesso Karam aveva riferito che erano stati i tre presunti sicari a confessare il massacro. Formalmente, però, gli studenti restano “desaparecidos” finché non si potranno identificare i loro resti, operazione complicata perché gli assassini hanno spezzettato le ossa.
I familiari
delle vittime, tuttavia, non credono alla versione ufficiale, pretendono le
prove e attaccano il presidente Pena Nieto, accusato di non aver mantenuto la
sua promessa di fare chiarezza. Il capo dello Stato è stato criticato per non
aver accettato che l’inchiesta sia seguita dalla Corte Interamericana dei
Diritti Umani, e si è insinuato che volesse chiudere la faccenda in fretta
e furia prima di partire per una tournée diplomatica in Cina e Australia, dove
parteciperà ai vertici dell’Apec a Pechino e del G20 a Brisbane.
Proprio stamane Nieto è partito per Pechino, lasciandosi alle spalle per qualche giorno la peggiore crisi dal suo insediamento nel 2012, che ha squarciato un velo sulla collusione tra autorità politiche, polizia e crimine organizzato. Secondo le autorità federali, gli studenti sarebbero stati rapiti e poi uccisi su iniziativa dell’ex sindaco di Iguala, José Luis Abarca, e di sua moglie, Maria de Los Angeles Pineda, sorella di tre trafficanti di droga molto noti. La coppia, in seguito arrestata, secondo gli inquirenti temeva che l’arrivo in città degli studenti disturbasse un evento pubblico promosso dallo stesso Pineda.
La rabbia è
scoppiata anche nello Stato di Guerrero. Studenti della Escuela Normal
de Ayotzinapa hanno dato fuoco ad alcuni veicoli e fatto irruzione nella
sede del governo di Chilpancingo. Oltre un migliaio di studenti con
il volto coperto sono entrati nella sede delle autorità locali armati di pietre
e bastoni, hanno mandato i vetri in frantumi, scritto slogan sui muri e dato
fuoco ad alcuni veicoli. “Vivi li hanno portati via e vivi li vogliamo”,
recitava una delle scritte lasciate dai manifestanti. “I miei fratelli vengono
assassinati e tu mi dici di stare tranquillo”, si leggeva su un’altra.
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