venerdì 16 luglio 2021

pc 16 giugno - VIAGGIO DI DRAGHI/CARTABIA AL CARCERE DELLE TORTURE - A COSA E' SERVITO?

Le dichiarazioni più ipocrite ad uso propagandistico sono proprio nelle misure annunciate di "riforma" carceraria, che dovevano essere attuate indipendentemente dalle violenze/torture contro i detenuti in Santa Maria Capua Vetere; altrimenti si ammette che solo le mattanze hanno posto l'inderogabilità di questi provvedimenti. 

Presentate invece come risposta alla mattanza del carcere di Santa Maria Capua Vetere - come di altri carceri, non lo dimentichiamo - servono solo a derubricare la mattanza come uno dei tanti problemi esistenti nelle carceri; non vengono date risposte alle violenze e torture (gli agenti solo sospesi e non arrestati, nessun  provvedimento ancora verso dirigenti dell'amministrazione penitenziaria, nessun Ministro che si è dimesso...) come alle richieste dei detenuti (indulto, amnistia subito...), declassificano le violenze a responsabilità individuali, fino a mettere sulla stessa bilancia "i fatti documentati dalle indagini" e gli agenti penitenziari, verso cui Draghi "manifesta un sentimento di rispetto e fiducia verso il corpo della penitenziaria...", aggiungendo che i fatti accaduti hanno "scosso nel profondo la coscienza degli agenti della polizia penitenziaria  che lavorano con fedeltà in questo carcere...", lanciando così un amo a Salvini e alla Lega.

Ma tornando alle proposte di riforma (in sè necessarie e urgenti da tempo), che c'entra la mancanza di agenti con la mattanza? Lì ad aprile c'erano fin troppi agenti e altri corpi repressivi; che c'entrano gli spazi e nuove strutture? I detenuti a Santa Maria Capua Vetere non sono certo stati massacrati perchè stavano in spazi angusti...

Un viaggio, quindi, che per il governo è servito soprattutto a riprendere il controllo politico, a normalizzare, a far rientrare, a rimettere il coperchio, piuttosto che a scoperchiare...

Riportiamo stralci dall'articolo di Domani, condivisibili nella denuncia/smascheramento di questo tour

di Draghi/Cartabia nel carcere delle torture.

"Il tour conoscitivo nell'istituto del pestaggio di stato si chiude con la condanna delle violenze, la denuncia del sovraffollamento, la necessità di pene alternative e altre osservazioni generali che avrebbe potuto fare anche in assenza della mattanza. Un magro epilogo per un evento preparato in ogni dettaglio.

Per l'occasione l'istituto è stato tirato a lucido. Il carcere profumato, hanno lavato pavimenti, pulito i parti, abbellito il giardino. «L'istituto di pena sembra un villaggio turistico, lindo e pinto, per il grande evento. I problemi c'erano ieri e ricominciano domani», dice la garante dei detenuti di Caserta, non invitata.

Il presidente del Consiglio e la ministra arrivano a metà pomeriggio. Il governo ha così scelto di andare a vedere il carcere prima di riferire in parlamento sulle violenze. L’evento è stato curato nei dettagli. A partire dal tenore comunicativo, ispirato a una regola aurea dichiarata fin dall’inizio: nessuna domanda. I cronisti vengono catechizzati preventivamente al telefono. «Alla fine non ci sarà spazio per quesiti, ma solo per comunicazioni del presidente e della ministra», chiariscono gli uffici stampa. E le domande? «Oggi è la giornata dell’ascolto», rispondono. Non vogliono sbavature, polemiche, spettacolarizzazioni salviniane. Il canovaccio è scritto per evitare sorprese e prevede, per il finale, annunci importanti della ministra. La stampa viene sistemata sotto gazebo da campeggio a 15 metri dal palchetto dove parlano i rappresentanti del governo...

La strada che conduce al penitenziario è lastricata non di buoni propositi, ma di buche. Prima dell'ingresso, sulla sinistra, svetta l'impianto di trattamento dei rifiuti che porta sciami di zanzare e un lezzo insopportabile quando si alza il vento. Sulla destra c'è la superstrada che costeggia il muro con il filo spinato, dietro una discarica di pattume. Dentro il carcere l'acqua non c'è, perché non c'è mai stata la rete idrica. «Ogni anno promettono l'avvio di una gara di appalto, ma poi non cambia niente», dice Pietro Ioia, garante dei detenuti di Napoli e conferimento delle prime denunce da parte dei familiari dopo il pestaggio di massa del 6 aprile del 2020...

Nelle parole di chi attende i colloqui c'è lo stupore per quelle immagini e la paura che nessuno paghi. Il 6 aprile dello scorso anno 300 agenti della penitenziaria sono entrati in carcere, molti muniti di casco e non identificabili, e hanno massacrato di botte, per oltre quattro ore, i detenuti del reparto Nilo, che ospita per buona parte tossicodipendenti e anche una sezione di pazienti con problemi di salute mentale...

Quando inizia la visita all’istituto dai gazebo si sente qualche applauso e le urla dei detenuti. «Fuori, fuori», gridano, e poi «Draghi, Draghi», ma non è possibile avvicinarsi. Il presidente e la ministra entrano anche nel reparto Nilo, il teatro dell’orribile mattanza. I detenuti dalle celle chiedono pene alternative, gli agenti penitenziari di non processare l’intero corpo. La visita dura circa un’ora, poi ministra e presidente escono per le attese comunicazioni...

La presentazione delle autorità spetta alla direttrice dell’istituto, Elisabetta Palmieri, che sale sul palco e parla di speranza e di «giornata speciale». È la stessa direttrice che non c’era il giorno del pestaggio, che non è indagata ma ha continuato a difendere la catena di comando, a credere alla tesi dei depistatori e a dire di Lamine Hakimi che «era strafatto». Lamine è morto dopo il pestaggio, che è stato seguito da un periodo di isolamento ingiustificato e accompagnato dall’assunzione di un mix di oppiacei. Ma lo scorso ottobre la direttrice ha raccontato a Domani un’altra storia, evocando «bastoni e olio bollente» usati dai detenuti contro gli agenti. I bastoni e l’olio erano soltanto false prove costruite per giustificare la spedizione punitiva. 

Palmieri lascia la parola a Draghi e poi a Cartabia. Finite le comunicazioni i giornalisti provano ad avvicinarci, ma un cordone di sicurezza proibisce ogni tipo di contatto. Cosa ne pensa il governo dell’introduzione del codice identificativo? Perché non ha riferito in parlamento? E perché nulla è stato fatto prima degli arresti disposti dal giudice? Ancora una volta il governo ha scelto di non rispondere."

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