Da Internazionale
Tutti i posti di lavoro persi dopo lo sblocco dei licenziamenti
Angelo Mastrandrea, giornalista - 14.7.21
Presidio dei lavoratori della Gkn contro i licenziamenti |
Tredici chilometri e un solo giorno separano i licenziati della Henkel a Lomazzo da quelli della Gianetti Ruote a Ceriano Laghetto. In questo lembo di pianura brianzola l’accordo tra sindacati
confederali e Confindustria per mitigare l’impatto dello sblocco dei licenziamenti, firmato la sera del 29 giugno 2021 a palazzo Chigi, è come se non fosse mai stato siglato. La multinazionale tedesca dei detersivi non ha aspettato neppure che entrasse in vigore: il 30 giugno 2021 ha chiuso in via definitiva lo stabilimento inaugurato nel 1933, come aveva già annunciato a febbraio. Dal giorno dopo sono rimasti senza lavoro 81 dipendenti, 14 della società che produceva i flaconi di plastica, 15 tra autotrasportatori e magazzinieri, 21 facchini, 13 addetti di una piccola compagnia di manutenzione, sei elettricisti, tre addetti al servizio mensa e altri sette al portierato.La fabbrica produceva cerchioni per le moto della Harley-Davidson e per i camion della Volvo e dell’Iveco, aveva cambiato diverse volte proprietà finendo poi nelle mani di un fondo tedesco, Quantum capital partners. In un’email di otto pagine inviata ai sindacati, i proprietari hanno spiegato che la crisi dell’azienda è “strutturale”, il covid-19 ha peggiorato la situazione e pertanto “il business non è più redditizio”.
Tra i sindacalisti serpeggia il timore che le modalità di licenziamento e le motivazioni potrebbero diventare un prototipo da seguire per tutte le aziende finite nelle mani di fondi di investimento internazionali che ora, venuti meno i vincoli di legge, non avranno difficoltà a decidere di dirottare altrove i loro capitali.
Sembra andare in crisi la strategia del governo di provare a diluire una crisi considerata inevitabile
A confermare i sospetti, il 9 luglio è arrivato il licenziamento dei 422 dipendenti della Gkn Driveline, una fabbrica di componenti per auto a Campi Bisenzio, vicino a Firenze. Lo stabilimento era stato costruito dalla Fiat ed è stato acquistato nel 2018 dal fondo di investimenti britannico Melrose. Come alla Gianetti Ruote, i lavoratori sono stati avvisati con un’email di posta certificata, dopo essere stati messi in ferie forzate per un giorno.
“Da informazioni che abbiamo raccolto pare che la fabbrica voglia delocalizzare, nonostante gli investimenti sui macchinari e sull’automatizzazione dello stabilimento fiorentino”.
Il ministro del lavoro Andrea Orlando ha bollato come “inaccettabile” la modalità del licenziamento, ma si tratta di una possibilità prevista dal jobs act voluto dal governo di Matteo Renzi nel 2016...
Chiusure a sorpresa come quelle della Gianetti Ruote e della Gkn rendono ardua ogni previsione e mettono in crisi sia il cosiddetto “avviso comune” tra sindacati e Confindustria sia la strategia dell’esecutivo di provare a governare con accordi caso per caso.
Secondo le stime dell’ufficio parlamentare di bilancio, alla fine dell’estate i licenziamenti potrebbero essere tra i 30mila e i 70mila, contro i 300-400mila previsti alla vigilia dello sblocco e il mezzo milione ipotizzato nell’ultimo rapporto della Banca d’Italia. “C’è una tendenza al miglioramento molto forte che non fa supporre una carenza di domanda di lavoro, che anzi tira”, ha commentato in maniera ottimistica il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. La Commissione europea ha stimato una crescita del 5 per cento per il 2021, “cifre da boom economico” secondo il commissario all’economia Paolo Gentiloni, che potrebbero aiutare a riassorbire almeno in parte i posti che andranno in fumo.
I primi dieci giorni dopo lo sblocco non inducono allo stesso ottimismo. Un’ulteriore conferma arriva dal ministero dello sviluppo economico, dove sono tuttora aperti 99 tavoli di crisi, con 55.817 posti di lavoro in ballo. Nonostante la cassa integrazione pagata dal governo, la Abb – una multinazionale svedese che produce impianti elettronici – ha annunciato la chiusura della fabbrica di Marostica, nel vicentino. La produzione sarà spostata in Bulgaria e 60 operai perderanno il lavoro. La Whirlpool ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo per 350 lavoratori dello stabilimento di Napoli.
L’epicentro della crisi lavorativa è nella Lombardia da cui proviene Bonomi, il principale sostenitore della riapertura alle regole di mercato senza vincoli. A Segrate, un comune alla periferia orientale di Milano, è stato registrato il primo licenziato dopo l’emergenza covid-19. Alessandro Cambarau, 51 anni, dipendente dell’azienda di riduttori FLSmidth Maag Gear aveva perso la vista a causa di una grave malattia, ma è stato mandato lo stesso a casa: la mattina del 1 luglio un messaggio gli è stato lasciato sul telefono da una voce automatica.
Lo stesso giorno, all’aeroporto milanese di Malpensa ci si attendeva il primo licenziamento di massa dell’era post-covid, quello dei 1.350 dipendenti di Air Italy, lasciati a terra dalla crisi sanitaria e prima ancora da una gestione poco accorta. All’ultimo minuto i lavoratori si sono invece visti rinnovare per sei mesi la cassa integrazione. Ancora meglio è andata alla Teva di Bulciago, nel lecchese, dove i 109 dipendenti hanno ottenuto una proroga degli ammortizzatori sociali per un anno, anche se la multinazionale israeliana della farmaceutica ha fatto sapere che chiuderà non solo l’impianto lecchese ma anche quello di Nerviano, vicino Milano, che impiega altre 360 persone.
I licenziati più recenti dopo la fine del blocco si trovano a Verrès, in Valle d’Aosta. La Shiloh, una fabbrica di stampati in alluminio per automobili, è stata appena acquistata dalla Teksid, un’azienda del gruppo Stellantis (la ex Fiat). “Ci siamo trovati davanti a un bivio, o la chiusura con 70 licenziamenti oppure provare a mantenere la produzione con un nuovo gruppo”, ha spiegato il segretario della Fiom-Cgil Valle d’Aosta Fabrizio Grazioli. Appena insediati, i nuovi proprietari hanno mandato a casa dodici persone.
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