giovedì 15 luglio 2021

pc 15 luglio - VIA LIBERA AI LICENZIAMENTI... MINISTRO DEL LAVORO, GOVERNO, CGIL, CISL, UIL FANNO I FINTI TONTI

Sono l'anticamera di licenziamenti di massa che stanno colpendo soprattutto le fabbriche e che aumenteranno di giorno in giorno, per la legge del capitale: meno operai, meno costi, più sfruttamento, meno salari, più profitti.
I padroni, a partire da quelli delle multinazionali, fanno i loro conti e delocalizzano.
Utilizzano lo sblocco dei licenziamenti, come altre leggi a loro favore già esistenti.
L'osceno Ministro del Lavoro, Orlando, si lamenta solo e soprattutto delle modalità dei licenziamenti (benchè lui stesso ammette che non sono tanto anomali ma previste dal jobs act), e coglie l'occasione, sulla pelle di centinaia (per ora) di lavoratori e lavoratrici che da un giorno all'altro perdono tutto, per confermare la giustezza dello sblocco dei licenziamenti.
Intanto il governo Draghi continua a dare soldi, tanti soldi, in varie forme, ai padroni
Cgil, Cisl, Uil, in testa Landini, fanno da controcanto del governo, rivendicando, alla faccia della dura realtà, l'accordo che ha dato l'ok ai licenziamenti, con la copertura ipocrita di una cassaintegrazione per altre 13 settimane gratis per le aziende, che se la utilizzano non potrebbero licenziare, e l'"avviso comune" con la Confindustria per "governare" caso per caso (che si traduce in "giustificare" caso per caso le "scelte inevitabili" dell'azienda).
I Padroni, Bonomi loro principale rappresentante, vanno a tappe forzate per la loro strada, facendo carta straccia dei richiami del governo come di inutili "accordi", e sapendo di poterlo benissimo fare.

E' in questa situazione che va rivista e cambiata la linea e la prassi di lotta degli operai soprattutto delle fabbriche, per rispondere alla guerra di padroni, governo con la guerra di "classe" dei lavoratori.

 
Da Internazionale

Tutti i posti di lavoro persi dopo lo sblocco dei licenziamenti

Angelo Mastrandrea, giornalista - 14.7.21

Campi Bisenzio, stabilimento della Gkn Driveline, 9 luglio 2021. Il presidio dei lavoratori contro i licenziamenti di tutti i 422 dipendenti. - Aleandro Biagianti, Agf
Presidio dei lavoratori della Gkn contro i licenziamenti 

Tredici chilometri e un solo giorno separano i licenziati della Henkel a Lomazzo da quelli della Gianetti Ruote a Ceriano Laghetto. In questo lembo di pianura brianzola l’accordo tra sindacati

confederali e Confindustria per mitigare l’impatto dello sblocco dei licenziamenti, firmato la sera del 29 giugno 2021 a palazzo Chigi, è come se non fosse mai stato siglato. La multinazionale tedesca dei detersivi non ha aspettato neppure che entrasse in vigore: il 30 giugno 2021 ha chiuso in via definitiva lo stabilimento inaugurato nel 1933, come aveva già annunciato a febbraio. Dal giorno dopo sono rimasti senza lavoro 81 dipendenti, 14 della società che produceva i flaconi di plastica, 15 tra autotrasportatori e magazzinieri, 21 facchini, 13 addetti di una piccola compagnia di manutenzione, sei elettricisti, tre addetti al servizio mensa e altri sette al portierato.

Per poche ore tutti loro non finiranno nelle statistiche dei posti di lavoro persi dopo lo sblocco dei licenziamenti, cominciato il 1 luglio. Ci finiranno invece gli 88 operai, i 15 addetti alla logistica e altrettanti alla manutenzione, i due dipendenti del comparto qualità e i 31 impiegati della Gianetti Ruote. Alle cinque di pomeriggio di venerdì 2 luglio, al termine dell’ultimo turno di lavoro settimanale, l’azienda gli ha mandato un’email stringata con oggetto “chiusura dello stabilimento”. 
La fabbrica produceva cerchioni per le moto della Harley-Davidson e per i camion della Volvo e dell’Iveco, aveva cambiato diverse volte proprietà finendo poi nelle mani di un fondo tedesco, Quantum capital partners. In un’email di otto pagine inviata ai sindacati, i proprietari hanno spiegato che la crisi dell’azienda è “strutturale”, il covid-19 ha peggiorato la situazione e pertanto “il business non è più redditizio”.

Tra i sindacalisti serpeggia il timore che le modalità di licenziamento e le motivazioni potrebbero diventare un prototipo da seguire per tutte le aziende finite nelle mani di fondi di investimento internazionali che ora, venuti meno i vincoli di legge, non avranno difficoltà a decidere di dirottare altrove i loro capitali.

Sembra andare in crisi la strategia del governo di provare a diluire una crisi considerata inevitabile

A confermare i sospetti, il 9 luglio è arrivato il licenziamento dei 422 dipendenti della Gkn Driveline, una fabbrica di componenti per auto a Campi Bisenzio, vicino a Firenze. Lo stabilimento era stato costruito dalla Fiat ed è stato acquistato nel 2018 dal fondo di investimenti britannico Melrose. Come alla Gianetti Ruote, i lavoratori sono stati avvisati con un’email di posta certificata, dopo essere stati messi in ferie forzate per un giorno.

“Da informazioni che abbiamo raccolto pare che la fabbrica voglia delocalizzare, nonostante gli investimenti sui macchinari e sull’automatizzazione dello stabilimento fiorentino”. 

Il ministro del lavoro Andrea Orlando ha bollato come “inaccettabile” la modalità del licenziamento, ma si tratta di una possibilità prevista dal jobs act voluto dal governo di Matteo Renzi nel 2016...

Chiusure a sorpresa come quelle della Gianetti Ruote e della Gkn rendono ardua ogni previsione e mettono in crisi sia il cosiddetto “avviso comune” tra sindacati e Confindustria sia la strategia dell’esecutivo di provare a governare con accordi caso per caso.

Secondo le stime dell’ufficio parlamentare di bilancio, alla fine dell’estate i licenziamenti potrebbero essere tra i 30mila e i 70mila, contro i 300-400mila previsti alla vigilia dello sblocco e il mezzo milione ipotizzato nell’ultimo rapporto della Banca d’Italia. “C’è una tendenza al miglioramento molto forte che non fa supporre una carenza di domanda di lavoro, che anzi tira”, ha commentato in maniera ottimistica il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. La Commissione europea ha stimato una crescita del 5 per cento per il 2021, “cifre da boom economico” secondo il commissario all’economia Paolo Gentiloni, che potrebbero aiutare a riassorbire almeno in parte i posti che andranno in fumo.

I primi dieci giorni dopo lo sblocco non inducono allo stesso ottimismo. Un’ulteriore conferma arriva dal ministero dello sviluppo economico, dove sono tuttora aperti 99 tavoli di crisi, con 55.817 posti di lavoro in ballo. Nonostante la cassa integrazione pagata dal governo, la Abb – una multinazionale svedese che produce impianti elettronici – ha annunciato la chiusura della fabbrica di Marostica, nel vicentino. La produzione sarà spostata in Bulgaria e 60 operai perderanno il lavoro. La Whirlpool ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo per 350 lavoratori dello stabilimento di Napoli. 

L’epicentro della crisi lavorativa è nella Lombardia da cui proviene Bonomi, il principale sostenitore della riapertura alle regole di mercato senza vincoli. A Segrate, un comune alla periferia orientale di Milano, è stato registrato il primo licenziato dopo l’emergenza covid-19. Alessandro Cambarau, 51 anni, dipendente dell’azienda di riduttori FLSmidth Maag Gear aveva perso la vista a causa di una grave malattia, ma è stato mandato lo stesso a casa: la mattina del 1 luglio un messaggio gli è stato lasciato sul telefono da una voce automatica.

Lo stesso giorno, all’aeroporto milanese di Malpensa ci si attendeva il primo licenziamento di massa dell’era post-covid, quello dei 1.350 dipendenti di Air Italy, lasciati a terra dalla crisi sanitaria e prima ancora da una gestione poco accorta. All’ultimo minuto i lavoratori si sono invece visti rinnovare per sei mesi la cassa integrazione. Ancora meglio è andata alla Teva di Bulciago, nel lecchese, dove i 109 dipendenti hanno ottenuto una proroga degli ammortizzatori sociali per un anno, anche se la multinazionale israeliana della farmaceutica ha fatto sapere che chiuderà non solo l’impianto lecchese ma anche quello di Nerviano, vicino Milano, che impiega altre 360 persone. 

I licenziati più recenti dopo la fine del blocco si trovano a Verrès, in Valle d’Aosta. La Shiloh, una fabbrica di stampati in alluminio per automobili, è stata appena acquistata dalla Teksid, un’azienda del gruppo Stellantis (la ex Fiat). “Ci siamo trovati davanti a un bivio, o la chiusura con 70 licenziamenti oppure provare a mantenere la produzione con un nuovo gruppo”, ha spiegato il segretario della Fiom-Cgil Valle d’Aosta Fabrizio Grazioli. Appena insediati, i nuovi proprietari hanno mandato a casa dodici persone.

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