Riprendiamo dal testo di Lenin "L'imperialismo fase suprema del capitalismo"
CAPITALE FINANZIARIO E
OLIGARCHIA FINANZIARIA
Nel Terzo capitolo de
L'Imperialismo, Lenin approfondisce il dominio del capitale
finanziario - effetto della crescente concentrazione della produzione
e del capitale, della fusione dei monopoli con le banche - e, come a
questo corrisponde “nell'ambito generale
della produzione di merci e della proprietà privata... al dominio
dell'oligarchia finanziaria”.
Questo processo, resosi
negli anni sempre più chiaro ed evidente, allora come oggi, trova
tanti rappresentanti della scienza borghese, economica e non,
impegnati ad occultarlo o a farne l'apologia. Sono tutti pronti ad
abbellire quello che Lenin chiama “il
meccanismo della formazione dell'oligarchia, i suoi metodi, l'entità
delle sue entrate, lecite come “illecite”, la sua collusione con
i parlamenti”. Eppure, Lenin dice che “il
dominio mostruoso dell'oligarchia finanziaria salta agli occhi”.
Oggi a distanza di tanto
tempo dallo scritto di Lenin, questo appare evidente quando si parla
e si critica il dominio dei finanzieri, lo strapotere delle Banche,
così come il concetto di oligarchia
finanziaria è abbastanza
utilizzato, ma senza mai individuarlo come carattere essenziale del
sistema dell'imperialismo, processo strutturale venuto a compimento
da quasi un secolo che può essere “superato” solo e
semplicemente se se ne comprende l'essenza.
L'oligarchia finanziaria,
peraltro, controlla con un sistema di “scatole cinesi” enormi
capitali ed enormi gruppi industriali, veri e propri imperi che il
sistema delle società per azioni, e tutte le sue sofisticazioni,
permettono di formarsi e consolidarsi, comporsi e ricomporsi.
Oggi è meno diffuso del
passato, ma sempre presente, l'idea della “democratizzazione del
sistema”, possibile da raggiungere con leggi che favoriscano la
piccola produzione, l'azionariato popolare, il controllo.
Lenin già qui taglia
corto con questi sofismi borghesi e opportunismi pseudo
socialdemocratici, affermando come la legislazione che permette
azioni sempre più piccole è solo un mezzo per rastrellare risparmi
e capitali per “accrescere la potenza dell'oligarchia
finanziaria” e non certo per democratizzarla.
“Il sistema di
partecipazione – dice Lenin – non
soltanto serve ad accrescere enormemente la potenza dei monopolisti,
ma permette anche di manipolare ogni sorta di loschi e luridi affari
e di frodare il pubblico attraverso un sistema di responsabilità che
permette ai veri padroni dell'impero di poter fare ciò che
vogliono”.
Nel libro “Ilva la
tempesta perfetta” dedicato a Riva esiste una descrizione
dettagliata di quell'impero costruito da Riva stesso che lo
metterebbe al riparo dai danni prodotti dal sistema produttivo e,
nello stesso tempo, metterebbe al riparo i capitali accumulati
dall'inchiesta giudiziaria che lo riguarda. Questa è una chiara
dimostrazione di ciò che Lenin descrive. Cosa che si ritrova anche
nelle pagine dedicate dal libro ad un precedente processo, nel quale
di fronte alla denunce degli effetti della gestione dell'Ilva, il
patron di questa grande aziende dice: “Io? Ma io non sono padrone
neanche di un cane”.
Lenin nel libro usa un
esempio tratto da un fascicolo della Die Bank che vale la pena di
trascrivere interamente perchè spiega in maniera chiara e
comprensibile ai nostri lettori operai e proletari, come questo
processo avveniva, ed avviene tuttora:
"La Società
anonima per l'industria dell'acciaio per molle di Kassel, fino a poco
tempo fa era ritenuta una delle imprese più redditizie della
Germania. La sua cattiva amministrazione condusse le cose a tal punto
che i dividendi caddero dal 15% a zero. L'amministrazione, senza che
gli azionisti ne sapessero nulla, aveva fatto un prestito di sei
milioni ad una sua " società figlia", la
Hassia, Il cui capitale nominale non ammontava che a poche centinaia
di migliaia di marchi. Di questo prestito, che costituiva quasi il
triplo del capitale azionario della "società madre", non
v'era traccia nel bilancio di quest'ultima; e contro tale
occultamento non si poteva sollevare la minima eccezione giuridica,
sicché esso poté essere continuato per due anni, non violando
nessuna disposizione del codice di commercio. Il presidente del
Consiglio di amministrazione, che firmò sotto la sua responsabilità
i bilanci falsi, era ed è presidente della Camera di commercio di
Kassel. Gli azionisti furono messi a conoscenza del prestito fatto
alla Hassia soltanto quando esso già da lungo tempo era risultato un
"errore" [l'autore avrebbe dovuto mettere questa parola tra
virgolette] e quando le azioni della Società dell'acciaio per molle,
in seguito alla vendita fattane da coloro che erano a conoscenza
della cosa, ebbero perduto, nelle quotazioni, circa il cento per
cento.
"Questo esempio caratteristico
di equilibrio nei bilanci, che è consueto nelle società per azioni,
lascia intendere perché mai le amministrazioni delle società per
azioni, in generale, si incaricano di affari rischiosi, a cuor
leggero, assai più dei privati imprenditori. La moderna tecnica
della estensione dei bilanci non solo rende loro agevole di occultare
ai comuni azionisti gli affari rischiosi intrapresi, ma permette
inoltre ai principali interessati di sottrarsi alle conseguenze di un
esperimento fallito col vendere a tempo le loro azioni, mentre il
privato imprenditore sopporta sulla propria pelle le conseguenze di
quel che fa ...
"... I bilanci di molte società
per azioni rassomigliano a quei noti palinsesti medioevali, nei quali
si deve prima cancellare la scrittura visibile per poter decifrare i
segni che stanno sotto di essa e che formano il vero contenuto del
manoscritto ...
"... Il mezzo più semplice, e
quindi più spesso adoperato, per rendere impenetrabile un bilancio
consiste nello scindere un'azienda unitaria in più parti sotto forma
di costituzione o aggregazione di "società figlie". Sono
così evidenti i vantaggi offerti da tal sistema per i più svariati
scopi -legali e illegali- che ormai si possono considerare come
eccezioni le società, alquanto cospicue, che non lo abbiano accolto"
In particolare, analizza
come operano nella pratica i grandi monopoli per realizzare i loro
obiettivi.
Scrive, quindi, Lenin:
“Tutte le norme di controllo, di pubblicazione, di bilanci...,
di Istituti di sorveglianza, ecc... non hanno alcun valore”, se
non quello di difendere e abbellire il capitalismo e tradurre
nell'interesse dei grandi capitalisti la legge “la proprietà
privata è sacra. Non si può proibire ad alcuno di comprare,
vendere, barattare, impegnare, ecc. azioni”.
La natura del capitale
finanziario e l'agire dell'oligarchia finanziaria, può essere anche
in alcuni aspetti diversa in diversi paesi imperialisti, ma i
risultati sono identici.
Lenin irride a coloro che,
nel descrivere il sistema, dividono “i capitali bancari secondo
che vengono impiegati “produttivamente” (commercio e industria) o
“speculativamente” (nelle operazioni di Borsa e finanziarie)”,
evidenziando come si tratti di una concezione riformista, piccolo
borghese, che crede veramente che permanente il capitalismo, si
potrebbero separare l'uno dall'altro questo tipo di investimento di
capitale ed eliminare il secondo.
Tutte le lamentele di
questo genere, che si trovano anche nelle formazioni sindacali e
politiche alternative a quelle ufficiali sono solamente un modo per
confondere e oscurare agli occhi dei proletari e delle masse popolari
la natura del sistema e per indirizzare le lotte dei lavoratori nel
vicolo cieco della conservazione dello stesso.
La realtà è sempre
quella, invece. Un piccolo gruppo di grandi monopolisti attraverso il
sistema finanziario riesce a controllare l'intero sistema come una
'società madre' controlla le 'società figlie'.
Lenin, poi, attraverso
dati inconfutabili, mette in luce alcuni nodi che permettono di
decifrare in maniera chiara sia il dominio dei grandi paesi
capitalisti, sia lo sviluppo diseguale di essi, sia la maniera con
cui i grandi paesi capitalisti controllano e dominano l'economia dei
paesi dipendenti.
Il paese che esporta il
capitale si prende il meglio. E, quindi, chi esporta capitale domina
il capitale del paese in cui esporta. “il capitale finanziario,
concentrato in poche mani e godendo un monopolio di fatto, ritrae
redditi giganteschi e sempre maggiori da ogni fondazione di società
(cioè da ogni investimento
nell'appropriazione di altre aziende – ndr),
dall'emissione delle azioni, dai prestiti statali, ecc.”. E
attraverso questa azione che si “consolida l'egemonia delle
oligarchie finanziarie, imponendo a tutta la società una tributo a
favore dei detentori del monopolio”.
E' sempre attraverso
questo funzionamento di sistema che, ad esempio, i grandi trust
industriali e finanziari, con i loro investimenti, si appropriano e
controllano le materie prime e i territori in cui essi esistono.
Là dove - e qui Lenin fa
l'esempio della Francia – il dominio finanziario è essenzialmente
nelle mani dei trust delle grandi Banche, tutto il sistema funziona
come quello che Lenin definisce “un capitale usuraio
gigantesco”.
L'ascesa dell'imperialismo
e il dominio dell'oligarchia finanziaria hanno sostanzialmente
trasformato il capitalismo e trasformato “tutte le condizioni
della vita economica soggiacente”, sì da rendere – e qui
Lenin fa ancora riferimento alla Francia – “la Repubblica
francese una Repubblica finanziaria, in cui l'onnipotenza delle
grandi banche è assoluta e attraggono alla loro orbita il governo e
la stampa.”
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