venerdì 8 aprile 2016

pc 8 aprile - Il sistema di sfruttamento dei braccianti nelle campagne del sud è parte integrante del sistema capitalista dell'imperialismo italiano

Nella cronaca che riportiamo sotto, a parte la solita azione di pompieri della cgil subito pronti ad intervenire per spegnere la protesta, notiamo che la giornalista, stupita, mette in evidenza come:
"l'importanza della protesta di sabato mattina è stata data dal fatto che è stata organizzata autonomamente dai braccianti agricoli e in unione tra loro. Non hanno scelto di procedere autonomamente uno alla volta contro la propria situazione lavorativa, ma si sono uniti per dimostrare quanto sia importante il loro ruolo nella coltivazione dei campi. E ci sono riusciti»

Chiaramente questo dimostra come le contraddizioni determinate dai profitti delle grandi centrali padronali della grande distribuzione, si riflettono sulle condizioni dei lavoratori  legati  alla filiera della produzione in particolare nei magazzini logistici e nella raccolta nei campi, dove l'esigenza dei lavoratori di organizzarsi nasce appunto dall'aumento dello sfruttamento dei lavoratori immigrati. E' lo stesso sistema imperialista che utilizza il razzismo per tenere divisi i lavoratori. 

Braccianti indiani occupano insieme i campi e ottengono gli stipendi arretrati

Uno stipendio più alto e il pagamento delle mensilità arretrate. Queste le richieste di 27 braccianti agricoli indiani che sabato mattina hanno deciso autonomamente di protestare contro il datore di lavoro. L'episodio è avvenuto a Borgo Vodice, in provincia di Latina, davanti alla sede della ditta per la quale lavorano. La manifestazione è stata delicata ed il risultato non semplice da portare a termine. I sikh, infatti, pur di essere ascoltati sono passati dalla protesta davanti ai cancelli dell'azienda ad una occupazione pacifica nella serra dove ogni giorno prestano la loro forza lavoro. Hanno passeggiato tra i campi chiedendo che la loro paga di 3,50 euro l'ora venisse alzata e venissero corrisposti loro i pagamenti dovuti.
Purtroppo, però, la manifestazione è durata poco: i braccianti sono stati cacciati dalle serre in malo modo e, in alcuni casi, sono anche stati aggrediti fisicamente, come certificato dalle successive segnalazioni rilasciate alla Polizia Locale di Terracina. È stato allora che gli indiani hanno chiamato Marco Omizzolo, presidente della cooperativa sociale In Migrazione e Dario D'Arcangelis, della Cgil e, allo stesso, tempo, si sono portati sul posto gli agenti della Polizia Locale. Accertata la situazione, è stato consigliato ai manifestanti di terminare la protesta: il messaggio, ormai, era stato lanciato. Fortunatamente, la mezza giornata di protesta non è andata a vuoto: i lavoratori sono stati in parte accontentati. La paga oraria è stata aumentata da 3,50 euro l'ora a 5,00 euro l'ora e i primi quindici lavoratori hanno visto arrivare 2.500 euro a testa di arretrati. Il datore di lavoro, inoltre, ha promesso di provvedere a breve con la corrispettivo di quanto dovuto ai restanti 12 lavoratori. «Finalmente i numerosi indiani sikh cominciano a non abbassare la testa e a far valere i propri diritti - spiega Marco Omizzolo -. Ma non è questa la vera notizia: l'importanza della protesta di sabato mattina è stata data dal fatto che è stata organizzata autonomamente dai braccianti agricoli e in unione tra loro. Non hanno scelto di procedere autonomamente uno alla volta contro la propria situazione lavorativa, ma si sono uniti per dimostrare quanto sia importante il loro ruolo nella coltivazione dei campi. E ci sono riusciti».

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