Di tutto questo se ne
frega Bono, l’ad come si dice adesso, cioè l’attuale amministratore delegato, mentre, in occasione del varo di una nave da crociera di qualche giorno
fa, vanta i contratti firmati con le grandi aziende, innanzi tutto la Carnival,
per miliardi di euro e lavori per almeno 10 anni.
E gli operai in tutto
questo è come se non esistessero, di tanto in tanto si “vedono” quando scatta
una lotta, dal nord al sud, che però non riesce né a bloccare l’azione del
padrone, né a incidere sull’azione sindacale, sia pur dei confederali, persi,
quando va bene, in mille chiacchiere con le quali tentano di addormentare gli
operai. In questo senso gli operai hanno tutto l’interesse e tutta
l’opportunità di riflettere sul loro futuro che non si presenta roseo, a
partire dalle dichiarazioni dello stesso Bono che a Delrio chiede aiuto e
ammodernamento dello stato, cioè soldi da un lato e ancora tagli ai diritti
degli operai dall’altro!
Secondo Bono questo il
governo lo deve fare perché la Fincantieri “è l’azienda manifatturiera più
importante del paese” (Bono sbaglia perché la prima è la ex Fiat oggi Fca di
Marchionne) ed è nelle mani dello Stato (attraverso la Cassa Depositi e Prestiti).
A sentir parlare Bono, come in occasione del varo di una delle navi da crociera
consegnata a Holland America Line, marchio di Carnival Corporation, gli operai
della Fincantieri vivono nel paese delle meraviglie; ha approfittato del varo,
infatti, per elencare i successi degli ultimi mesi: la finalizzazione di una
serie di contratti con il colosso americano per la costruzione di cinque navi
passeggeri di prossima generazione, per un valore complessivo di oltre 3
miliardi di euro… che insieme ad altri accordi portano a 30 miliardi di euro
gli investimenti di Carnival. E nel discorso ci mette tutta la retorica del
caso Bono: «Quando una nostra nave prende il mare, anche l'Italia va. E quando
costruiamo una nave, costruiamo un pezzo d'Italia. La nuova ammiraglia di una
flotta prestigiosa conferma la nostra leadership mondiale nella costruzione di
navi da crociera e il fatto che siamo una risorsa strategica per il paese,
visto che attiriamo investimenti esteri e portiamo lavoro e valore». Bono,
tanto per cambiare, “dimentica” che a costruire le navi non è lui e non sono
nemmeno i suoi tirapiedi con i quali si divide i grassi stipendi, ma gli operai
ai quali toglie e nega i diritti. Coglie l’occasione anche per rivolgere
addirittura “un accorato appello” all’attuale Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, Delrio presente alla cerimonia: «Nei
prossimi anni - prosegue - dobbiamo crescere del 50% e credo che questo non sia
facile. Sarà importante tenere conto che non
ci sono in Italia le condizioni ideali per fare il nostro mestiere: sarà
necessario fare qualcosa in futuro.” Guarda quale coerenza! Prima sbandiera i
risultati grazie al “paese” e poi dice che non ci sono le condizioni. Ma questo
ha un obbiettivo chiaro. Questo appello significa dateci ancora più soldi! E
tutto il vanto di un amministratore così bravo, tanto che sta diventando
inamovibile, si riduce a chiedere l’elemosina al governo che a sua volta è il
proprietario e dovrebbe pretendere non solo che l’azienda vada bene, ma che
versi i profitti nelle tasche dello Stato! E invece Delrio, visto che si tratta
di “Un management che ha appena presentato un piano industriale 2016-2020 - in
cui si assicura il ritorno all'utile già alla fine di quest'anno e la
distribuzione di un dividendo con il bilancio 2017, con un carico di lavoro
record che copre i cantieri fino al 2020 - e che ieri ha poi incassato gli
elogi del ministro.” (Sole24Ore 3 aprile), risponde in maniera cretina con
affermazioni di questo tipo: «L'Italia
sa che dall'economia del mare può trarre gli stimoli per la crescita.” Mah!
Quale sarebbe “l’economia del mare”? La Fincantieri sta già facendo la sua
parte e vuole ancora soldi; e allora la pesca? Ma per favore… e chiude con una
sviolinata di sapore “nazionalistico”: “Questa - ha detto Delrio riferendosi
alla nuova nave - è una grande opera
italiana, perché la regia è italiana.
E siamo particolarmente orgogliosi della fiducia riposta nel nostro paese, che
vuole ripartire dalle sue aziende». E quindi ha promesso l'impegno del governo.
«L'esecutivo è vicino a Fincantieri per i suoi progetti di sviluppo, sa che è
un'azienda centrale. Il gruppo - ha poi aggiunto - ci ha sottoposto dei
progetti e faremo in modo di aumentare
la capacità produttiva con degli investimenti infrastrutturali nei porti in
cui Fincantieri opera». Ancora investimenti! Già attraverso la Sace uno dei
“veicoli” del governo per dare soldi ai padroni, sia pubblici che privati, la
Fincantieri riceve una “garanzia” di 6,3 miliardi di euro… altro che valore del
management! È grazie anche a questi “aiuti di stato”, formalmente vietati dalle
leggi sulla concorrenza capitalistica che la Fincantieri può vantarsi di aver
acquisito, approfittando della crisi che ha indebolito altri produttori,
progetti per il rilancio. Un “rilancio” tanto atteso dagli operai di Palermo e
di Castellammare di Stabia che condividono la stessa condizione…
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