45mila euro a testa: Renzi e Gentiloni propogono una conciliazione alle vittime delle torture di Bolzaneto, che hanno fatto ricorso alla Corte di Strasburgo. Quasi tutte hanno rifiutato
di Checchino Antonini
Arrivano le prime risposte alla proposta che il governo italiano ha rivolto ad un gruppo di vittime dei pestaggi della caserma di Bolzaneto al G8 di Genova del 2001. Una proposta che in sostanza si articola così: vi diamo 45mila euro e voi ritirate ogni accusa e soprattutto il ricorso davanti alla corte europea dei diritti dell’uomo. Una proposta indecente. Perché nessuno ha mai chiesto scusa per le torture di Bolzaneto. Perché non c’è ancora una legge sulla torturanel nostro codice penale e quella che potrebbe essere sfornata sarebbe una medicina peggiore del male.
A proporre la “conciliazione amichevole”, procedura prevista dal regolamento della Corte Europea dei diritti umani, è stato il ministero degli Esteri con una lettera indirizzata alla seconda sezione della
Cedu, che a sua volta l’ha trasmessa ai ricorrenti. Nella missiva, inviata lo scorso dicembre, il governo Renzi/Alfano premette di non voler in nessun modo sminuire la «serietà e l’importanza degli episodi che si sono verificati nella caserma di Bolzaneto» e riconosce che «i gravi e deplorevoli crimini commessi dagli agenti di polizia costituiscono dei crimini» a cui «lo Stato italiano ha reagito in modo adeguato».
Così, un governo animato dalla forze politiche ostinatamente contrarie alla ricerca della verità per le violenze di Genova (il Pd, ad esempio, è il partito di Violante che s’è sempre opposto alla costituzione di una vera inchiesta parlamentare) propone un risarcimento di 45 mila euro per danni morali per chiudere la partita dei ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo a cui si sono rivolti i manifestanti vittime di violenze nella caserma di Bolzaneto nei giorni del G8 del 2001, contestando la mancata sanzione penale e disciplinare nei confronti dei responsabili delle violenze.
La proposta ha l’obiettivo di chiudere il primo dei due ricorsi collettivi presentati contro il governo italiano per violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che proibisce la tortura e impone una sanzione effettiva per i responsabili. La cifra offerta è la stessa sancita dalla prima sentenza di condanna del nostro Paese ottenuta ad aprile di quest’anno da Arnaldo Cestaro, picchiato dalla polizia all’interno della scuola Diaz.
Moltissimi ricorrenti hanno già comunicato ai propri avvocati l’intenzione di rifiutare la conciliazione e procedere con il ricorso per arrivare a sentenza. Oltre a questo primo ricorso che riunisce 31 vittime di Bolzaneto, davanti alla Corte di Strasburgo ne pende un secondo, presentato da altri 32 manifestanti. Per quanto riguarda la scuola Diaz – oltre Cestaro che aveva presentato un ricorso a sé già arrivato a sentenza – pende un secondo ricorso presentato da 40 manifestanti. Nelle sentenze che hanno chiuso i processi i tribunali italiani hanno qualificato in entrambi i casi le violenze commesse come «tortura», ma lo specifico reato non è mai stato introdotto nell’ordinamento italiano, con la conseguenza che i responsabili non sono stati condannati penalmente a causa della prescrizione, dato che il reato di lesioni, l’unico previsto per violenze di questo tipo, si prescrive in 7 anni e mezzo.
Non a caso nella sentenza “Cestaro contro Italia” del 7 aprile 2015 la Corte europea sottolinea come «la legislazione penale italiana si è rivelata inadeguata rispetto all’esigenza di sanzionare i reati di tortura e priva dell’effetto dissuasivo necessario per prevenire altre violazioni simili in futuro».
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