Bloc
Rouge (Unificazione dei Maoisti) - Francia
traduzione non ufficiale
Prima di tutto, grazie a
tutti per essere qui a partecipare a questo incontro. I compagni sono venuti anche
da altri paesi, altri hanno inviato messaggi.
Per noi maoisti, la
rivolta delle banlieues del 2005 è uno degli eventi chiave della storia dei
movimenti popolari del nostro paese. E anche oltre, dato che questa rivolta ha occupato
le prime pagine in tutti i paesi del mondo.
Molto si è detto sulla la
rivolta delle banlieues, comprese molte fesserie. Il che non è così sorprendente,
dato che questo è il messaggio dell’apparato ideologico borghese che domina,
tra l'altro, anche attaverso radio, giornali e TV.
Prima di dare il nostro
punto di vista, abbiamo preparato una piccola selezione di stupidaggini dette
da diversi partiti e organizzazioni in Francia, dall'estrema destra all'estrema
sinistra.
Giovani Comunisti, legati
al PCF
«Fermare tutte le violenze. Quella dei teppisti,
quella del ministro degli interni, quella del Medef. Auto, palestre, autobus, da
diversi giorni i quartieri sono in fiamme. Le persone sono fisicamente aggrediti.
Questo è inaccettabile. (...) Questa violenza colpisce soprattutto gli stessi cittadini
residenti. Si tratta di un conato di disperazione, che non porta altro che
distruzione e divisione.»
«L’inciviltà, la violenza dilagante, sono appannaggio
di una minoranza di persone [nei quartieri]. Ma questo è sufficiente per
rovinare la loro vita (...), tanto più che in generale si tratta di persone già
in una situazione precaria che già subiscono altre violenze. La polizia e la
giustizia devono dare risposte.»
PCF
«Il Partito Comunista condanna la violenza, da
dovunque provenga.» Circa la repressione, il PCF saluta e definisce «coraggiosa»
l'azione delle forze dell'ordine.
Lutte Ouvrière (partito
trotskysta)
«Naturalmente, le prme vittime di questa violenza
sono gli abitanti di queste periferie. Le macchine in fiamme non sono quelle di
miliardari o ministri, ma di lavoratori che vivono in questi quartieri. Peciò,
quando i giovani attaccano i vigili del fuoco come rappresentanti dell’pautorità,
non mostrano alcuna coscienza. »
«La violenza quotidiana in questi quartieri è magari
quella di delinquenti e trafficanti.» «I lavoratori non hanno di che
compiacersi per la forma che ha preso questa esplosione, non solo perché sono i
primi a subirla. I giovani sono il futuro. Ma che futuro può costruire una gioventù
disorientata?»
LCR (partito trotskysta)
«Se è comprensibile la rabbia di giovani senza
educazione, disoccupati (Citroen di Aulnay ha appena temporaneamente sospeso
700 giovani), vittime di razzismo e discriminazione, si sbaglia bersaglio
quando si bruciano auto dii residenti, scuole, palestre o asili.»
Partito Socialista
«Quali che siano le colpe e gli errori commessi
dalle autorità della Repubblica nelle ultime settimane - e ce ne sono molti -
non ci può essere alcuna giustificazione per la violenza.
Gli abitanti delle periferie sono le prime
vittime, e sono anche tra i più svantaggiati dalla nostra società. Hanno
diritto alla sicurezza, alla serenità e pacificazione, come ogni francese. Le
bande devono essere fermate prima che facciano danni. I rivoltosi devono essere
puniti. »
«Noi non siamo contrari in linea di principio al coprifuoco.
Può essere utile, in certi casi e per un tempo limitato, in consultazione con i
sindaci. »
UMP
Christian Estrosi: «Le famiglie devono solo educare i propri
figli e garantire che non siano dei criminali»
FN (Fronte Nazionale)
Le Pen: «è la stessa Francia che viene attaccata da
orde straniere [...]»
Marion Maréchal «questa sentenza dimostra che la teppaglia ha
messo la banlieue a ferro e fuoco per proprio piacere, non a causa di un errore
della polizia»
Philippe de Villiers
(MPF)
Cause della rivolte sono «l'islamizzazione della società» e «l’ondata migratoria».
Fédération Anarchiste
(Federazione Anarchica)
«Sì, c’è motivo per ribellarsi, ma le auto in
fiamme, colpendo in modo casuale, fanno solo danni e rafforzano ogni isolazionismo
(nazionalista o religioso).»
Altri:
«Andiamo, giovani e meno giovani, il giorno di
registrarsi come elettori è arrivato» Joey Starr, Jamel Deb-Bouze, Lilian Thuram, Besancennot, Dieudonné
Hélène Carrère
d'Encausse, segretario a vita dell'Accademia di Francia: « Ci sorprendiamo quando v vediamo ragazzi africani in strada, e non
a scuola? Perché i genitori non riescono a comprare un appartamento? È chiaro
il motivo: molti di questi africani, vi dico, sono poligami. In un appartamento
ci sono tre o quattro donne e 25 bambini. Sono così affollati che non sono più appartamenti,
ma Dio solo sa che cosa! Allora si capisce perché questi ragazzi sono in
strada. »
Noi, ovviamente, non
siamo d'accordo con quello che abbiamo roportato.
Per noi, la rivolta delle
banlieues del 2005 è stata prima di tutto di giovani proletari delle periferie
del nostro paese, che hanno alzato la testa. Le lotte nei quartieri popolari,
anche in forma violenta, non sono un fatto nuovo.
Ma nel 2005, si sono
estese a tutto il paese. La sera stessa in cui Zyed e Bouna morirono per colpa dei
poliziotti, la rivolta scoppiò a Clichy-sous-Bois e Montfermeil. In un paio di
giorni si estese a Seine-Saint-Denis, poi in tutto il paese. E ovunque la
rivolta scoppiava nei quartieri popolari, per lo più situate nella periferia
dei centri urbani.
Come diceva Mao: «Dove c'è oppressione, c'è resistenza.» E
si deve capire che in Francia, i quartieri popolari sono i luoghi dove c'è più
oppressione, fabbriche e imprese dove c'è più sfruttamento.
Quando si parla di
quartieri popolari, non si può dimenticare che il 40% di chi lavora (esclusi i
lavoratori e le lavoratrici disoccupate) sono operai e circa il 35% è impiegato
(principalmente personale amministrativo e dei servizi al pjubblico).
La disoccupazione è 2,5
volte superiore rispetto al resto del paese, arrivando fino al 45% tra i
giovani.
Le famiglie sono meno
motorizzati che altrove, e questro è penalizzante per l'accesso al lavoro, le forme
di lavoro precario (part-time, contratti a tempo determinato, posti di lavoro
sovvenzionati ...) sono più diffuse rispetto al resto del paese.
Il reddito familiare è di
1.200 € inferiore a rispetto a tutto il paese.
Il tasso di povertà è tre
volte superiore.
Ma questi sono solo numeri,
che non rivelano tutta la realtà. Se problema del lavoro è essenziale, dobbiamo
guardare anche altri aspetti dell’oppressione quotidiana.
Primo, la casa. Per molti
anni, la borghesia ha spinto i proletari fuori dai centri urbani, per realizzare
grandi speculazioni immobiliari. Per questo le zone più popolari in Francia si
trovano nelle periferie delle città.
Nella regione di Parigi, questa
offensiva si va estentendo alla prima periferia, da Montreuil a Gennevilliers
via Saint Ouen, dove proliferanoi i progetti «eco-compatibili». Questi progetti
di "riqualificazione", come li chiamano, sono prima di tutto un fiume
di denaro. In questi nuovi quartieri, spesso con l’arrivo di nuove linee della metropolitana
o del tram, l’obiettivo diventa è quello di scacciare i poveri. Per la
borghesia, è meglio avere gli inquilini che pagano un affitto più caro! La loro
preoccupazione non è che tutti abbiano accesso ad un alloggio decente.
Inoltre, nei quartieri
popolari, locatori lasciano che i palazzoni a canone mderato si degradino, con ascensori
che non funzionano, guasti al riscaldamento, perfno problemi per l'acqua corrente.
Così i quartieri sono abbandonati e, dopo la “riqualificazione”, approfittano
dell’ccasione per aumentare gli affitti.
A Montfermeil, in alcuni
complessi a canone moderato c’erano appartamenti che i residenti avevano
acquistato. Ma, a causa dell’abbandono degli edifici, del difficile accesso ai
trasporti, questi hanno perso il loro valore. Quanti avevano investito i
risparmi di una vita di lavoro hanno perso tutto. Molti hanno denunciato questa
situazione nel quartiere del Chpene Pointu, mentre lo Stato arrivava coi
“grandi progetti” di riqualificazione.
Dunque quello della casa è
uno dei grandi problemi quotidiani.
Problemi economici e
abitativi sono particolarmente gravi per le donne dei quartieri poveri. Ci sono
più famiglie monoparentali (che al 90% sono di donne), e sono più colpite dalla
disoccupazione (50%). Quando riescono a trovare un posto di lavoro, è per lo
più in condizioni molto precarie, con turni sfalsati, part-time ecc. E, come
nel resto della società, soffrono l'ulteriore oppressione del patriarcato, che schiaccia
le donne in una posizione subalterna nella società.
Nelle banlieues non manca
il razzismo. Immigrati o individui di origine immigrata sono più numerosi che
nel resto del Paese (2,5 volte). C’è quindi un’ulteriore discriminazione, a
volte perfino su base geografica. Quanti abitanti dei quartieri popolari
nascondono il loro vero indirizzo nei loro curricula vitae? Se non lo
facessero, sanno che quei CV non sarebbero neppure letti. I padroni vogliono
solo «tricolori». Questo si èsentito dire un nostro compagnio che cercava un
posto come apprendista.
Alle difficoltà
economiche e al razzismo si aggiungono le vessazioni della polizia, che diventano
crimini di polizia.
Nelle banlieues, le vessazioni
della polizia sono quotidiane. Schedature razziali, insulti, provocazioni,
arresti arbitrari, false accuse ... Gli sbirri sono lieti di integrare i loro stipendi
con contravvenzioni per qualsiasi cosa!
Quanti sono stati uccisi
dai proiettili della polizia o durante un inseguimento? E la polizia continua
come sempre, sostenuta dal governo e dei suoi ministri, con la protezione della
giustizia borghese e, naturalmente, della corrotta Union Alliance (tra gli
altri).
Le vessazioni e i crimini
della polizia sono il vero volto dello Stato nelle banlieues.
Dunque, che cosa ha da
offrire la società a chi viene da un quartiere popolare? Che futuro possiamo
pianificare? Chiaramente, dentro questa società, quasi nulla! La rivolta è
quindi una prima risposta. I maoisti hanno fin dall'inizio sostenuto questa
rivolta. Perché questa rivolta è l'esplosione della contraddizione tra lo stato
borghese e la gioventù proletaria dei quartieri popolari. E abbiamo sostenuto
questa rivolta perché ha utilizzato la forma migliore per combattere la
borghesia ei suoi cani da guardia: la violenza.
Non siamo stati tra
quelli che hanno detto che la rivolta aveva giuste ragioni, ma dava risposte
sbagliate. Non siamo stati tra quelli che volevano incanalare la rivolta verso
il voto, trasformando molotov in schede elettorali.
Siamo quelli che hanno
detto che era giusto ribellarsi! Nonostante le nostre piccole forze, siamo
andati dove i giovani si ribellavano. Eravamo lì il giorno dopo, quando i
poliziotti hanno lanciato gas lacrimogeni sulla moschea di Clichy-sous-Bois. Ciò
che potevamo fare per sostenere la ribellione, l’abbiamo fatto.
Continuiamo su questa
strada anche oggi, indicando la borghesia imperialista come il nostro nemico numero
1.
Durante e dopo la
rivolta, c'è stata una massiccia repressione con 3000 arresti e 600 detenzioni.
Politicanti di ogni
colore hanno poi steso la loro lista di «soluzioni» per le banlieues, mettendo
repressione e promesse di fondi.
Tante associazioni e
partiti hanno fatto campagne per portare la rivolta dentro le urne, dicendo che
un voto vale più di 10, 100 o 1000 bottiglie molotov. Noi pensiamo il
contrario.
A livello internazionale,
la rivolta delle banlieues del 2005 va confrontata con le rivolte simili che
hanno avuto luogo nei paesi imperialisti. Parliamo di quelle in Gran Bretagna nel
2011, dove la rivolta è iniziata nei sobborghi popolari di Londra. Parliamo anche
di quelle negli Stati Uniti, a Ferguson, New York e Baltimora, dove i disordini
sono scoppiati contro i crimini della polizia, in particolare contro gli
afro-americani.
Vediamo che in tutto il
mondo i quartieri popolari sono focolai di rivolta.
Clome comunisti maoisti,
non possiamo solo guardare le rivolte e commentarle. Dobbiamo soprattutto
sostenerle attivamente con ogni mezzo possibile.
In secondo luogo,
dobbiamo continuare a puntare sui quartieri popolari come luoghi di intervento
e radicamento, perché li consideriamo come aree in cui il potenziale
rivoluzionario è importante.
Per noi, la fabbrica o il
cantiere sono luoghi in cui lavorare perché la classe operaia è la classe rivoluzionaria
che abbatterà il capitalismo. Ma i luoghi in cui della classe operaia vive sono
altrettanto importanti e le banlieues sono soprattutto quartieri operai.
Fare lavoro comunista significa
occuparsi di ogni problema quotidiano. Dobbiamo sviluppare una linea di intervento
con la parola d'ordine «servire il popolo», essere capaci di portare soluzioni
concrete a problemi concreti, e non solo di parlare e scrivere.
Inoltre, dobbiamo
continuare la lotta contro la violenza poliziesca e i crimini di polizia.
Questo deve essere il
nostro lavoro quotidiano, da collocare nella nostra strategia rivoluzionaria
della guerra popolare. La guerra popolare è la via della classe operaia e delle
masse popolari per prendere il potere, per abbattere lo stato borghese.
E la rivolta delle
banlieues ha dimostrato la capacità di combattimento della gioventù proletaria.
La rivolta della banlieues è una premessa della guerra popolare.
Ma per avanzare sulla via
rivoluzionario, si deve passare dalla rivolta alla rivoluzione. E questo è il
primo compito dei comunisti. Questo è il lavoro di organizzazione, lungo e
paziente, in cui i comunisti devono misurarsi. Ed è in primo luogo nella pratica,
che lo si dimostra. Senza pratica rivoluzionaria, la migliore teoria rivoluzionaria
non potrà mai cambiare la situazione.
Questa è la via che ci
siamo impegnati seguire e su cui continueremo ad andare avanti. Difficoltà, errori
e fallimenti ci rendono più forti.
Infine, la rivolta delle
banlieues è soprattutto speranza, un antidoto alla rassegnazione.
Insieme agli scioperi dei
lavoratori e ai movimenti di massa, la rivolta delle banlieues è una componente
del movimento rivoluzionario che spazzerà via la borghesia e stabilirà un
sistema a dalla parte della classe operaia, del proletariato e delle masse, dalla
parte sfruttati e degli oppressi in tutto il mondo.
Viva la rivolta delle banlieues!
Facciamo di tutto per passare dalla rivolta alla
rivoluzione!
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