I Vertici del Dap, Petralia, Tartaglia: "Immagini... che tradiscono lo spirito ela funzione nobile di un intero corpo di polizia fatto di persone perbene e di grande valore..."
Cartabia: "Capire come questi fatti siano potuti avvenire... convinta che i fatti di Santa Maria Capua Vetere abbiano sconvolto tantissimi agenti che ogni giorno fanno con dignità e onore il proprio lavoro... Immagino che lo sconcerto che abbiamo provato tutti noi sia stato per voi ancora più forte. Quindi volevo che vi arrivasse il mio attestato di fiducia al corpo della polizia penitenziaria... a chi svolge correttamente il proprio lavoro... Ora è tempo di individuare le responsabilità, capire gli errori ("ERRORI" vengono chiamati le indicibili violenze che di seguito pubblichiamo - da un articolo de Il Maniesto - ndr) ma poi ricostruire... non si può criminalizzare tutto il corpo della penitenziaria... che nell'anno difficile della pandemia ha sofferto e avuto paura...
Il Sappe: "Rispettare la presunzione di innocenza... non si identifichi il corpo con quelle immagini"
Altri sindacati hanno chiesto "più attenzione alle aggressioni subite dagli agenti"
Fp Cgil: "occorre una revisione organizzativa dell'amministrazione nel complesso e la piena civilizzazione, proseguendo sulla strada della legge 395 del 1990, realizzando finalmente quel processo di democratizzazione capace di dar voce e rappresentanza a quanti vogliono uscire dalla condizione di arretratezza per approdare alla dimensione delle dignità del lavoro...".
E QUESTI SONO GLI "ERRORI"...
Da il Manifesto:
...«Che la violenza costituisca con tutta probabilità una costante nel rapporto fra gli indagati e i detenuti lo si evince dai filmati – scrive il gip -. Si nota che gli agenti in modo del tutto naturale compiono dei gesti quasi “rituali”, come nel caso in cui si dispongono a formare un “corridoio umano” e cominciano a picchiarli con estrema violenza, sebbene inermi».
ERA NELLA CELLA 7, terzo piano Marco Ranieri. Sei agenti lo prelevano, viene trascinato lungo il corridoio. Alla scena assistono due ispettori e sei agenti che lo costringono a mettersi con le braccia alzate, contro il muro. Lo fanno spogliare e, nudo, è costretto a fare le flessioni. Tre nuovi agenti lo afferrano e lo portano al piano terra. Ranieri ha un tutore alla gamba, gli serve per camminare, glielo
strappano via. Lungo le scale trova altri agenti, disposti su entrambi i lati, che lo prendono a schiaffi.ARRIVATO ALLA ROTONDA del piano terra la responsabile del reparto Nilo, Anna Rita Costanzo (accusata anche di depistaggio), dice ai sottoposti «Ranieri le deve avere» così due agenti riprendono a colpirlo. Imboccato il corridoio, un altro agente lo manganella alla testa, alla schiena, al bacino, alle costole, al viso. Lo colpisce e gli ripete: «Tu e tutti i tuoi compagni dovete morire». Un altro agente lo afferra per la barba stracciandogliela, gli sputa addosso e lo colpisce al volto: «Sei il masto del Lazio? Lo vedi chi comanda qua?». In 15 lo accerchiano, gli sputano e continuano a colpirlo. Cade a terra, altre botte, feroci, alla testa, alla schiena, alle costole, al bacino, al volto con i manganelli e persino con una sedia.
Nell’area passeggio, il cosiddetto fosso, continuano infierire gridando «siete merda, tua madre è una zoccola che ti ha partorito in galera». Lo minacciano di morte «se avesse parlato». Dal fosso lo prendono in carico altri agenti che, alla presenza dell’ispettore Salvatore Mezzarano (sospettato di aver costruito false prove contro i detenuti), gli sputano addosso e giù altri calci, schiaffi, pugni. Arrivato all’ufficio di sorveglianza, viene colpito al capo e al corpo. Lungo il corridoio verso la sua nuova cella altri sputi, pugni, calci alla testa e alla schiena. Nei pressi del cancello del Danubio lo afferrano e gli sbattono più volte la testa contro il muro, un colpo di manganello gli fa cadere un dente e perde i sensi.
ANTONIO FLOSCO era nella cella 13, III sezione, secondo piano del Nilo. Anche lui si deve spogliare per la perquisizione. Schiaffi, calci allo stomaco, pugni, manganellate alla testa, alla schiena e alle gambe prima di essere trascinato in corridoio dove oltre 20 agenti lo circondano per il pestaggio. Lo trascinano fino all’ingresso delle scale utilizzate dalla polizia penitenziari (non coperte dalle telecamere) e lo colpiscono alla testa e al corpo. Lungo la scalinata subisce una nuova dose di colpi dagli agenti su due file. Alla rotonda del piano terra lo trascinano nel corridoio che porta agli altri reparti.
Riconosce il comandante della polizia penitenziaria Gaetano Manganelli (che durante l’interrogatorio di garanzia ha fatto mettere agli atti di non essere tra coloro che hanno «gestito, diretto e organizzato» la perquisizione), Costanzo e Mezzarano: davanti a loro viene colpito con pugni, schiaffi e calci. All’interno della stanza presso l’ufficio matricola perde i sensi. Un alto detenuto, Bruno D’Avino, chiede agli agenti una bottiglia d’acqua per soccorrerlo, «beviti l’acqua del cesso» gli rispondono e gli sputano in bocca.
È NELLA STANZA MATRICOLA che Flosco subisce un’ispezione anale con lo sfollagente. Gli agenti gli dicono di non sporgere denuncia «altrimenti non avrebbe avuto una vita tranquilla in carcere». Al Danubio ritrova Manganelli, gli chiede aiuto: «Portatevelo, portatevelo» la risposta. La sera nessuno lo visita né gli danno la terapia. La sua cartella clinica recita: ipertensione, cardiopatia ischemica con pregressi infarti, epilessia, deficit psichico con episodi di autolesionismo".
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