sabato 10 luglio 2021

pc 10 luglio - Il governo italiano sblocca la vendita di armi all’Emirato fascista dell’Arabia Saudita che può continuare a bombardare lo Yemen: gli affari prima di tutto!

Era e si è confermata una farsa, quella dell’embargo verso l’Arabia Saudita, messa in atto dal governo italiano e dal suo ministro degli Esteri, Di Maio che in questo caso veste i panni del prete che benedice le armi.

Sull’onda dell’“indignazione” internazionale proprio per l’uso di armi di ogni tipo (e delle industrie italiane) contro la popolazione dello Yemen, una “guerra” con migliaia di vittime e milioni di sfollati, il governo aveva deciso il “congelamento” della vendita di armi.

Di Maio, il guerrafondaio furbo propagandista di se stesso al tempo dell'"embargo"

Ma, “Non era stata calcolata la reazione furiosa dei dirigenti di Arabia Saudita ed Emirati” dice La Repubblica in un suo articolo dell’8 luglio.

“… il principe emiratino Mohammed bin Zayed ha risposto annullando contratti commerciali con l’Italia e avviando una serie di ritorsioni politiche contro Roma.”

Anche se “La mossa più significativa è stata la chiusura dell’accesso per la Difesa italiana alla base aerea di Al Minhad: l’aeroporto emiratino è stato utilizzato per anni dall’Aeronautica italiana per i rifornimenti e i trasferimenti logistici verso l’Afghanistan e verso il Kuwait.” il problema più grosso, però, è quello delle aziende: “Di Maio ha fatto un riferimento anche «agli esiti negativi dei casi Piaggio e Alitalia».”

E, si sa, davanti alla possibile perdita di profitti ogni riferimento ai “diritti umani” è solo un fastidio. Di passaggio ricordiamo che, tra le tante altre cose, l’Arabia Saudita, con il suo principe Mohammad bin Salman, che addirittura la Cia ha indicato come mandante, è sotto inchiesta a livello internazionale per l’omicidio del giornalista Kashoggi, fatto a pezzi con una sega dentro il consolato saudita di Istanbul, in Turchia.

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Emirati, l’Italia riapre. Ridotto l’embargo sulla vendita di armi

Sbloccate le consegne per i ricambi degli aerei MB339 della squadra acrobatica

Il governo italiano ha deciso di ridurre il peso dell’embargo adottato in gennaio contro l’esportazione di

armi verso l’Arabia Saudita e gli Emirati. Con una mossa condivisa da Palazzo Chigi e dal ministero della Difesa, il ministero degli Esteri con una brevissima nota dello “Uama” (ufficio autorizzazioni materiali d’armamento) ha comunicato alle aziende che avevano già permessi di esportazione verso Riad e Abu Dhabi che il “congelamento” di gennaio è stato revocato.

A questo punto le prime ad essere sbloccate sarebbero le consegne dei ricambi per gli aerei MB339 della pattuglia acrobatica degli Emirati, aerei simili a quelli delle Frecce tricolori italiane. La decisione della Farnesina è il primo tentativo italiano di frenare la crisi politica nata fra Italia ed Emirati dopo la decisione di gennaio del governo Conte di bloccare le vendite già autorizzate. L’embargo era stato votato da una mozione del Parlamento e sostenuto dal premier Giuseppe Conte e dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il governo italiano voleva aderire alla campagna internazionale contro la vendita di armi che venivano utilizzate nel conflitto nello Yemen.

Non era stata calcolata la reazione furiosa dei dirigenti di Arabia Saudita ed Emirati. In particolare, il principe emiratino Mohammed bin Zayed ha risposto annullando contratti commerciali con l’Italia e avviando una serie di ritorsioni politiche contro Roma. La mossa più significativa è stata la chiusura dell’accesso per la Difesa italiana alla base aerea di Al Minhad: l’aeroporto emiratino è stato utilizzato per anni dall’Aeronautica italiana per i rifornimenti e i trasferimenti logistici verso l’Afghanistan e verso il Kuwait.

Ieri alla Camera il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha detto che al momento la Difesa si appoggia a un base in Kuwait, ma «guarda con attenzione alle iniziative diplomatiche per recuperare un alleato strategico» come gli Emirati. I voli per l’Iraq e il Golfo vengono gestiti facendo capo alla base kuwaitiana di Al Salem, dove però non ci sono infrastrutture per movimentare container o ospitare numeri consistenti soldati.

Intervenendo anche lui in Commissione alla Camera, Di Maio ha fatto un riferimento anche «agli esiti negativi dei casi Piaggio e Alitalia», per inquadrare la fase di tensione con gli Emirati arabi in un contesto più ampio. Per il caso Alitalia (che era stata acquistata dall’emiratina Etihad, impresa finita con un divorzio fra le compagnie) Di Maio cita il fatto che si sia arrivati «a un processo penale e a una procedura di richiesta di risarcimenti a carico dell’investitore emiratino». Fra gli inquisiti della magistratura italiana c’è anche un membro della famiglia reale di Abu Dhabi.

Il caso Piaggio è un altro esempio di investimento fallito degli Emirati in Italia. Per Di Maio «queste non sono state delle brillanti operazioni di attrazione di investimenti da parte dell’Italia, perché il nostro paese ha invitato un investitore straniero ma non è poi stato in grado di garantirgli quello che gli aveva assicurato».

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