Non si placano le manifestazioni contro l’Autorità palestinese e contro il suo presidente Abbas dopo l’uccisione a fine giugno dell’attivista Banat. Sabato, intanto, è stato ucciso un giovane palestinese dall’esercito israeliano: la vittima era stata aggredita da un gruppo di coloni nei pressi di Nablus
della redazione
Roma, 5 luglio 2021, Nena News – Non si placano
le tensioni nella Cisgiordania Occupata dove sabato pomeriggio centinaia di
palestinesi hanno nuovamente protestato contro l’Autorità
nazionale Palestinese (Anp) per l’uccisione lo scorso 24 giugno dell’attivista
Nizar Banat. I manifestanti hanno marciato nelle strade di Ramallah al grido “Vattene
Abbas” in riferimento al presidente palestinese da 16 anni al potere.
Banat – noto critico di Abbas e dell’Autorità palestinese e che era già finito in prigione in passato per le sue posizioni – era stato dichiarato morto qualche ora dopo la sua detenzione per mano delle forze di sicurezza palestinesi nei pressi di Hebron. Banat era anche un candidato della lista elettorale
“Libertà e Dignità” per le elezioni parlamentari palestinesi che si sarebbero dovute tenere il 22 maggio scorso ma che l’Anp ha poi procrastinato.La sua uccisione per mano degli agenti
dell’Autorità palestinese – ente nato con gli “Accordi di pace di
Oslo” nel 1993 e che controlla a malapena il 40% della Cisgiordania occupata da
Israele – ha provocato molta rabbia nei Territori
occupati dimostrando nuovamente la dura repressione operata dalle autorità
palestinesi nei confronti di chi dissente. I manifestanti scesi in strada in
questi giorni sono stati duramente presi di mira dalle forze di sicurezze
nonché dai simpatizzanti del partito di governo Fatah. Ad essere state oggetto
delle “attenzioni” delle forze dell’Anp sono state anche le giornaliste che
seguono le proteste: quest’ultime denunciano di essere state picchiate e
minacciate di essere stuprate.
La rabbia popolare contro l’Anp non nasce
però solo nelle ultime settimane: un numero crescente di palestinesi, infatti,
vede sempre più questo organismo come una estensione dell’occupazione
israeliana. Tra i punti che più suscitano l’indignazione dei palestinesi c’è
sicuramente il coordinamento alla sicurezza che l’Anp mantiene con Israele: di
fatto le forze dell’Autorità sono in contatto regolare con quelle “nemiche”
israeliane. Ciò vuol dire che queste unità possono ritirarsi in caso di un
blitz dell’esercito israeliano o arrestare i palestinesi ricercati da
Israele. Il principale bersaglio della rabbia dei
manifestanti resta soprattutto il presidente Abbas salito al potere nel 2005
dopo la morte di Arafat e il cui mandato è ufficialmente finito nel 2009 ma che
continua ad essere in carica dato che le presidenziali non hanno luogo da 16
anni.
Elezioni per eleggere un nuovo presidente si sarebbero dovute tenere il
prossimo 31 luglio, ma come le legislative, sono state rimandate lo scorso
aprile. Ufficialmente perché non veniva garantito ai palestinesi della parte
occupata di Gerusalemme est di votare. Tuttavia, secondo molti commentatori, il
vero motivo dietro questa decisione risiede nel fatto che Abbas temeva una
vittoria schiacciante dei rivali islamisti di Hamas.
Ad aumentare le tensioni ci pensa poi
Israele. Ieri, infatti, l’esercito israeliano ha
arrestato l’attivista palestinese per i diritti umani Farid al-Atrash mentre tornava dalla
protesta contro l’Anp che si era tenuta a Ramallah (sede delll’Autorità
palestinese). Al-Atrash – ha poi riferito alla stampa l’attivista palestinese
Issa Amro – è stato poi rilasciato qualche ora dopo la sua detenzione
nell’ospedale in cui era stato ricoverato senza alcun chiaro motivo (la polizia
e l’esercito israeliani non hanno per ora commentato la notizia). Ma domenica,
sempre secondo Amro, sarebbe stato arrestato per qualche ora dalle forze
dell’Anp anche un altro attivista per i diritti umani, Mohannad Karajah, che è
impegnato nelle ultime settimane a difendere i manifestanti arrestati
dall’Autorità palestinese.
In questo clima rovente, c’è poi
l’occupazione israeliana che ha causato sabato pomeriggio l’uccisione del
21enne palestinese Mohammed Hassan. Il giovane, insieme ad un gruppo di
persone, stava lavorando alla nuova casa di famiglia nei pressi del villaggio
di al-Qusra (vicino a Nablus, nel nord della Cisgiordania) quando è stato
improvvisamente attaccato da un gruppo di coloni. Hassan, raccontano i palestinesi,
si sarebbe rintanato quindi in casa e sarebbe salito sul tetto dove avrebbe
lanciato delle pietre verso i coloni nel tentativo di difendere la sua
abitazione. Azione che gli è risultata fatale perché il ragazzo veniva colpito
mortalmente al petto da 3 pallottole vere sparate dell’esercito israeliano. Tel
Aviv non ha commentato per ora la notizia.
Secondo dati dell’Onu, gli attacchi dei
coloni contro i palestinesi sono aumentati significativamente nel 2020: gli incidenti
provocati dalle violenze dei settler sono stati infatti 771 e hanno ferito 133
palestinesi, danneggiato 9.646 alberi e 184 macchine. Nena News
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