Una compagna della rete torinese di Non Una di Meno ha subìto una perquisizione della propria abitazione da parte di agenti della Questura. Al centro dell'indagine il presidio svoltosi lo scorso 12 aprile sotto il tribunale di Torino per denunciare la vergognosa sentenza emessa in relazione a un caso di stupro, quello di Laura, ripetutamente violentata e minacciata sul posto di lavoro da parte di un collega (Massimo Raccuia), infine assolto. In quella giornata, in seguito all'appello lanciato dalla rete torinese di Non Una di Meno, molte città si mobilitarono in contemporanea per esprimere solidarietà a Laura e affermare che anche nelle aule di tribunale si produce violenza contro le donne.
Massimo Raccuia, forte della
sentenza di assoluzione, ha sporto querela per diffamazione, portando
così all'indagine della Procura (capitanata - manco a dirlo -
dall'immancabile PM Rinaudo) che ha disposto la perquisizione di ieri
mattina con motivazioni del tutto pretestuose. Un'operazione che rivela
nuovamente il fastidio suscitato dalle iniziative di solidarietà con
Laura: già alcune settimane dopo il presidio lo stesso Rinaudo aveva ordinato altre perquisizioni
contro Non Una di Meno in relazione a delle scritte comparse vicino al
tribunale che puntavano il dito contro la giudice responsabile di aver
emesso la sentenza di assoluzione nei confronti di Raccuia.
Insomma, la narrazione della violenza di genere va bene finché il corpo della donna può essere usato per imporre più "sicurezza" o strumentalizzato in chiave razzista. A indicare chiaramente responsabilità, nomi e cognomi anche in quei luoghi che vengono presentati come strumento di difesa delle donne, a chiamare uno stupratore per quello che è, a mobilitarsi in solidarietà con chi ha subìto violenza, si toccano invece nervi scoperti.
Il comunicato di Non Una di Meno - Torino:
La solidarietà non si processa! Come prima, più di prima, ci basta il basta di Laura!
6 mesi fa, il 12 Aprile, eravamo davanti al tribunale di Torino in solidarietà a Laura, che ha denunciato le violenze e minacce subite per anni sul posto di lavoro - la Croce Rossa Italiana - e ha visto assolto il suo stupratore Massimo Raccuia, perchè, secondo la giudice Diamante Minucci, non ha urlato e in questo modo avrebbe manifestato il suo consenso.
La sentenza ha suscitato l'indignazione generale e in molte città italiane in quel giorno Non Una di Meno era in piazza a dire basta alle violenze nei tribunali e che senza consenso è stupro.
Oggi una compagna ha subito una perquisizione a casa per via di quel presidio.
Lo stupratore, forte dell'assoluzione, ha infatti ben pensato di sporgere una denuncia per diffamazione e alla solerte questura non è certo dispiaciuto cogliere l'occasione per venire a ficcanasare a casa di una di noi, in maniera peraltro del tutto pretestuosa.
Dopo le perquisizioni per via delle scritte contro la giudice che ha pronunciato l'odiosa sentenza, una nuova indagine si è quindi aperta contro chi ha avuto il coraggio di sostenere che se una donna dice "basta" è stupro.
Sappiano, giudici, polizia e stupratori, che non saranno questi mezzi a farci cambiare strada. Un abbraccio solidale a chi ha avuto la visita non gradita della polizia e a chi con lei riceverà la denuncia per diffamazione.
La solidarietà non si processa!
Come prima, più di prima, ci basta il basta di Laura!
Non Una di Meno - Torino
Insomma, la narrazione della violenza di genere va bene finché il corpo della donna può essere usato per imporre più "sicurezza" o strumentalizzato in chiave razzista. A indicare chiaramente responsabilità, nomi e cognomi anche in quei luoghi che vengono presentati come strumento di difesa delle donne, a chiamare uno stupratore per quello che è, a mobilitarsi in solidarietà con chi ha subìto violenza, si toccano invece nervi scoperti.
Il comunicato di Non Una di Meno - Torino:
La solidarietà non si processa! Come prima, più di prima, ci basta il basta di Laura!
6 mesi fa, il 12 Aprile, eravamo davanti al tribunale di Torino in solidarietà a Laura, che ha denunciato le violenze e minacce subite per anni sul posto di lavoro - la Croce Rossa Italiana - e ha visto assolto il suo stupratore Massimo Raccuia, perchè, secondo la giudice Diamante Minucci, non ha urlato e in questo modo avrebbe manifestato il suo consenso.
La sentenza ha suscitato l'indignazione generale e in molte città italiane in quel giorno Non Una di Meno era in piazza a dire basta alle violenze nei tribunali e che senza consenso è stupro.
Oggi una compagna ha subito una perquisizione a casa per via di quel presidio.
Lo stupratore, forte dell'assoluzione, ha infatti ben pensato di sporgere una denuncia per diffamazione e alla solerte questura non è certo dispiaciuto cogliere l'occasione per venire a ficcanasare a casa di una di noi, in maniera peraltro del tutto pretestuosa.
Dopo le perquisizioni per via delle scritte contro la giudice che ha pronunciato l'odiosa sentenza, una nuova indagine si è quindi aperta contro chi ha avuto il coraggio di sostenere che se una donna dice "basta" è stupro.
Sappiano, giudici, polizia e stupratori, che non saranno questi mezzi a farci cambiare strada. Un abbraccio solidale a chi ha avuto la visita non gradita della polizia e a chi con lei riceverà la denuncia per diffamazione.
La solidarietà non si processa!
Come prima, più di prima, ci basta il basta di Laura!
Non Una di Meno - Torino
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