Quattro lavoratori e due lavoratrici sono stati sospesi dal lavoro dopo una denuncia della dirigenza aziendale con le accuse di istigazione allo sciopero e sospensione del lavoro. Sono ritenuti i responsabili dello sciopero che ad agosto paralizzò per oltre due settimane l’intero comparto tessile di Mahalla al Kubra, coinvolgendo tutti i 16mila operai e operaie degli stabilimenti del Delta del Nilo.
DAL 9 SETTEMBRE ai sei presunti leader è stato
vietato accedere al posto di lavoro, mentre un altro operaio è stato
trasferito d’obbligo presso uno stabilimento di Alessandria, ad oltre
150 km di distanza. È notizia di ieri inoltre che la tensione è salita
quando gli operai hanno trovato le buste paga decurtate del 25% per lo
sciopero di agosto. Immediata la minaccia di riprendere l’agitazione. La
città è tuttora presidiata in forze dalla polizia per scoraggiare nuove
proteste.
I quattordici giorni di sciopero ad agosto si sono conclusi con una vittoria dei lavoratori e con l’azienda costretta al tavolo delle trattative per sostanziosi aumenti in busta paga. Per i lavoratori però lo sciopero è soltanto ’sospeso’, per dare ad alcuni parlamentari il tempo di mediare una soluzione accettabile.
LO SCIOPERO DI MAHALLA ha avuto profonde ripercussioni in tutto l’Egitto, incoraggiando
una serie di scioperi e proteste a catena, mentre l’inflazione è alle stelle e la stragrande maggioranza dei salariati è pericolosamente vicina o al di sotto della soglia di povertà. Il regime di al-Sisi però ha deciso di non reprimere direttamente la protesta per paura di infiammare ancora di più la situazione in un distretto storicamente protagonista delle lotte operaie egiziane.
Lo sciopero di Mahalla ha dello straordinario se si considera il giro di vite messo in atto dal regime contro ogni forma di mobilitazione operaia. Almeno 151 sono i lavoratori arrestati nel periodo tra maggio 2016 e aprile 2017 secondo i dati di Democracy Meter, e 2.961 sono quelli che hanno subito licenziamenti per aver scioperato.
In un paese in cui qualsiasi protesta non autorizzata può costare l’arresto e il carcere, gli operai di Mahalla ad agosto sono scesi ripetutamente strada a migliaia sfidando i divieti e senza che la polizia muovesse un dito. Per questo sono in molti gli attivisti che guardano a Mahalla come a un faro di speranza per le lotte sociali e politiche, confidando che la mobilitazione si allarghi a strati sempre più ampi delle classi lavoratrici egiziane.
NONOSTANTE LA GRANDE DEBOLEZZA attuale dei sindacati indipendenti i distretti operai come Mahalla rappresentano ancora una spina nel fianco del regime, perché la loro capacità di mobilitazione e resistenza non dipende da un’organizzazione formale. Sono i comitati di sciopero e la lunga esperienza collettiva maturata negli anni, insieme ai forti legami con il tessuto urbano circostante, che hanno fatto di Mahalla una minaccia per tutti i regimi al potere negli ultimi dieci anni.
La loro però resta una resistenza fortemente localizzata, che fatica a intrecciarsi e a guidare gli altri settori più o meno organizzati del movimento operaio. In solidarietà con i lavoratori di Mahalla, è stata lanciata una petizione sul sito: https://egyptsolidarityinitiative.org/.
(dal Manifesto - ripreso da operaicontro)
I quattordici giorni di sciopero ad agosto si sono conclusi con una vittoria dei lavoratori e con l’azienda costretta al tavolo delle trattative per sostanziosi aumenti in busta paga. Per i lavoratori però lo sciopero è soltanto ’sospeso’, per dare ad alcuni parlamentari il tempo di mediare una soluzione accettabile.
LO SCIOPERO DI MAHALLA ha avuto profonde ripercussioni in tutto l’Egitto, incoraggiando
una serie di scioperi e proteste a catena, mentre l’inflazione è alle stelle e la stragrande maggioranza dei salariati è pericolosamente vicina o al di sotto della soglia di povertà. Il regime di al-Sisi però ha deciso di non reprimere direttamente la protesta per paura di infiammare ancora di più la situazione in un distretto storicamente protagonista delle lotte operaie egiziane.
Lo sciopero di Mahalla ha dello straordinario se si considera il giro di vite messo in atto dal regime contro ogni forma di mobilitazione operaia. Almeno 151 sono i lavoratori arrestati nel periodo tra maggio 2016 e aprile 2017 secondo i dati di Democracy Meter, e 2.961 sono quelli che hanno subito licenziamenti per aver scioperato.
In un paese in cui qualsiasi protesta non autorizzata può costare l’arresto e il carcere, gli operai di Mahalla ad agosto sono scesi ripetutamente strada a migliaia sfidando i divieti e senza che la polizia muovesse un dito. Per questo sono in molti gli attivisti che guardano a Mahalla come a un faro di speranza per le lotte sociali e politiche, confidando che la mobilitazione si allarghi a strati sempre più ampi delle classi lavoratrici egiziane.
NONOSTANTE LA GRANDE DEBOLEZZA attuale dei sindacati indipendenti i distretti operai come Mahalla rappresentano ancora una spina nel fianco del regime, perché la loro capacità di mobilitazione e resistenza non dipende da un’organizzazione formale. Sono i comitati di sciopero e la lunga esperienza collettiva maturata negli anni, insieme ai forti legami con il tessuto urbano circostante, che hanno fatto di Mahalla una minaccia per tutti i regimi al potere negli ultimi dieci anni.
La loro però resta una resistenza fortemente localizzata, che fatica a intrecciarsi e a guidare gli altri settori più o meno organizzati del movimento operaio. In solidarietà con i lavoratori di Mahalla, è stata lanciata una petizione sul sito: https://egyptsolidarityinitiative.org/.
(dal Manifesto - ripreso da operaicontro)
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