Sulle uccisioni, stupri,
violenze sessuali contro le donne sta emergendo da parte di alcune
femministe intellettuali borghesi e giornaliste una interpretazione
psicanalitica.
Scrive, per esempio, Lea
Melandri nell'inserto de Il manifesto “il corpo del delitto”
uscito per il 25 novembre 2016:
“Prima che un padre o
un marito autoritario e violenti, l'uomo è un tenero figlio. Si può
pensare che sia questa commistione di odio e amore – inquietante
perchè si colloca là dove meno ce l'aspettiamo, cioè nella
famiglia, nella coppia – che impedisce di assumere il fenomeno per
la gravità e l'estensione che ha...
l'uomo si accanisce sul
corpo che l'ha generato, che gli ha dato le prime cure, le prime
sollecitaziobni sessuali, un corpo che ritrova nella vita amorosa
adulta e con cui sogna di rivivere l'originaria appartenenza intima a
un altro essere. Ma è anche il corpo che lo ha tenuto in sua balia
nel momento della maggiore dipendenza e inermità, un corpo che
poteva dargli la vita o la morte, accudimento o abbandono. Confinando
la donna nel ruolo di madre, l'uomo ha costretto anche se stesso a
restare bambino, a portare una maschera di virilità sempre
minacciata...”.
E continua: “La
coppia trova la sua stabilità – dice Freud
– quando la moglie ha fatto del marito il
proprio figlio, cioè quando si instaura in qualche modo la
situazione originaria. Separandosi, la donna non colpirebbe solo un
privilegio e un potere che l'uomo considera “dovuto” e che la
società, esplicitamente o silenziosamente, “permette” (Michael
Kaufman), ma la fonte prima dell'amore in sé,
dell'autoconservazione”.
Al di là che vengano
colti elementi di “verità”, questa interpretazione di fatto fa
tre operazioni:
Primo. Individualizza. Gli
uomini che ammazzano le donne sono visti come individui, o come
“genere”, e non come frutto, espressione sociale di un sistema
capitalista che inevitabilmente nella sua marcia verso un moderno
fascismo, una barbarie, produce, alimenta sempre più l'humus di
“uomini che odiano le donne”.
Questa interpretazione
oggettivamente porta a nascondere che la violenza sessuale non fa che
proseguire, su un diverso terreno, la violenza sistemica, quotidiana,
di attacco alle condizioni generali di vita, doppio sfruttamento,
discriminazioni, oppressione a tutti i livelli, in ogni campo, che
padroni, governo, Stato, mass media, portano avanti.
Secondo. Questa
interpretazione generalista oggettivamente riduce la portata oggi
dei feminicidi, il loro legame con l'imbarbarimento di questo sistema
sociale, con la crisi, da un lato, e dall'altro con la reazione
fascista degli uomini alle rotture, volontà di indipendenza delle
donne, ma anche con la mancanza ancora di un movimento delle donne
che “faccia paura”, che imponga con la sua forza la necessità di
una trasformazione generale, di una rivoluzione e di una rivoluzione
nella rivoluzione.
Riducendo
la diversità oggi della
violenza contro le donne, non si comprende neanche il perchè
avvengono soprattutto nella famiglia, nei rapporti di coppia. La
Melandri scrive: “...inquietante
perchè si colloca là dove meno ce l'aspettiamo, cioè nella
famiglia, nella coppia...”, quando
invece questo oggi è “naturale”, perchè – come scriviamo
nell'opuscolo “Uccisioni delle donne, oggi” - “la famiglia è
un anello chiave della marcia verso il moderno fascismo del governo,
dello Stato. Il moderno fascismo non potrebbe realizzarsi senza fare
della famiglia una sua base principale, sia in senso di essere
piegata, funzionale alle scelte del governo, dello Stato, sia in
senso di sostenitrice attiva, combattente in termini ideologici di
simbolo e propaganda di valori di quelle scelte politiche. La
famiglia, soprattutto proletaria, è il luogo centrale in cui si
gesticse un'economia sociale srempre più povera... La famiglia
proletaria garantisce nella fase di attacco, crisi, di attutirne
l'imnpatto devastante... La famiglia, per questo sistema, deve fare
da paracadute alle frustrazioni, alla messa in crisi di posizioni di
privilegio dell'uomo nella famiglia. La famiglia quindi è come una
sorta di ammortizzatore sociale...”.
Terzo. Questa
interpretazione oggettivamente fa un'operazione di “giustificazione”.
Più avanti la Melandri, riprendendo Kaufman, scrive sul “paradosso
del potere maschile”, “un potere che gode di privilegi ma che è
anche “fonte di enorme paura, isolamento, e dolore per gli uomini
stessi”, che esercita il controllo ma che è costretto a una
vigilanza continua”.
A fronte di questo la
risposta conseguente non può che essere “l'educazione”, un
lavoro comune di uomini e donne “impegnate da anni nell'analisi del
sessismo” perchè nascano altri modi di vivere la maschilità; non
quindi la lotta contro gli uomini che odiano le donne e questo
sistema sociale capitalista.
Ma questo è l'opposto
della “parola d'ordine”, della verità per cui “non c'è
liberazione senza rivoluzione”.
Ma questo è anche
lasciare il campo alle “addette ai lavori”, non alle donne e
chiaramente tanto meno alla ribellione delle donne proletarie.
Ma questo, rassicuriamo le
melandri, non lo faremo avvenire.
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