martedì 31 gennaio 2017

pc 31 gennaio - E' cassa integrazione straordinaria per 5000 lavoratori all'Ilva, anticamera dei licenziamenti - Commissari dell'Ilva 'nazionalizzata' in accordo con i sindacati conferali


Ilva
TARANTO - L’Ilva ha confermato ai sindacati di categoria la necessità di ricorrere alla cassa integrazione straordinaria (ex art.7 comma 10 tr, legge 236/93) per 4.984 dipendenti dello stabilimento di Taranto e 80 dello stabilimento di Marghera. Nel documento consegnato alle organizzazioni sindacali durante il consiglio di fabbrica, l’Ilva fa presente che si rende necessario «effettuare fermate parziali o anche totali di tutti gli impianti a valle e a monte del ciclo produttivo a caldo di Taranto, con inevitabile riduzione del fabbisogno di risorse umane».
L’ipotesi di esuberi per Taranto prevede la «sospensione» di 433 lavoratori dell’area Ghisa, 821 dell’area Acciaieria, 988 dell’area Laminazione, 916 dell’area Tubifici-Rivestimenti tubi-Fna, 896 del'area Servizi-Staff e 939 dell’area Manutenzioni centrali (in totale 4.114 operai, 574 impiegati, 296 equiparati). L’azienda ha precisato in oltre che «le fermate dell’area di lavorazione a valle dell’area fusoria saranno modulate tra loro in modo alternato e, quindi, l’effetto non sarà cumulativo.
Lo stesso sito di Marghera, quindi, potrà essere interessato da una fermata totale e completa, sia pure per un periodo parziale e in stretta interdipendenza con il sito ionico».

Azienda: situazione provocata da crisi internazionale


TARANTO - «L'attività di impresa nel settore dell’acciaio è fortemente influenzata dal protrarsi della crisi economico-finanziaria internazionale, che ha prodotto un progressivo deterioramento del mercato di riferimento in Europa dopo un ciclo espansivo pluriennale collocabile negli anni 2003-2008». E’ quanto scrive l’Ilva in amministrazione straordinaria nel documento consegnato ai sindacati con il quale si annuncia la necessità di ricorrere alla cassa integrazione straordinaria per 4.984 dipendenti dello stabilimento di Taranto e 80 di Marghera (Venezia).

«Tale congiuntura sfavorevole - aggiunge l’azienda - ha coinvolto l’intero ciclo produttivo dello stabilimento ionico interessando dapprima il settore e i laminati piani nelle varie linee di prodotto formato e, successivamente, il settore dei tubi e lamiere ad oggi risulta interessato da fermate totali o cicli ridotti di lavorazione». Ma a questa condizione generale del mercato, a partire dal 2012, «si è associata - spiega l’Ilva - una complessa vicenda amministrativa, legislativa e giudiziaria che ha interessato l’unità produttiva di Taranto». In tale contesto, «l'Ilva - è detto nel documento - ha avviato il piano di adeguamento alle prescrizioni Aia che ha comportato la progressiva 'fermatà o la riduzione degli impianti che insistono sull'area a caldo».
L’azienda quindi evidenzia «che il progressivo attestarsi di produzione e commercializzazione su volumi insufficienti a garantire l’equilibrio e la sostenibilità finanziaria degli oneri derivanti dalla gestione d’impresa, comprendenti gli ingenti costi di adeguamento alle prescrizioni Aia, ha progressivamente aggravato la situazione di illiquidità, che ha determinato l’inevitabilità della richiesta di accesso alla procedura di amministrazione delle grandi imprese in crisi, cui l'impresa risulta oggi assoggettata».

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