Riccardo Antonini è stato un ferroviere per tutta la vita, sempre impegnato sul fronte sicurezza, come sindacalista della Filt-Cgil.
Per la sua compentenza ha prestato gratuitamente la sua consulenza
tecnica a favore delle famiglie delle vittime della strage di Viareggio
(29 giugno 2009) nell'incidente probatorio iniziato nel marzo 2011. Rete
Ferroviaria Italiana – Rfi, una delle quattro società in cui è stata
scorporata Ferrovie dello Stato sotto la direzione
di Mauro Moretti (ex segretario della Filt Cgil!) – ha considerato
quella consulenza gratuita un “conflitto di interesse”, equiparando di
fatto il rapporto di lavoro a un legame tra complici in un reato. Quindi
lo ha licenziato, a un anno dalla pensione, e il processo per il
reintegro è ancora in corso.
Ci
sembra dunque che sia una delle persone più titolate a parlare del
processo per la strage, che oggi arriverà alla sentenza di primo grado.
Intervista realizzata da Radio Città Aperta.
Buongiorno Riccardo
Buongiorno a voi.
Grazie
per essere con noi, prima di tutto. Domani, dopo sette anni e sette
mesi, arriva finalmente questa sentenza tanto attesa sulla strage del
2009. Che giornata può essere?
E’ una giornata clou rispetto a tutta la vicenda processuale, perché questa vicenda ha visto circa 140 udienze. Vi è stato l’incidente probatorio, poi l’udienza preliminare e dal 13 novembre 2013, quindi oltre tre anni fa, è iniziato il processo vero e proprio. Quindi diciamo che per i familiari, ma anche per i cittadini, i lavoratori, i ferrovieri che hanno seguito costantemente questa vicenda, è stato un impegno enorme, di grandi mobilitazioni, di iniziative quotidiane. In questi giorni stiamo facendo un lavoro ora per ora. Questa mattina (ieri, ndr) eravamo in stazione a volantinare ai pendolari; il giorno prima eravamo a Pisa, e quello precedente a Lucca. Stiamo facendo un lavoro enorme perché ci auguriamo che ci sia una buona partecipazione domani (oggi, ndr) al tribunale, e quindi diciamo che è la giornata un po’ decisiva per quanto riguarda il processo. Verrà celebrato il 1° grado, dopo sette anni e sette mesi, esattamente, e siamo fiduciosi che ci sia una sentenza che rispecchia la mobilitazione, la partecipazione, l’impegno, come forma di deterrenza nei confronti del responsabili di questa immane tragedia.
Responsabilità che devono assolutamente essere accertate, perché qui ci sono le famiglia di 33 vittime; 33 famiglie che aspettano di sapere perché i loro cari sono scomparsi nel 2009…
Sì.
Noi abbiamo ovviamente impostato questi anni di attività innanzitutto
perché questo disastro ferroviario, che si è trasformato in una strage,
non sia dimenticato, come purtroppo avviene in tante stragi di questo
paese. Perché non rimanga impunita. A pochi chilometri da qui abbiamo
avuto anche la vicenda della nave Moby Prince, 25 anni fa: 140 vittime, 0
colpevoli. E poi ovviamente per creare le condizioni perché non si
ripetano tragedie come queste. Quindi bisogna togliere gli ostacoli che
hanno permesso tutto questo. Noi abbiamo sempre detto che si è trattato
di una strage annunciata; un disastro ferroviario che ha provocato così
tante vittime, feriti gravissimi – non dimentichiamolo mai, alcuni ne
porteranno le conseguenze per tutta la vita – e famiglie distrutte.
Quindi questo è un appuntamento importante. Abbiamo fatto appello alla
mobilitazione, saremo come sempre numerosi lì fuori del processo; è la
prima volta che vengono ammesse le telecamere in aula, e anche questo è
un fatto molto singolare, e vengono ammesse solo al momento della
lettura della sentenza. Diciamo che è il processo più importante che si
celebra da anni in questo paese ed è un processo che è stato
costantemente oscurato dai mass media perché sul banco degli imputati vi
sono figure eccellenti di aziende di stato. Mi riferisco alla figura
apicale, quella del cav. Moretti, che è stato amministratore delegato
della holding dal 2006 al 2014, rinominato più volte nonostante fosse
stato indagato e rinviato a giudizio nel processo di Viareggio; fin
quando, ovviamente dal governo Renzi, è stato promosso a Finmeccanica
dal 2014 e ha preteso che a sostituirlo fosse Elia, allora
amministratore delegato di Rfi. Quell'Elia che era come lui imputato in
questo processo. Sono tra l’altro i due imputati per i quali sono state
fatte le richieste più alte. Per Moretti sono stati chiesti 16 anni e
per Elia 15 anni.
E’
incredibile che un manager su cui pende un procedimento penale con una
possibile condanna a 16 anni venga promosso, come hai detto giustamente
tu, ad un incarico se possibile ancor più importante e, addirittura, gli
venga data la possibilità di scegliere il proprio successore… Parliamo con te di questa vicenda perché tu l’hai seguita molto da vicino, ed anche perché è una vicenda che poi è finita per riguardarti anche personalmente…
Sì.
Personalmente come vicenda privata però, nel senso del licenziamento
che ho subito per l’impegno sulla strage ferroviaria di Viareggio. Ma in
ferrovia ci sono stati altri casi di licenziamento di lavoratori,
addirittura delegati Rls, impegnati sul fronte della sicurezza e della
salute nel nostro ambiente di lavoro. Il problema è che il mio
licenziamento – come hanno detto più volte i familiari, l’associazione Il Mondo che Vorrei, anche
in un recente documento che è stato approvato da numerosi consigli
comunali della zona – è legato strettamente e indissolubilmente alla
tragica vicenda di Viareggio, perché senza quella notte, quel 29 giugno
2009, non ci sarebbe stato motivo per il mio licenziamento. Hanno
tentato di impormi – ovviamente non vi sono riusciti, quando io ero
impegnato in questa battaglia – di cessare immediatamente l’attività per
essermi posto addirittura in un “evidente conflitto di interessi”. Io
ho respinto al mittente questa provocazione, sono stato prima sospeso 10
giorni e infine licenziato. E la cosa altrettanto grave è che il
giudizio di primo grado, nel tentativo di conciliazione che non vi fu,
perché pretendevano che facessi abiura del mio impegno e della mia
attività con i familiari, addirittura è stato detto che avevo “violato
il dovere di fedeltà all’azienda”. Cioè: il dovere di esser fedele a
personaggi che dirigevano la holding come amministratori delegati di Rfi
o Trenitalia, imputati con gravi responsabilità – e questo mi sento di
affermarlo, perché la magistratura ha chiesto numerosi anni di condanna –
e capi di imputazione pesanti in una vicenda come la strage di
Viareggio, che ha visto decine e decine di vittime e numerosi feriti. Il
paradosso è questo: loro sono stati rinominati e promossi da imputati,
ed io, per essermi messo al servizio dei familiari nella ricerca di
verità e sicurezza, sono stato ricattato, minacciato e poi licenziato.
Ovviamente non ho subìto queste minacce perché ho sempre detto quello
che pensavo e ho sempre risposto fino in fondo alla mia dignità di
persona nel sostenere i familiari in questa battaglia dolorosa, ma
estremamente importante, perché riguarda la sicurezza, la verità e la
giustizia.
Volevo
ricordare agli ascoltatori che hai messo a disposizione le tue
conoscenze per una consulenza tecnica per l’incidente probatorio per la
famiglia di una delle vittime e questo è stato l’elemento che ha
scatenato, secondo Rfi, un conflitto di interessi che poi ha portato,
appunto, al tuo licenziamento. Interessante il paradosso che
evidenziavi: tu vieni licenziato per aver contribuito alla ricerca della
verità e invece chi è alla guida dell’azienda ed ha un processo in
corso, anche molto importante, viene promosso. Ed è veramente
incredibile…
La
realtà è questa, quindi dobbiamo prenderne atto e ovviamente – come noi
sosteniamo – l’errore umano sarebbe non ribellarsi a questo stato di
cose. Di fronte a una politica di abbandono sulla sicurezza, quello è il
vero errore. disumano nei confronti dei lavoratori e purtroppo, dopo
Viareggio, anche nei confronti dei cittadini che a causa di un incidente
ferroviario hanno perso la vita mentre stavano riposando nelle proprie
abitazioni in una calda serata d’estate. Questo è quanto è avvenuto a
Viareggio. Per quanto riguarda l’incidente probatorio, ovviamente, è un
pretesto che hanno utilizzato. Io mi sono messo a disposizione
gratuitamente, tra l‘altro, dei familiari e del sindacato per concorrere
alla ricerca di verità rispetto alle responsabilità per quanto è
accaduto il 29 giugno, nei confronti dei 33 imputati e delle nove
società coinvolte che questi stessi dirigevano come proprietari,
amministratori delegati o dirigenti.
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