Già mezz'ora prima dell'inizio della manifestazione piazza Meardi si va riempiendo e il piccolo marciapiede antistante il bar dove è stato ucciso Youns non riesce a contenere donne e uomini del Marocco, compaesan× di Youns, seconde generazioni, ma anche persone di origine maghrebina e centrafricana. Lì dove sono stati deposti i fiori per Youns parla sua sorella tra applausi e occhi commossi. Poi ci si riversa tuttx nella rotonda, perché siamo tantx, siamo troppx, siamo migliaia: la comunità immigrata, le tante seconde generazioni di Voghera, hanno risposto in modo massiccio per un loro fratello e intanto la gente continua ad arrivare, da Pavia, Milano, Torino, dall'Emilia, da tutto il nord Italia. In cima all'aiuola, nel centro della rotonda, ai margini di una cittadina di provincia, si alzano le voci dei familiari di Youns, viene ritrasmesso uno struggente messaggio audio di sua figlia, si alzano cori chiari e potenti: "assassino assassino" rivolto ad Adriatici, "giustizia giustizia!" per Youns. Tutto intorno un ambiente surreale, una città blindata, con negozi chiusi, strade deserte e camionette della celere.
Hanno paura i padroni della città. Non vogliono che il sacro centro cittadino venga profanato da quelle che loro considerano orde di barbari e che oggi sono tuttx lì per restituirgli la loro giusta rabbia. Persone le cui vite non valgono nulla per loro, i padroni della città, gli Adriatici, la sindaca, i benpensanti bianchi, anche quelli di sinistra, insomma tutti i tipi di razzistx.
È però chiaro da subito che non si può contenere questa marea montante che da qualche parte esonderà. Ed è chiaro fin da subito anche che ci si sposterà, si farà un corteo, che si andrà verso il municipio, verso la casa dell'assassino Adriatici.
Dopo un primo tentativo arginato in qualche modo dai cordoni di celere, il presidio si riforma in piazza Meardi, riprende parola la sorella di Youns. Poi, dopo che lei ringrazia tutte e tutti i presenti per la solidarietà e annuncia che la lotta andrà avanti, si forma un nuovo corteo. Sono le 17 e tutte e tutti imbocchiamo via Gramsci, per poi riprovare a prenderci il centro.
È manif sauvage, al coro di "assassino assassino", "giustizia giustizia". E finalmente si riesce ad aggirare il dispositivo di sicurezza. Qualcuno conquista il castello, vi issa striscioni e bandiere, altre e altri dai vicoli sbucano in piazza del Duomo. Presto o tardi tuttx insieme siamo sotto al municipio. A dirglielo in faccia a lorsignori quello che sono e a dir loro, chiaro e tondo, che se pensavano di poter ammazzare Youns come un cane, che no, le vite dei migranti valgono. E poi giù per via Emilia fino a San Bovo e ritorno, tra tamburi battenti e moto rombanti. Il corteo finalmente si è preso tutta Voghera ed è tornato in piazza Meardi.
E ancora prese di parola, di donne, uomini immigrati, giovani di seconda generazione, sindacalisti, gente che ogni giorno lotta, col megafono strappato ai bianchi a cui viene spiegato che sì, grazie della solidarietà, ma oggi parliamo noi. Noi donne marocchine, amici di Youns, seconde generazioni.
Se le espressioni di odio razzista aumentano e assumono forme sempre più violente, al punto di arrivare all'omicidio, è anche vero che aumentano, premdono forza e corpo anche le risposte autorganizzate di massa. Oggi la rabbia ha tracimato. E doveva essere solo un comizio...
Nessun commento:
Posta un commento