Quanto davvero sia ridicolo l’atteggiamento di tutti i
politici, a cominciare da Draghi, e di tutti i partiti politici borghesi in
riferimento agli effetti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) lo
dimostrano i documenti, le inchieste, i rapporti più o meno ufficiali che cominciano
ad essere pubblicati.
A detta, soprattutto di Draghi, questo piano farebbe dei
veri e propri miracoli rispetto all’economia del paese, ma i rapporti, come
questo pubblicato dallo Svimez, smascherano le bugie rispetto, per esempio,
agli effetti sul Sud del Paese che sulla carta dovrebbe ricevere addirittura
82 miliardi di euro, il 40% dei 191 miliardi del piano!
È di ieri, infatti, la presentazione di un rapporto dell’Agenzia
Svimez che premesso che “l’economia italiana non aveva recuperato prima del
Covid nemmeno quanto ha perso nella crisi precedente, quella finanziaria e dei
debiti sovrani iniziata nel 2007-2008.” e che la crisi, aggravata dalla pandemia:
“ha già prodotto l’aumento di un milione di poveri assoluti in più in soli
dodici mesi.” e tenuto conto che strutturalmente, cioè per come è organizzato
il capitalismo in Italia, al sud i “salari sono ancora più bassi”, c’è il
rischio, dice il rapporto, che non solo non ci sarà “ripresa” e nemmeno il
recupero rispetto agli oltre 10 punti percentuali di prodotto interno lordo, ma
addirittura si approfondirà la “frattura” tra le due parti del Paese.
L’unico vero “miracolo” che con questo Piano la borghesia persegue, è quello di cercare di ridare fiato ai padroni, alle loro fabbriche e ai loro investimenti finanziari, perché riescano a fare una concorrenza più efficace sul piano mondiale.
***
Svimez: Nord e Sud uniti nella pandemia, divisi dalla
ripresa
Rapporto Svimez. La denuncia: «C’è il rischio di approfondire la frattura, il Pnrr non basta per rilanciare il Mezzogiorno»
La ripresa potrebbe non essere «resiliente», ma fortemente differenziata tra Nord e Sud del paese. Lo sostiene l’anticipazione del rapporto Svimez «L’economia e la società nel Mezzogiorno» resa nota
ieri. È la conseguenza di uno dei principali problemi strutturali dell’economia italiana con bassa produttività e salari ancora più bassi. Dopo 15 mesi di pandemia del Covid il divario tra le due facce del paese si è allargato sempre di più, insieme a quello tra l’intero paese e il resto d’Europa.L’ASSOCIAZIONE per lo sviluppo dell’industria nel
Mezzogiorno (Svimez) ricorda che, diversamente da altri paesi del continente l’economia
italiana non aveva recuperato prima del Covid nemmeno quanto ha perso nella
crisi precedente, quella finanziaria e dei debiti sovrani iniziata nel
2007-2008. Ai suoi effetti si sono aggiunti quelli innescati dal
congelamento delle attività economiche con le quali si è cercato di contenere
la circolazione del virus. Un doppio colpo che, al netto delle conseguenze
industriali e sul lavoro manifatturiero (basta vedere i primi licenziamenti di
luglio), ha già prodotto l’aumento di un milione di poveri assoluti in più
in soli dodici mesi.
QUESTE sono le stime: il Centro-Nord, con la ripresa
2021-22, recupererà integralmente il Pil perso nel 2020, mentre il Mezzogiorno
a fine 2022 avrà ancora da recuperare circa 1,7 punti di pil che si sommano a
circa 10 punti persi nella precedente crisi e non ancora recuperati. E questo
avverrebbe nonostante una crescita del Sud all’1,6% nel 2021 e al 2,8% nel 2022
e dell’1,7% nel 2021 e al 3% nel 2022 nel Centro-Nord. Nel 2021 il Pil
nazionale dovrebbe aumentare del 4,7%; in maniera più accentuata al Centro Nord
+5,1%, mentre nel Sud è previsto a +3,3%. Nel 2021 la crescita è trainata da
export e investimenti. Per Centro-Nord soprattutto macchinari, per Sud le
costruzioni. Nel dettaglio: Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia dovrebbero
conoscere in entrambi gli anni variazioni nella crescita degli occupati
superiori alla media del Mezzogiorno; la Basilicata supererebbe tale media nel
2021 ma non nel 2022; Calabria e Sardegna si attesterebbero su livello
superiori al Mezzogiorno solo nel 2022.
LA CHIAVE dell’anticipazione del rapporto sta
nell’interpretazione degli effetti che produrranno nel Sud e nelle Isole lo
stanziamento di 82 miliardi di euro, il 40% dei 191 miliardi del piano di
ripresa e resilienza contributo del Piano Nazionale di Ripresa) e Resilienza. Queste
almeno sono le cifre che il governo sostiene di avere stanziato. I
fondi, sostiene la Svimez, sono significativi, ma non sufficienti per
compensare la minor crescita tendenziale del Mezzogiorno e delle isole. Nel
rapporto si insiste sull’immediato rafforzamento del ruolo degli enti locali e
regionali del Mezzogiorno e su coordinamento con il livello centrale in modo
tale da superare la frammentazione e l’autoreferenzialità attuale, soprattutto
a livello regionale. Sotto la brace arde più che mai il fuoco della
contrapposizione tra governo e amministratori locali esplosa nella fase più
drammatica della pandemia.
SVIMEZ PROPONE la costituzione di centri di competenza
territoriale, formati da specialisti nella progettazione e attuazione delle
politiche di sviluppo, anche in raccordo con le università presenti nel
territorio, in grado di supportare le amministrazioni locali, e in particolare
i comuni». Il governo dovrebbe rendere certo il rispetto del vincolo di spesa
“media” del 40% per assicurare il conseguimento di quote di spesa aggiuntiva su
singole misure. Ed è altrettanto evitare che la più bassa capacità progettuale
delle amministrazioni meridionali determini il paradosso che le realtà a
maggior fabbisogno finiscano per beneficiare di risorse insufficienti.
DALLA RISOLUZIONE, non certo scontata, di questi problemi
dipendono gli effetti delle politiche espansive immaginate dal governo già a
partire dal 2021-2022, e per i cinque anni successivi. Il rischio è vanificare
un maggiore effetto degli investimenti a Sud pari all’8,5% contro il 4,9% nel
Centro-Nord già nel 2021.
https://ilmanifesto.it/svimez-nord-e-sud-uniti-nella-pandemia-divisi-dalla-ripresa/
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