venerdì 30 luglio 2021

pc 30 luglio - Il governicchio Draghi e i “miracoli” del Piano nazionale di ripresa

Quanto davvero sia ridicolo l’atteggiamento di tutti i politici, a cominciare da Draghi, e di tutti i partiti politici borghesi in riferimento agli effetti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) lo dimostrano i documenti, le inchieste, i rapporti più o meno ufficiali che cominciano ad essere pubblicati.

A detta, soprattutto di Draghi, questo piano farebbe dei veri e propri miracoli rispetto all’economia del paese, ma i rapporti, come questo pubblicato dallo Svimez, smascherano le bugie rispetto, per esempio, agli effetti sul Sud del Paese che sulla carta dovrebbe ricevere addirittura 82 miliardi di euro, il 40% dei 191 miliardi del piano!

È di ieri, infatti, la presentazione di un rapporto dell’Agenzia Svimez che premesso che “l’economia italiana non aveva recuperato prima del Covid nemmeno quanto ha perso nella crisi precedente, quella finanziaria e dei debiti sovrani iniziata nel 2007-2008.” e che la crisi, aggravata dalla pandemia: “ha già prodotto l’aumento di un milione di poveri assoluti in più in soli dodici mesi.” e tenuto conto che strutturalmente, cioè per come è organizzato il capitalismo in Italia, al sud i “salari sono ancora più bassi”, c’è il rischio, dice il rapporto, che non solo non ci sarà “ripresa” e nemmeno il recupero rispetto agli oltre 10 punti percentuali di prodotto interno lordo, ma addirittura si approfondirà la “frattura” tra le due parti del Paese.

L’unico vero “miracolo” che con questo Piano la borghesia persegue, è quello di cercare di ridare fiato ai padroni, alle loro fabbriche e ai loro investimenti finanziari, perché riescano a fare una concorrenza più efficace sul piano mondiale.

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Svimez: Nord e Sud uniti nella pandemia, divisi dalla ripresa

Rapporto Svimez. La denuncia: «C’è il rischio di approfondire la frattura, il Pnrr non basta per rilanciare il Mezzogiorno»

La ripresa potrebbe non essere «resiliente», ma fortemente differenziata tra Nord e Sud del paese. Lo sostiene l’anticipazione del rapporto Svimez «L’economia e la società nel Mezzogiorno» resa nota

ieri. È la conseguenza di uno dei principali problemi strutturali dell’economia italiana con bassa produttività e salari ancora più bassi. Dopo 15 mesi di pandemia del Covid il divario tra le due facce del paese si è allargato sempre di più, insieme a quello tra l’intero paese e il resto d’Europa.

L’ASSOCIAZIONE per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez) ricorda che, diversamente da altri paesi del continente l’economia italiana non aveva recuperato prima del Covid nemmeno quanto ha perso nella crisi precedente, quella finanziaria e dei debiti sovrani iniziata nel 2007-2008. Ai suoi effetti si sono aggiunti quelli innescati dal congelamento delle attività economiche con le quali si è cercato di contenere la circolazione del virus. Un doppio colpo che, al netto delle conseguenze industriali e sul lavoro manifatturiero (basta vedere i primi licenziamenti di luglio), ha già prodotto l’aumento di un milione di poveri assoluti in più in soli dodici mesi.

QUESTE sono le stime: il Centro-Nord, con la ripresa 2021-22, recupererà integralmente il Pil perso nel 2020, mentre il Mezzogiorno a fine 2022 avrà ancora da recuperare circa 1,7 punti di pil che si sommano a circa 10 punti persi nella precedente crisi e non ancora recuperati. E questo avverrebbe nonostante una crescita del Sud all’1,6% nel 2021 e al 2,8% nel 2022 e dell’1,7% nel 2021 e al 3% nel 2022 nel Centro-Nord. Nel 2021 il Pil nazionale dovrebbe aumentare del 4,7%; in maniera più accentuata al Centro Nord +5,1%, mentre nel Sud è previsto a +3,3%. Nel 2021 la crescita è trainata da export e investimenti. Per Centro-Nord soprattutto macchinari, per Sud le costruzioni. Nel dettaglio: Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia dovrebbero conoscere in entrambi gli anni variazioni nella crescita degli occupati superiori alla media del Mezzogiorno; la Basilicata supererebbe tale media nel 2021 ma non nel 2022; Calabria e Sardegna si attesterebbero su livello superiori al Mezzogiorno solo nel 2022.

LA CHIAVE dell’anticipazione del rapporto sta nell’interpretazione degli effetti che produrranno nel Sud e nelle Isole lo stanziamento di 82 miliardi di euro, il 40% dei 191 miliardi del piano di ripresa e resilienza contributo del Piano Nazionale di Ripresa) e Resilienza. Queste almeno sono le cifre che il governo sostiene di avere stanziato. I fondi, sostiene la Svimez, sono significativi, ma non sufficienti per compensare la minor crescita tendenziale del Mezzogiorno e delle isole. Nel rapporto si insiste sull’immediato rafforzamento del ruolo degli enti locali e regionali del Mezzogiorno e su coordinamento con il livello centrale in modo tale da superare la frammentazione e l’autoreferenzialità attuale, soprattutto a livello regionale. Sotto la brace arde più che mai il fuoco della contrapposizione tra governo e amministratori locali esplosa nella fase più drammatica della pandemia.

SVIMEZ PROPONE la costituzione di centri di competenza territoriale, formati da specialisti nella progettazione e attuazione delle politiche di sviluppo, anche in raccordo con le università presenti nel territorio, in grado di supportare le amministrazioni locali, e in particolare i comuni». Il governo dovrebbe rendere certo il rispetto del vincolo di spesa “media” del 40% per assicurare il conseguimento di quote di spesa aggiuntiva su singole misure. Ed è altrettanto evitare che la più bassa capacità progettuale delle amministrazioni meridionali determini il paradosso che le realtà a maggior fabbisogno finiscano per beneficiare di risorse insufficienti.

DALLA RISOLUZIONE, non certo scontata, di questi problemi dipendono gli effetti delle politiche espansive immaginate dal governo già a partire dal 2021-2022, e per i cinque anni successivi. Il rischio è vanificare un maggiore effetto degli investimenti a Sud pari all’8,5% contro il 4,9% nel Centro-Nord già nel 2021.

https://ilmanifesto.it/svimez-nord-e-sud-uniti-nella-pandemia-divisi-dalla-ripresa/

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