Quasi
duecento lavoratori collegati su zoom: circa cinquanta interventi;
oltre 7 ore di dibattito serrato: questi semplici numeri danno il senso
della piena riuscita della terza assemblea nazionale delle lavoratrici e
dei lavoratori combattivi, convocata in vista dello sciopero generale
del prossimo 29 gennaio.
Pur con differenti toni e
sfumature, l'assemblea è stata praticamente unanime nel giudicare
l'appuntamento del 29 gennaio come una tappa importante per lo sviluppo e
il rilancio del movimento di classe e del sindacalismo conflittuale nei
mesi a venire.
Il sostegno convinto allo sciopero
anche da quei lavoratori che il 29 novemnre, pur sostenendone con forza
la necessità ma preoccupati della sua riuscita avevano proposto di
individuare una data diversa, è la prova tangibile che al di là delle
diverse valutazioni tattiche, l'insieme dell'assemblea è concorde sulla
necessità di lanciare, nonostante tutte le difficoltà, un primo, forte
segnale a governo e padroni, con la consapevolezza della necessità che
questo percorso di lotta sia quanto più possibile ampio e partecipato
dalle lavoratrici e dai lavoratori, da organizzazioni e militanti
sindacali, compresi coloro che, a nostro giudizio danneggiando il
bisogno e la neccessità di convergenza e di unità della classe
lavoratrice, hanno scelto finora di non farne o di chiamarsi fuori.
Al
contrario, l'assemblea di ieri ha mostrato come la chiarezza del
confronto alla luce del sole, lungi dal depotenziare il percorso, lo ha
nei fatti rafforzato.
Sabato scorso il dibattito si
è arricchito grazie al contributo attivo e propositivo di numerose
esperienze e realtà di lotta: dal coordinamento operaio FCA che proprio
in queste ore è impegnato nella denuncia degli effetti nefasti della
fusione con PSA e della nascita del colosso Stellantis ai compagni
impegnati all'Ilva di Taranto nella denuncia degli effetti nefasti degli
accordi tra Arcelor Mittal e sindacati complici, dal comitato per la
difesa della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro di Sesto San
Giovanni protagonista di ampie e partecipate manifestazioni contro l'uso
capitalistico della pandemia ai lavoratori del pubblico impiego che in
queste settimane stanno denunciando l'assurdo licenziamento di Mauro
Gennari da parte dell'Inps, fino ad arrivare agli studenti medi, i quali
hanno lanciato una mobilitazione nazionale per il 29 gennaio a sostegno
dei lavoratori in sciopero.
Se è vero che i tempi
non sono ancora maturi per una mobilitazione davvero generale e di massa
sui luoghi di lavoro, è altrettanto vero che quelle migliaia di
proletari che in questi mesi si sono avvicinati al percorso
dell'assemblea hanno il dovere di indicare la strada al resto della
classe, contrastando nella pratica quella tendenza alla stasi e alla
passività che negli ultimi mesi domina il panorama dello stesso
sindacalismo di base e combattivo.
L'ampia
introduzione ha evidenziato come la crisi pandemica, nel rendere oramai
permanente lo stato di emergenza sanitaria con annessi divieti e/o forti
limitazioni agli spostamenti, impedisce di fatto lo svolgimento della
manifestazione nazionale a Roma così com'era stata annunciata dalla
seconda assemblea lo scorso 29 novembre.
Alla luce
di quanto stato di cose, l'assemblea è stata concorde nel recepire la
proposta della presidenza di concentrare tutte le forze sullo sciopero
del 29, e di rinviare la manifestazione a Roma (Covid permettendo) al
prossimo 17 aprile.
Se da un lato non è prevedibile
quale sarà lo scenario e la curva pandemica ad aprile, alcune realtà
(Sesto San Giovanni e disoccupati 7 novembre, ma anche SI Cobas e Slai
Cobas per il sindacato di classe) hanno posto l'accento sull'urgenza di
un appuntamento di piazza nazionale che individui nel governo la
controparte effettiva delle nostre rivendicazioni. Lo slogan principale
veicolato in questi mesi dalle realtà aderenti al percorso comune è
stato: "se dobbiamo lavorare, possiamo anche scioperare"; ora si tratta
di declinare quello slogan in una forma nuova: " se dobbiamo lavorare
possiamo anche manifestare".
Sia l'introduzione che
numerosi interventi (lavoratori della logistica, della scuola, dello
spettacolo, metalmeccanici, telecomunicazioni, ecc.) si sono soffermati
sulla crisi istituzionale e di governo esplosa nelle ultime ore,
rispetto alla quale da un lato sono evidenti i tentativi e le manovre
per imporre un ennesimo governo tecnico, dall'altro è altrettanto
evidente il sostegno a Conte da parte di una fetta consistente della
grande borghesia, verso a quale l'attuale esecutivo ha rappresentato un
garante senza eguali della pace sociale durante la fase pandemica: a
differenza di altre aggregazioni sociali e della quasi totalità del
sindacalismo (confederale e non) l'assemblea ha ribadito la sua totale
autonomia da ogni partito e schieramento dell’arco istituzionale
borghese, e la ferma opposizione alle misure finora adottate dal governo
Conte, sia in relazione al mancato contenimento della pandemia, sia
riguardo alle politiche sul lavoro e sui salari, prone agli interessi di
Confindustria e del grande padronato. In quest'ottica, lo sciopero del
29 gennaio rappresenterà un banco di prova fondamentale per rilanciare
la lotta per strappare dei protocolli davvero vincolanti per la tutela
della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, per porre con forza
il tema delle tutele salariali e dei rinnovi dei CCNL scaduti, della
riduzione d'orario a parità di salario al fine di arginare l'ondata di
licenziamenti e rilanciare la rivendicazione di una patrimoniale del 10%
sul 10% affinché la crisi sia pagata dai padroni.
Le
lotte in corso nella logistica, foriere di accordi a livello aziendale
sulla sicurezza e di una trattativa tuttora in corso con alcune
associazioni datoriali per strappare migliori condizioni salariali,
dimostrano che anche su questi temi è possibile agire e ottenere
risultati concreti solo attraverso il protagonismo e la mobilitazione
reale dei lavoratori.
In questi mesi, di pari passo
con lo sviluppo delle iniziative nazionali, abbiamo assistito alla
costituzione in alcune città (su tutte Roma) delle assemblee provinciali
dei lavoratori combattivi, capaci di interfacciarsi a 360 gradi con le
vertenze e le mobilitazioni locali: si tratta di un segnale positivo
nella direzione di un reale radicamento del percorso sui territori e nei
luoghi di lavoro, che va sostenuto e incoraggiato.
L'assemblea,
nel rinnovare l'invito a concentrare tutte le sue forze per la riuscita
dello sciopero del 29 gennaio, ha indicato un primo calendario di
iniziative nazionali successive a quella data:
- 8 marzo, partecipazione alle mobilitazioni per la giornata di lotta internazionale della donna;
-
17 aprile: assemblea nazionale tematica sui temi della salute e della
sicurezza dei lavoratori, coinvolgendo esperti in materia sanitaria e
medicina del lavoro.
- 1 maggio, giornata di lotta internazionale dei lavoratori.
Sì
è infine lanciata la proposta di dar vita, nella giornata del 2 maggio,
ad un iniziativa tesa a costruire collegamenti su scala internazionale,
coinvolgendo esperienze di lotta e sindacali di altri paesi.
Nelle
settimane successive allo sciopero del 29 l'assemblea sarà riconvocata
al fine di definire e organizzare in maniera dettagliata questo
calendario di lotta per la primavera.
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