giovedì 21 gennaio 2021

pc 21 gennaio - dalle Tesi di Lione PCd'I 1926 - stralci

24. La organizzazione della avanguardia operaia in Partito comunista è la parte essenziale della nostra attività organizzativa. Gli operai italiani hanno appreso dalla loro esperienza (1919-20) che ove manchi la guida di un partito comunista costruito come partito della classe operaia e come partito della rivoluzione, non è possibile un esito vittorioso della lotta per l'abbattimento del regime capitalistico. La costruzione di un Partito comunista che sia di fatto il partito della classe operaia e il partito della rivoluzione - che sia cioè, un partito "bolscevico" - è in connessione diretta con i seguenti punti fondamentali:

1) la ideologia del partito;
2) la forma della organizzazione, e la sua compattezza;
3) la capacità di funzionare a contatto con la massa;
4) la capacità strategica e tattica. Ognuno di questi punti è collegato strettamente con gli altri e non potrebbe, a rigore di logica, esserne separato.
Ognuno di essi infatti indica e comprende una serie di problemi le cui soluzioni interferiscono e si sovrappongono. L'esame separato di essi sarà utile soltanto quando si tenga presente che nessuno può venire risolto senza che tutti siano impostati e condotti di pari passo ad una soluzione.

L'ideologia del partito

25. Unità ideologica completa è necessaria al Partito comunista per poter adempiere in ogni momento la sua funzione di guida della classe operaia. L'unità ideologica è elemento della forza del partito e della sua capacità politica, essa è indispensabile per farlo diventare un partito bolscevico. Base della unità ideologica è la dottrina del marxismo e del leninismo, inteso quest'ultimo come la dottrina marxista adeguata ai problemi del periodo dell'imperialismo e dell'inizio della rivoluzione proletaria (Tesi sulla bolscevizzazione dell'Esecutivo allargato dell'aprile 1925, nn. IV e VI).
Il Partito comunista d'Italia ha formato la sua ideologia nella lotta contro la socialdemocrazia (riformisti) e contro il centrismo politico rappresentato dal Partito massimalista. Esso non trova però nella storia del movimento operaio italiano una vigorosa e continua corrente di pensiero marxista cui richiamarsi. Manca inoltre nelle sue file una profonda e diffusa conoscenza delle teorie del marxismo e del leninismo. Sono quindi possibili le deviazioni.
L'innalzamento del livello ideologico del partito deve essere ottenuto con una sistematica attività interna la quale si proponga di portare tutti i membri ad avere una completa consapevolezza dei fini immediati del movimento rivoluzionario, una certa capacità di analisi marxista delle situazioni e una correlativa capacità di orientamento politico (scuola di partito).
È da respingere una concezione la quale affermi che i fattori di coscienza e di maturità rivoluzionaria, i quali costituiscono la ideologia, si possano realizzare nel partito senza che siansi realizzati in un vasto numero di singoli che lo compongono.

26. Nonostante le origini da una lotta contro degenerazioni di destra e centriste del movimento operaio, il pericolo di deviazioni di destra è presente nel Partito comunista d'Italia. Nel campo teorico esso è

rappresentato dai tentativi di revisione del marxismo fatti dal compagno Graziadei sotto la veste di una precisazione "scientifica" di alcuni dei concetti fondamentali della dottrina di Marx. I tentativi di Graziadei non possono certo portare alla creazione di una corrente e quindi di una frazione che metta in pericolo la unità ideologica e la compattezza del partito.
È però implicito in essi un appoggio a correnti e deviazioni politiche di destra. Ad ogni modo essi indicano la necessità che il partito compia un profondo studio del marxismo e acquisti una coscienza teorica più alta e più sicura. Il pericolo che si crei una tendenza di destra è collegato con la situazione generale del paese. La compressione stessa che il fascismo esercita tende ad alimentare la opinione che essendo il proletariato nella impossibilità di rapidamente rovesciare il regime, sia miglior tattica quella che porti, se non a un blocco borghese-proletario per la eliminazione costituzionale del fascismo, a una passività della avanguardia rivoluzionaria, a un non-intervento attivo del partito comunista nella lotta politica immediata, onde permettere alla borghesia di servirsi del proletariato come massa di manovra elettorale contro il fascismo.
Questo programma si presenta con la formula che il Partito comunista deve essere "l'ala sinistra" di una opposizione di tutte le forze che cospirano all'abbattimento del regime fascista. Esso è la espressione di un profondo pessimismo circa le capacità rivoluzionarie della classe lavoratrice. Lo stesso pessimismo e le stesse deviazioni conducono a interpretare in modo errato la natura e la funzione storica dei partiti socialdemocratici nel momento attuale, a dimenticare che la socialdemocrazia sebbene abbia ancora la sua base sociale, per gran parte, nel proletariato per quanto riguarda la sua ideologia e la sua funzione politica cui adempie, deve essere considerata non come un'ala destra del movimento operaio, ma come un'ala sinistra della borghesia e come tale deve essere smascherata davanti alle masse. Il pericolo di destra deve essere combattuto con la propaganda ideologica, col contrapporre al programma di destra il programma rivoluzionario della classe operaia e del suo partito, e con mezzi disciplinari ordinari ogni qualvolta la necessità lo richieda.

27. Legato con le origini del partito e con la situazione generale del paese è parimenti il pericolo di deviazioni di sinistra dalla ideologia marxista e leninista. Esso è rappresentato dalla tendenza estremista che fa capo al compagno Bordiga. Questa tendenza si formò nella particolare situazione di disgregazione e incapacità programmatica, organizzativa, strategica e tattica in cui si trovò il Partito socialista italiano dalla fine della guerra al Congresso di Livorno: la sua origine e la sua fortuna sono inoltre in relazione col fatto che, essendo la classe operaia una minoranza nella popolazione lavoratrice italiana, è continuo il pericolo che il suo partito sia corrotto da infiltrazioni di altre classi, e in particolare della piccola borghesia.
A questa condizione della classe operaia e alla situazione del Partito socialista italiano la tendenza di estrema sinistra reagì con una particolare ideologia, cioè con una concezione della natura del partito, della sua funzione e della sua tattica che è in contrasto con quella del marxismo e del leninismo: a) dall'estrema sinistra il partito viene definito, trascurando e sottovalutando il suo contenuto sociale, come un "organo" della classe operaia, che si costituisce per sintesi di elementi eterogenei. Il partito deve invece essere definito mettendo in rilievo anzitutto il fatto che esso è una "parte" della classe operaia.
L'errore nella definizione del partito porta a impostare in modo errato i problemi organizzativi e i problemi di tattica; b) per la estrema sinistra la funzione del partito non è quella di guidare in ogni momento la classe sforzandosi di restare in contatto con essa attraverso qualsiasi mutamento di situazione oggettiva, ma di elaborare dei quadri preparati a guidare la massa quando lo svolgimento delle situazioni l'avrà portata al partito, facendole accettare le posizioni programmatiche e di principio da esso fissate; c) per quanto riguarda la tattica, l'estrema sinistra sostiene che essa non deve venire determinata in relazione con le situazioni oggettive e con la posizione delle masse in modo che essa aderisca sempre alla realtà e fornisca un continuo contatto con gli strati più vasti della popolazione lavoratrice, ma deve essere determinata in base a preoccupazioni formalistiche.
È propria dell'estremismo la concezione che le deviazioni dai principi della politica comunista non vengono evitate con la costruzione di partiti "bolscevichi" i quali siano capaci di compiere, senza deviare, ogni azione politica che è richiesta per la mobilitazione delle masse e per la vittoria rivoluzionaria, ma possono essere evitate soltanto col porre alla tattica limiti rigidi e formali di carattere esteriore (nel campo organizzativo: "adesione individuale", cioè rifiuto delle "fusioni", le quali possono invece essere sempre, in condizioni determinate, efficacissimo mezzo di estensione della influenza del partito; nel campo politico: travisamento dei termini del problema della conquista della maggioranza, fronte unico sindacale e non politico, nessuna diversità nel modo di lottare contro la democrazia a seconda del grado di adesione delle masse a formazioni democratiche contro-rivoluzionarie e della imminenza e gravità di un pericolo reazionario, rifiuto della parola d'ordine del governo operaio e contadino). All'esame delle situazioni dei movimenti di massa si ricorre quindi solo per il controllo della linea dedotta in base a preoccupazioni formalistiche e settarie: viene perciò sempre a mancare, nella determinazione della politica del partito, l'elemento particolare; la unità e completezza di visione che è propria del nostro metodo di indagine politica (dialettica) è spezzata; l'attività del partito e le sue parole d'ordine perdono efficacia e valore rimanendo attività e parole di semplice propaganda.
È inevitabile, come conseguenza di queste posizioni, la passività politica del partito. Di essa l' "astensionismo" fu nel passato un aspetto. Ciò permette di avvicinare l'estremismo di sinistra al massimalismo e alle deviazioni di destra. Esso è inoltre, come la tendenza di destra, espressione di uno scetticismo sulla possibilità che la massa operaia organizzi dal suo seno un partito di classe il quale sia capace di guidare la grande massa sforzandosi di tenerla in ogni momento collegata a sé. 

La lotta ideologica contro l'estremismo di sinistra deve essere condotta contrapponendogli la concezione marxista e leninista del partito del proletariato come partito di massa e dimostrando la necessità che esso adatti la sua tattica alle situazioni per poterle modificare, per non perdere il contatto con le masse e per acquistare sempre nuove zone di influenza. L'estremismo di sinistra fu la ideologia ufficiale del partito italiano nel primo periodo della sua esistenza. Esso è sostenuto da compagni che furono tra i fondatori del partito e dettero un grandissimo contributo alla sua costruzione dopo Livorno. 
Vi sono quindi motivi per spiegare come questa concezione sia stata a lungo radicata nella maggioranza dei compagni anche senza che fosse da essi valutata criticamente in modo completo, ma piuttosto come conseguenza di uno stato d'animo diffuso. È evidente perciò che il pericolo di estrema sinistra deve essere considerato come una realtà immediata, come un ostacolo non solo alla unificazione ed elevazione ideologica, ma allo sviluppo politico del partito e alla efficacia della sua azione. Esso deve essere combattuto come tale, non solo con la propaganda, ma con una azione politica ed eventualmente con misure organizzative.

28. Elemento della ideologia del partito è il grado di spirito internazionalista che è penetrato nelle sue file. Esso è assai forte tra di noi come spirito di solidarietà internazionale, ma non altrettanto come coscienza di appartenere ad un partito mondiale. Contribuisce a questa debolezza la tendenza a presentare la concezione di estrema sinistra come una concezione nazionale ("originalità" e valore "storico" delle posizioni della "sinistra italiana") la quale si oppone alla concezione marxista e leninista della Internazionale comunista e cerca di sostituirsi ad essa.
Di qui l'origine di una specie di "patriottismo di partito", che rifugge dall'inquadrarsi in una organizzazione (rifiuti di cariche, lotta di frazione internazionale ecc.). Questa debolezza di spirito internazionalista offre il terreno ad una ripercussione nel partito della campagna che la borghesia conduce contro la Internazionale comunista qualificandola come organo dello Stato russo. Alcune delle tesi di estrema sinistra a questo proposito si collegano a tesi abituali dei partiti controrivoluzionari. Esse devono venir combattute con estremo vigore, con una propaganda che dimostri come storicamente spetti al partito russo una funzione predominante e direttiva nella costruzione di una Internazionale comunista e quale è la posizione dello Stato operaio russo - prima ed unica reale conquista della classe operaia nella lotta al potere - nei confronti del movimento operaio internazionale (Tesi sulla situazione internazionale).

Tutti i problemi di organizzazione sono problemi politici. La soluzione di essi deve rendere possibile al partito di attuare il suo compito fondamentale, di far acquistare al proletariato una completa indipendenza politica, di dargli una fisionomia, una personalità, una coscienza rivoluzionaria precisa, di impedire ogni infiltrazione e influenza disgregatrice di classi ed elementi i quali pur avendo interessi contrari al capitalismo non vogliono condurre la lotta contro di esso fino alle sue conseguenze ultime. In prima linea è un problema politico: quello della base della organizzazione. La organizzazione del partito deve essere costruita sulla base della produzione e quindi del luogo di lavoro (cellule). 

Questo principio è essenziale per la creazione di un partito "bolscevico". Esso dipende dal fatto che il partito deve essere attrezzato per dirigere il movimento di massa della classe operaia, la quale viene naturalmente unificata dallo sviluppo del capitalismo secondo il processo della produzione. Ponendo la base organizzativa nel luogo della produzione il partito compie un atto di scelta della classe sulla quale esso si basa. Esso proclama di essere un partito di classe e il partito di una sola classe, la classe operaia. Tutte le obiezioni al principio che pone la organizzazione del partito sulla base della produzione partono da concezioni che sono legate a classi estranee al proletariato, anche se sono presentate da compagni e gruppi che si dicono di "estrema sinistra". Esse si basano sopra una considerazione pessimista delle capacità rivoluzionarie dell'operaio comunista, e sono espressione dello spirito antiproletario del piccolo-borghese intellettuale, il quale crede di essere il sale della terra e vede nell'operaio lo strumento materiale dello sconvolgimento sociale e non il protagonista cosciente e intelligente della rivoluzione. Si riproducono nel partito italiano a proposito delle cellule la discussione e il contrasto che portarono in Russia alla scissione tra bolscevichi e menscevichi a proposito del medesimo problema della scelta della classe, del carattere di classe del partito e del modo di adesione al partito di elementi non proletari.

Questo fatto ha del resto, in relazione con la situazione italiana, una importanza notevole. È la stessa struttura sociale e sono le condizioni e le tradizioni della lotta politica quelle che rendono in Italia assai più serio che altrove il pericolo di edificare il partito in base a una "sintesi" di elementi eterogenei, cioè di aprire in essi la via alla influenza paralizzatrice di altre classi. Si tratta di un pericolo che sarà inoltre reso sempre più grave dalla stessa politica del fascismo, che spingerà sul terreno rivoluzionario intieri strati della piccola borghesia. È certo che il Partito comunista non può essere solo un partito di operai. La classe operaia e il suo partito non possono fare a meno degli intellettuali né possono ignorare il problema di raccogliere intorno a sé e guidare tutti gli elementi che per una via o per un'altra sono spinti alla rivolta contro il capitalismo.
Così pure il Partito comunista non può chiudere le porte ai contadini: esso deve anzi avere nel suo seno dei contadini e servirsi di essi per stringere il legame politico tra il proletariato e le classi rurali. Ma è da respingere energicamente, come controrivoluzionaria, ogni concessione che faccia del partito una "sintesi" di elementi eterogenei, invece di sostenere senza concessioni di sorta che esso è una parte del proletariato, che il proletariato deve dargli la impronta della organizzazione che gli è propria e che al proletariato deve essere garantita nel partito stesso una funzione direttiva.

30. Non hanno consistenza le obiezioni pratiche alla organizzazione sulla base della produzione (cellule), secondo le quali questa struttura organizzativa non permetterebbe di superare la concorrenza tra diverse categorie di operai e darebbe il partito in balia al funzionarismo. La pratica del movimento di fabbrica (1919-20) ha dimostrato che solo una organizzazione aderente al luogo e al sistema della produzione permette di stabilire un contatto tra gli strati superiori e gli strati inferiori della massa lavoratrice (qualificati, non qualificati e manovali) e di creare vincoli di solidarietà che tolgono le basi ad ogni fenomeno di "aristocrazia operaia".
La organizzazione per cellule porta alla formazione nel partito di uno strato assai vasto di elementi dirigenti (segretari di cellula, membri dei comitati di cellula, ecc.), i quali sono parte della massa e rimangono in essa pure esercitando funzioni direttive, a differenza dei segretari delle sezioni territoriali i quali erano di necessità elementi staccati dalla massa lavoratrice. Il partito deve dedicare una cura particolare alla educazione di questi compagni che formano il tessuto connettivo della organizzazione e sono lo strumento del collegamento con le masse. Da qualsiasi punto di vista venga considerata, la trasformazione della struttura sulla base della produzione rimane compito fondamentale del partito nel momento presente e mezzo per la soluzione dei più importanti suoi problemi. Si deve insistere in essa e intensificare tutto il lavoro ideologico e pratico che ad essa è relativo. La capacità e tattica del partito è la capacità di organizzare e unificare attorno all'avanguardia proletaria e alla classe operaia tutte le forze necessarie alla vittoria rivoluzionaria e di guidarle di fatto verso la rivoluzione approfittando delle situazioni oggettive e degli spostamenti di forze che esse provocano sia tra la popolazione lavoratrice che tra i nemici della classe operaia. Con la sua strategia e con la sua tattica il partito "dirige la classe operaia" nei grandi movimenti storici e nelle sue lotte quotidiane. L'unica direzione è legata all'altra ed è condizionata dall'altra.

36. Il principio che il partito dirige la classe operaia non deve essere interpretato in modo meccanico. Non bisogna credere che il partito possa dirigere la classe operaia per una imposizione autoritaria esterna; questo non è vero né per il periodo che precede né per il periodo che segue la conquista del potere. L'errore di una interpretazione meccanica di questo principio deve essere combattuto nel partito italiano come una possibile conseguenza delle deviazioni ideologiche di estrema sinistra; queste deviazioni portano infatti a una arbitraria sopravvalutazione formale del partito per ciò che riguarda la funzione di guida della classe. Noi affermiamo che la capacità di dirigere la classe è in relazione non al fatto che il partito si "proclami" l'organo rivoluzionario di essa, ma al fatto che esso "effettivamente" riesca, come una parte della classe operaia, a collegarsi con tutte le sezioni della classe stessa e a imprimere alla massa un movimento nella direzione desiderata e favorita dalle condizioni oggettive.
Solo come conseguenza della sua azione tra le masse il partito potrà ottenere che esse lo riconoscano come il "loro" partito (conquista della maggioranza), e solo quando questa condizione si è realizzata esso può presumere di poter trascinare dietro a sé la classe operaia. Le esigenze di questa azione tra le masse sono superiori a ogni "patriottismo" di partito.

37. Il partito dirige la classe penetrando in tutte le organizzazioni in cui la massa lavoratrice si raccoglie e compiendo in esse e attraverso di esse una sistematica mobilitazione di energia secondo il programma della lotta di classe e un'azione di conquista della maggioranza alle direttive comuniste. Le organizzazioni in cui il partito lavora e che tendono per loro natura a incorporare tutta la massa operaia non possono mai sostituire il Partito comunista, che è l'organizzazione politica dei rivoluzionari, cioè dell'avanguardia del proletariato. Così è escluso un rapporto di subordinazione, e di "eguaglianza" tra le organizzazioni di massa e il partito (patto sindacale di Stoccarda, patto di alleanza tra il Partito socialista italiano e la Confederazione generale del lavoro).
Il rapporto tra sindacati e partito è uno speciale rapporto di direzione che si realizza mediante la attività che i comunisti esplicano in seno ai sindacati. I comunisti si organizzano in frazioni nei sindacati e in tutte le formazioni di massa e partecipano in prima fila alla vita di queste formazioni e alle lotte che esse conducono, sostenendovi il programma e le parole d'ordine del loro partito. Ogni tendenza a estraniarsi dalla vita delle organizzazioni, qualunque esse siano, in cui è possibile prendere contatto con le masse lavoratrici, è da combattere come pericolosa deviazione, indizi di pessimismo e sorgente di passività.

38. Organi specifici di raccoglimento delle masse lavoratrici sono nei paesi capitalistici i sindacati. L'azione nei sindacati è da considerare come essenziale per il raggiungimento dei fini del partito. Il partito che rinuncia alla lotta per esercitare la sua influenza nei sindacati e per conquistarne la direzione, rinuncia di fatto alla conquista della massa operaia e alla lotta rivoluzionaria per il potere. In Italia l'azione nei sindacati assume una particolare importanza perché consente di lavorare con intensità più grave e con risultati migliori a quella riorganizzazione del proletariato industriale e agricolo che deve ridargli una posizione di predominio nei confronti con le altre classi sociali.
La compressione fascista e specialmente la nuova politica sindacale del fascismo creano però una condizione di cose del tutto particolare. La Confederazione del lavoro e i sindacati di classe si vedono tolta la possibilità di svolgere, nelle forme tradizionali, una attività di organizzazione e di difesa economica. Essi tendono a ridursi a semplici uffici di propaganda. In pari tempo però la classe operaia, sotto l'impulso della situazione oggettiva, è spinta a riordinare le proprie forze secondo nuove forme di organizzazione. Il partito deve quindi riuscire a compiere una azione di difesa del sindacato di classe e di rivendicazioni della sua libertà, e in pari tempo deve secondare e stimolare la tendenza alla creazione di organismi rappresentativi di massa i quali aderiscono al sistema della produzione. Paralizzata l'attività del sindacato di classe, la difesa dell'interesse immediato dei lavoratori tende a compiersi attraverso uno spezzettamento della resistenza e della lotta per officine, per categorie, per reparti di lavoro, ecc.
Il Partito comunista deve saper seguire tutte queste lotte ed esercitare una vera e propria direzione di esse, impedendo che in esse vada smarrito il carattere unitario e rivoluzionario dei contrasti di classe, sfruttandole anzi per favorire la mobilitazione di tutto il proletariato e la organizzazione di esso sopra un fronte di combattimento (Tesi sindacali).

39. Il partito dirige e unifica la classe operaia partecipando a tutte le lotte di carattere parziale, e formulando e agitando un programma di rivendicazioni di immediato interesse per la classe lavoratrice. Le azioni parziali e limitate sono da esso considerate come momenti necessari per giungere alla mobilitazione progressiva e alla unificazione di tutte le forze della classe lavoratrice. Il partito combatte la concezione secondo la quale ci si dovrebbe astenere dall'appoggiare o dal prendere parte ad azioni parziali perché i problemi interessanti la classe lavoratrice sono risolubili solo con l'abbattimento del regime capitalista e con una azione generale di tutte le forze anticapitalistiche. Esso è consapevole della impossibilità che le condizioni dei lavoratori siano migliorate in modo serio e durevole, nel periodo dell'imperialismo e prima che il regime capitalista sia stato abbattuto.

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