di Vito Totire (*)
La morte di Christian Vernocchi a Cervia – ucciso da una pala meccanica nella “stazione di trasferenza” di Hera Ambiente – lascia allibiti. Molti fattori spingono alla assuefazione e alla rassegnazione ma ogni evento luttuoso di questo genere riapre ferite mai rimarginate. In particolare se si verificano in contesti territoriali come la Romagna con precedenti stragi di operai (dalla Mecnavi all’amianto dell’Enichem e di altri siti produttivi).
In un momento storico in cui certe procure della repubblica parlano di epidemia come di “evento ineluttabile” c’è il rischio che il mito – sempre infondato – della inevitabilità si proietti anche sulla “ordinaria” e quotidiana strage sul lavoro.
Non è solo una critica, è anche una autocritica in quanto alla fine anche “noi” arriviamo il giorno dopo.
Ma bisogna agire; dietro ogni evento infortunistico e dietro ogni malattia professionale c’è un segno premonitore che va ricercato nelle lacune del documento di valutazione del rischio. A volte, pur essendo
corretta la valutazione, i rapporti di forza fra lavoratori e padroni impediscono di mettere in pratica le misure di prevenzione, pur magari facili da attuare. Insistiamo sulla nostra proposta di istituire – sul modello del Renam per i mesoteliomi – i registri degli infortuni mortali integrati dai dati sui “quasi infortuni” , quegli eventi a rischio che non hanno avuto esiti infortunistici ma per ragioni fortuite e dai quali occorre trarre indicazioni per la prevenzione futura.Che il rischio si trasmetta lungo la catena di appalti e subappalti è cosa nota. Sono francamente irritanti le frequenti sortite di Hera (certe pagine di certi quotidiani sono poco lette ma comunque…) di sapore auto-propagandistico: Hera si vanta di essere ai vertici mondiali delle classifiche di “top employement” compilate da agenzie private vittime di ipnosi. Queste agenzie – supponiamo a pagamento – si concentrano su alcuni particolari evitando di analizzare il contesto; è facile giungere in vetta a queste “classifiche” quando i lavori più a rischio (tipo gli interventi sule condutture del cemento-amianto) sono quasi completamente esternalizzati e affidati ad aziende che andrebbero seguite dagli organi di vigilanza.
Per la morte di Christian Vernocchi non possiamo che esprimere il nostro cordoglio, ma diamo la disponibilità a sostenere percorsi di costituzione di parte civile. Un passo che ci auguriamo venga fatto anche dal sindaco del Comune nel cui territorio si è verificato l’evento mortale e da quello del Comune di residenza del ragazzo .
Il processo, se ci sarà un processo, riguarda tutta la comunità.
(*) Vito Totire, medico del lavoro, portavoce Rete per l’ecologia sociale
Riders: morire di lavoro e lacrime da coccodrilli
Adriano è morto ieri sera per un infarto, spingeva la sua macchina a causa di un guasto, nel bel mezzo di una consegna. Sarebbero tantissime le riflessioni da fare e gli elementi da sollevare: gli aiuti insufficienti del governo durante questa pandemia, i ritmi dei lavoratori del food delivery, le condizioni che vivono tutti i lavoratori dello spettacolo e della cultura.
La cosa che più ci colpisce e ci fa riflettere è però un’altra: il modo in cui queste vite e queste storie vengono raccontate. Si parla di Adriano solo dopo la scomparsa, quando diventa un fatto di cronaca che si può riportare suscitando facili emozioni.
Non si parla di Adriano e delle migliaia che come lui portano avanti una battaglia quotidiana fatta di salari da fame, occasioni inesistenti e porte sbattute in faccia.
La storia di Adriano, come tante altre, ci racconta invece che non esistono prospettive senza salari dignitosi, reddito, diritti e welfare. Esiste solo una battaglia quotidiana che finisce sui giornali quando ormai è troppo tardi. Sarebbe bello se oggi a risuonare fosse solo la sua musica e non fossimo costretti ad assistere alle solite lacrime di coccodrillo.
(*) da https://www.dinamopress.it/
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