A 80 anni, in ospedale a Roma, è morto questa mattina Ansoino Andreassi. E’ stato una delle figure più importanti della lotta al terrorismo fra gli anni '70 e '80 ma il suo nome non è noto al grande pubblico anche per via della sua scarsa propensione al palcoscenico. Se ne scrisse molto di più dopo il G8 del luglio 2001 di Genova. Andreassi era infatti all’epoca vice capo della polizia e nel generale clima di scaricabarile ed omertà dei vertici della polizia sull’irruzione nella scuola Diaz (quella della macelleria messicana), fu l’unico a fornire fin dall’inizio un quadro preciso delle motivazioni e della confusione organizzativa di quella sciagurata irruzione

E forse proprio per questo fu uno dei pochissimi ad essere scaricato e parcheggiato nei servizi segreti. D’altra parte il prefetto Andreassi, uomo colto, autore di testi e libri giuridici, sempre attento al rispetto dei dettati costituzionali aveva rotto fin da subito il muro del silenzio. Queste le sue parole al processo Diaz quando fu sentito come testimone: “Ho vissuto quella perquisizione come una calamità, e non volevo essere coinvolto. Non c' era tempo per le indecisioni, e mi sono fatto da parte. Quello ormai era un treno in corsa».

Smentì altri funzionari che cercavano di indicare come responsabili altri dirigenti per allontanare le correlazioni con l’allora capo della polizia Gianni De Gennaro. Andreassi disse in tribunale a proposito delle motivazioni dell’irruzione: “Percepii un cambio di strategia. Si voleva passare ad una linea più incisiva”. La vicenda è purtroppo nota ed appartiene alla Storia. I funzionari vicinissimi a De Gennaro sono stati condannati per aver falsificato le prove dopo aver massacrato decine di manifestanti inermi e, si legge nelle sentenze, “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”

L’allora ministro dell'Interno Claudio Scajola disse della rimozione di  Andreassi e La Barbera (deceduto pochi mesi dopo, ndr) "Andreassi e La Barbera, da bravi servitori dello Stato, hanno condiviso la necessità che in questo momento gli alti ruoli istituzionali che ricoprono dovessero essere in questo momento lasciati per consentire alla magistratura di svolgere al meglio il suo compito", ha detto. Scajola aggiunse che la decisione è stata presa per "motivi di assoluta opportunità".

Paradossalmente Andreassi fu uno dei pochi super poliziotti presenti a Genova a non essere indagato e condannato mentre tutti i suoi colleghi, poi condannati in via definitiva, scalavano cariche e poltrone e ancora oggi ricoprono, dopo il rientro, ruoli di primissimo piano addirittura nell’antimafia.

Luigi Notari, a lungo segretario del Siulp e nome storico della polizia democratica italiana lo ricorda così: “Un funzionario di grande spessore umano e culturale. Poliziotto di sopraffina competenza tecnica e giuridica, fu uno dei primi a capire e combattere l’estremismo fascista”.

Il magistrato Enrico Zucca titolare delle indagini sulla scuola Diaz durante un convegno di alcuni anni fa ricordò una dichiarazione di Andreassi: <Quando parlò della morte di Carlo Giuliani, il prefetto Andreassi disse che “quando muore un manifestante per i responsabili dell’ordine pubblico, per tutti, è un fallimento”. E’ una riflessione che dimostra che si può avere un’altra visione non solo rispetto a quella becera, magari diffusa nella truppa, che viene dimostrata dalla frase dell’operatrice  al centralino della questura che dice “bene , uno a zero per noi”. La visione di Andreassi contrasta anche con la visione ufficiale della polizia mantenuta per lunghi anni dai suoi vertici incuranti del progressivo accertamento dei fatti. Andreassi ha chiaro che la polizia è istituzione e che la gestione dell'ordine pubblico in una società democratica è mirata a garantire anche il dissenso, non è contrapposta a qualcuno ma garantisce tutti.Questa è la linea di demarcazione che il G8 fa emergere e che è messa in crisi dagli avvenimenti successivi >.