Strage di Bologna, gli avvocati non trovano un indirizzo di Roberto Fiore: il leader di Forza Nuova citato dalla corte
Roberto Fiore sarà chiamato direttamente dalla corte d’Assise per testimoniare al processo sulla strage di Bologna. Sarà dunque direttamente il presidente Michele Leoni a citare l’ex leader di Terza Posizione per farlo deporre al processo che vede imputato l’ex Nar Gilberto Cavallini imputato di concorso nella strage del 2 agosto 1980. A chiederlo è stato l’avvocato di parte civile, Andrea Speranzoni, che ha spiegato ai giudici di avere avuto difficoltà a trovare un indirizzo di residenza dell’attuale segretario di Forza Nuova,
al quale spedire la raccomandata di citazione. “Noi non abbiamo gli
strumenti che ha la parte pubblica per riuscire ad individuare alcuni
testi, come Fiore”, ha detto il legale. La testimonianza del leader di
Fn è prevista per il 24 ottobre. Negli anni ’80 Fiore era a Bologna
proprio per un’iniziativa di Terza Posizione. Negli anni successivi –
quand’era latitante a Londra – Fiore doveva invece essere interrogato anche dal giudice Giovanni Falcone.
Il motivo? L’omicidio di Piersanti Mattarella, il governatore della Regione Siciliana e fratello dell’attuale capo dello Stato, ucciso da Cosa nostra il
6 gennaio del 1980. Un caso che incrocia l’eccidio bolognese, visto che
per l’omicidio Mattarella è stato processato e assolto Giusva Fioravanti, il leader dei Nar poi condannato insieme a Francesca Mambro e Luigi Ciavardini proprio per la strage di Bologna.Davanti alla corte d’assise emiliana non si è presentato oggi neanche Sergio Picciafuoco, l’ex criminale comune ritenuto vicino all’estrema destra già assente in aula il 26 settembre scorso per tachicardia e depressione. Condannato
all’ergastolo nel 1988, come uno degli esecutori materiali della
strage, venne poi assolto in appello e in via definitiva dalla
Cassazione. Adesso Picciafuoco soffrirebbe di una sindrome ansiosa
depressiva che non gli consentirebbe “l’elaborazione della propria
storia personale”, come recita il certificato medico.
Il giudice Leoni ha predisposto una perizia sull’ex criminale a cura del dottor Renato Ariatti
per verificare la sua capacità testimoniale. Assente oggi anche
Fabrizio Zani, ex eversore nero di Terza Posizione, convocato anche lui
come teste. Non avrebbe ricevuto la raccomandata spedita dall’avvocato
di parte civile Roberto Nasci. Presente in aula, invece, l’ex compagna storica di Zani, Giovanna Cogolli, condannata nel 1988 dalla Corte d’appello di Roma
per banda armata. È uno dei testi che gli avvocati di parte civile
aspettavano con maggiore interesse poiché rappresenta la testimone
d’eccezione della presunta attività di falsificazione di documenti
d’identità attuata da Terza Posizione e di cui, si ipotizza, avrebbero
beneficiato anche i Nar.
Un’attività di falsificazione nella quale sarebbe implicato lo stesso Fabrizio Zani. Nel covo torinese di Via Monte Asolone,
appartenente a Terza Posizione, sono stati rinvenuti oltre ad una
divisa dei carabinieri anche alcuni documenti falsi, due dei quali (uno
portoghese e l’altro spagnolo) ritrarrebbero nella fototessera proprio
l’ex moglie di Zani. Lei si è riconosciuta ma ha aggiunto: “La firma
sulla carta d’identità non è la mia”. Nel verbale di sequestro
dell’abitazione sono riportate anche alcune fotografie di Zani vestito
con una divisa dei carabinieri ma è la stessa Cogolli a spiegare che
“potevano esserci queste fotografie per essere usate come un documento”.
Documenti, probabilmente, creati per programmare la propria latitanza
in Francia tra il 1981-83 anche se, sottolinea lei, “negli alberghi non
ci chiedevano nemmeno come ci chiamavamo”. Incalzata dalle domande, l’ex
moglie dell’estremista nero spiega che nella casa di Torino “c’erano
timbri e caratteri”. Materiale idoneo a falsificare documenti.
L’avvocato di parte civile Speranzoni ha fatto notare che “alcuni
modelli di carte d’identità ritrovati nel covo torinese provengono dalle
Questure di Treviso, Venezia e Trieste”. “Non ricordo di contatti in
Veneto”, si è giustificata lei.
Ma se per le carte d’identità false Cogolli ha fornito qualche
spiegazione agli avvocati di parte civile, tutt’altra versione ha dato
per i due pezzi targa ritrovati nell’abitazione di Torino. “Non ho mai visto targhe usate dal nostro gruppo”,
ha detto. Nel verbale di sequestro, però, i due reperti risultano
segnati e secondo le parti civili proverrebbero dalla macchina usata dai
killer di Mattarella per scappare dopo l’omicidio. Nel 1991, per questo
episodio, vennero indagati sia Fioravanti che Cavallini ma furono
assolti e la “pista nera” venne abbandonata dalla procura di Palermo.
Oggi il fil rouge che collega la strage di Bologna con l’omicidio del presidente della Regione Siciliana torna d’attualità.
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