Le
immagini rigirate ieri dalla pagina del Comitato Lavoratori delle Campagne hanno
di fatto smentito la versione del SAP rispetto all’episodio avvenuto a Borgo
Mezzanone. È il SAP stesso a contraddirsi, con comunicati discordanti tra la
sezione nazionale e provinciale, dove non sanno neanche più se confermare
l’aggressione o rigirare la frittata parlando comunque della resistenza
all’arresto. La stessa Questura di Foggia, per bocca del suo dirigente,
stamattina continuava a sostenere la tesi dell’aggressione, smontata non
soltanto dalle immagini ma anche dal giudice che ha processato Omar Jallow per
direttissima.
Trovate il video a questo link https://www.facebook.com/comitatolavoratoridellecampagne/videos/418400642022810/
Ad
ulteriore conferma della fallacia delle accuse è arrivata, infatti,
l’assoluzione di Omar Jallow dall’accusa di aggressione.
“Lo Jallow Omar ha respinto ogni tipo di accusa precisando di non aver aggredito gli agenti intervenuti e che si era trovato in una fase concitata ed era caduto a terra. In
merito alla linea difensiva la stessa é stata accolta dal giudice monocratico che ha assolto lo Jallow per l' aggressione condonnandolo solo per la resistenza, ridimensionando le accuse iniziali” ha dichiarato a tal proposito Maria Grazia Capobianco, avvocata difensore di Omar.
Crediamo che il comunicato e il clamore mediatico che ne ha seguito sono stati esclusivamente creati ad uso e consumo dell’opinione pubblica per gettare quanto prima possibile in pasto ai giornali la notiziona della prima applicazione diretta del decreto Salvini e dell’espulsione verso Omar Jallow.
L’uso sistematico della violenza repressiva nei Ghetti del sud Italia non è una novità, ma è invece un dato strutturale di come il potere agisce su questi luoghi, terrorizzando le persone e imbrigliandole in un clima di ricatto perpetuo. È evidente, al netto di qualche commento ipergiustizialista – e razzista – che la violenza perpetrata nel corso dell’arresto è fuori anche da quella ordinaria applicata dalle forze dell’ordine (come testimoniato dalla foto di Omar ammanettato alla ruota della volante). Chi vive quotidianamente nei “Ghetti” è costretto a subire abusi quotidiani nei controlli che vengono effettuati verso i lavoratori e le lavoratrici delle campagne tutti i giorni, e che trovano l’apice nei comportamenti adottati dagli uffici immigrazione delle Questure (non solo di Foggia).
Il problema strutturale è la costrizione verso chi vive nei Ghetti a dover accettare quella condizione di vita e di lavoro come unica alternativa possibile, così come il problema centrale di controlli e iniziative repressive è quel sistema che non permette alle persone di avviare reali processi di regolarizzazione. Una questione che l’attuale decreto non farà altro che accentuare, producendo sacche di irregolarità ancora più ampie a causa della diminuzione degli strumenti giuridici di regolarizzazione, già utilizzati arbitrariamente e senza uniformità di giudizio fino ad oggi. La clandestinità è un prodotto dalle leggi vigenti, che colpisce chi viene da altri paesi per mantenerlo in uno stato di illegalità e irregolarità, per permetterne uno sfruttamento più intensivo e più controllato, in particolare in quei territori dove il lavoro in campagna è il fulcro centrale dell’economia.
Nel frattempo nelle campagne si continua a morire, in assenza dell’applicazione di quelle leggi tanto apprezzate dai giustizialisti della prima ora, come questa mattina, quando un lavoratore, nel viaggio per andare a lavoro, è stato travolto e ucciso a bordo della sua bicicletta. Contro gli abusi, il razzismo di stato e queste condizioni di vita, gli abitanti dei Ghetti e i lavoratori e lavoratrici delle campagne hanno alzato la testa da anni, per lottare per un reale processo di regolarizzazione e per fermare quella lunga catena di sfruttamento che arriva fino agli episodi avvenuti a Borgo Mezzanone. L’unica sicurezza sono documenti, case, contratti e trasporto per tutte e tutti, il resto è il semplice mantenimento del razzismo di stato perpetrato ulteriormente da questo governo.
Comitato Lavoratori delle Campagne
Rete Campagne in Lotta
“Lo Jallow Omar ha respinto ogni tipo di accusa precisando di non aver aggredito gli agenti intervenuti e che si era trovato in una fase concitata ed era caduto a terra. In
merito alla linea difensiva la stessa é stata accolta dal giudice monocratico che ha assolto lo Jallow per l' aggressione condonnandolo solo per la resistenza, ridimensionando le accuse iniziali” ha dichiarato a tal proposito Maria Grazia Capobianco, avvocata difensore di Omar.
Crediamo che il comunicato e il clamore mediatico che ne ha seguito sono stati esclusivamente creati ad uso e consumo dell’opinione pubblica per gettare quanto prima possibile in pasto ai giornali la notiziona della prima applicazione diretta del decreto Salvini e dell’espulsione verso Omar Jallow.
L’uso sistematico della violenza repressiva nei Ghetti del sud Italia non è una novità, ma è invece un dato strutturale di come il potere agisce su questi luoghi, terrorizzando le persone e imbrigliandole in un clima di ricatto perpetuo. È evidente, al netto di qualche commento ipergiustizialista – e razzista – che la violenza perpetrata nel corso dell’arresto è fuori anche da quella ordinaria applicata dalle forze dell’ordine (come testimoniato dalla foto di Omar ammanettato alla ruota della volante). Chi vive quotidianamente nei “Ghetti” è costretto a subire abusi quotidiani nei controlli che vengono effettuati verso i lavoratori e le lavoratrici delle campagne tutti i giorni, e che trovano l’apice nei comportamenti adottati dagli uffici immigrazione delle Questure (non solo di Foggia).
Il problema strutturale è la costrizione verso chi vive nei Ghetti a dover accettare quella condizione di vita e di lavoro come unica alternativa possibile, così come il problema centrale di controlli e iniziative repressive è quel sistema che non permette alle persone di avviare reali processi di regolarizzazione. Una questione che l’attuale decreto non farà altro che accentuare, producendo sacche di irregolarità ancora più ampie a causa della diminuzione degli strumenti giuridici di regolarizzazione, già utilizzati arbitrariamente e senza uniformità di giudizio fino ad oggi. La clandestinità è un prodotto dalle leggi vigenti, che colpisce chi viene da altri paesi per mantenerlo in uno stato di illegalità e irregolarità, per permetterne uno sfruttamento più intensivo e più controllato, in particolare in quei territori dove il lavoro in campagna è il fulcro centrale dell’economia.
Nel frattempo nelle campagne si continua a morire, in assenza dell’applicazione di quelle leggi tanto apprezzate dai giustizialisti della prima ora, come questa mattina, quando un lavoratore, nel viaggio per andare a lavoro, è stato travolto e ucciso a bordo della sua bicicletta. Contro gli abusi, il razzismo di stato e queste condizioni di vita, gli abitanti dei Ghetti e i lavoratori e lavoratrici delle campagne hanno alzato la testa da anni, per lottare per un reale processo di regolarizzazione e per fermare quella lunga catena di sfruttamento che arriva fino agli episodi avvenuti a Borgo Mezzanone. L’unica sicurezza sono documenti, case, contratti e trasporto per tutte e tutti, il resto è il semplice mantenimento del razzismo di stato perpetrato ulteriormente da questo governo.
Comitato Lavoratori delle Campagne
Rete Campagne in Lotta
Nessun commento:
Posta un commento