Genova - Le torture alla caserma di Bolzaneto sono costate allo Stato più di 7 milioni di euro. La cifra, quantificata dalla Corte dei Conti, è la somma del danno patrimoniale, delle spese legali e del danno di immagine provocato dal carcere-lager allestito nei giorni del G8 di Genova del 2001. Il conto è stato presentato dalla magistratura contabile a 28 persone - guardie carcerarie, poliziotti, carabinieri e medici - responsabili a vari livelli.
La novità, rispetto ai processi, è il coinvolgimento delle due massime autorità della struttura, scagionate in sede penale: il magistrato Alfonso Sabella, ex capo dell’ufficio ispettorato del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) e coordinatore delle attività detentive durante il
vertice, e il generale Oronzo Doria, allora capo area della Liguria degli agenti di custodia. Per il procuratore Ermete Bogetti - che ha terminato la redazione dell’atto poco prima di lasciare l’ufficio genovese - i due alti dirigenti, seppur innocenti sul piano del dolo, devono rispondere sul danno erariale per «omesso controllo». Una negligenza che vale fino a 2 milioni di euro di danni erariali a testa.
Nelle 338 pagine di motivazioni (a cui ne sono allegate altrettante di tabelle sui risarcimenti), i pm contabili ripercorrono una pagina nera di quei giorni del luglio 2001. Le «vittime in balia dei capricci di aguzzini», «trascinate, umiliate, percosse, spesso già ferite, atterrite, infreddolite, affamate, assetate, sfinite dalla mancanza di sonno, preda dell’arbitrio aggressivo e violento» di «seviziatori». «Gli inni fascisti» intonati dal personale che «si coprì di disonore». Le «sevizie» a cui partecipò anche il personale medico. I detenuti costretti a restare in «posizioni vessatorie», abbandonati e feriti in «pozze di piscio, vomito e sangue».
Tutto questo, per lo Stato, ha avuto un costo enorme. E ora la magistratura contabile presenta il conto. Non solo a chi è già stato condannato (sebbene la maggior parte delle condanne siano andate prescritte), ma anche a chi è stato assolto, come Sabella, ex assessore alla Legalità della giunta comunale di Roma guidata da Ignazio Marino, e il generale Doria, che avevano provato di non aver partecipato alle sevizie e di non essere stati nemmeno consapevoli che queste stessero accadendo.
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