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Il Vertice di Varsavia
della Nato è stato il più importante degli ultimi anni, un punto di
arrivo di una serie di fatti ed eventi che ne hanno preparato le
odierne decisioni, ma anche il punto di partenza di una nuova fase
che contiene tutti gli elementi per una nuova guerra mondiale
dispiegata.
In questo Vertice, con la
presenza di Obama, la Nato viene ad essere un sostituto generale di
tutte le istituzioni, politiche ma anche economiche esistenti nello
scenario mondiale. Esso segna la militarizzazione della contesa
economica globale dell'attuale assetto dell'imperialismo a
dominazione Usa e i contenuti e i termini militari di una nuova
guerra di spartizione.
Il Vertice Nato ha reso
espliciti anni di dibattito sulla teoria e filosofia dello strumento
militare e affermato il dominio del militare sulla politica e
l'economia, come concentrato
della politica e dell'economia.
della politica e dell'economia.
Non siamo di fronte a un
ordine mondiale costituito ma costituente, attraverso una contesa
interna che porta ad estreme conclusioni la concezione della guerra come politica con altri mezzi per ciascun imperialismo chiamato in
causa.
Il Vertice definisce un
quadro unico nel quale ciascun imperialismo persegue i propri fini, e
nel Vertice li hanno anche espressi, anche quando sono stati paludati
da interessi e visioni comuni.
La decisione principale,
amplificata dalla stampa e collegata anche al fatto che il Vertice si
teneva a Varsavia, è quella di scatenare un'offensiva di carattere
militare ad Est, in senso anti russo.
Il segretario generale
della Nato ha detto una frase che va letta esattamente nel suo
contrario: “La guerra fredda è storia e rimarrà tale”, volendo
far passare l'idea che non siamo di fronte a una nuova fase di guerra
globale anti Russia; ma le decisioni prese significano esattamente il
contrario: il passaggio da una “guerra fredda” che viene
collocata nel passato per avere una “guerra calda”, di cui ogni
singola decisione è un preparativo.
Questa è la decisione di
schierare dall'inizio del 2017 quattro battaglioni multinazionali in
Lituania, Lettonia, Polonia, composti da 5mila soldati, al comando di
Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Germania. L'Italia invierà 150
soldati (ma l'Italia l'affronteremo in seguito). Contemporaneamente
in Romania viene creato un campo di addestramento delle Brigate
multinazionali.
Queste truppe, quindi,
vengono schierate all'interno di ciascun paese, al confine della
Russia, e sono mobili nel senso che possono concentrarsi in ciascuno
dei paesi simultaneamente. La decisione si unisce alla creazione di
depositi di armi, del combinarsi di forze di terra e forze navali nel
Mar Nero, contemporaneamente al dare nuova vitalità all'art. 5 del
trattato di Washington, ribadito come ragione stessa dell'esistenza
della Nato. L'art. 5 stabilisce che tutti gli alleati Nato, Usa in
testa, correranno obbligatoriamente in soccorso di un paese
aggredito. Ora è evidente che con le truppe collocate ai confini
qualsiasi incidente, artatamente provocato, diviene pretesto per
attivare il trattato e giustificare l'intervento militare all'interno
e contro il “nemico russo”.
E' grottesco inoltre,
tipico di una procedura di guerra non dichiarata, la pretesa della
Nato nell'attuare queste decisioni, di non violare gli accordi di
Mosca che vietano la presenza di forze Nato permanenti ai confini
della Russia. L'accordo viene violato affermando che essendo truppe
a rotazioni non sarebbero permanenti...
E che non ci siano equivoci circa la natura di questo intervento, si aggiungono altri fattori. Tra questi, quello di riattivare il gruppo dei 5 paesi che rilanciano la pressione di sostegno all'Ucraina in funzione anti Mosca.
Chiaramente gli organi di
stampa degli altri paesi imperialisti che hanno problemi a
sintonizzarsi sulle esigenze primarie dell'imperialismo americano e
della trasformazione dei paesi dell'Est ai confini della Russia in
satelliti della politica imperialista americana, mettono in rilievo:
uno, che una reazione russa è pressoché inevitabile; due, che queste
decisioni porteranno ad inevitabili contromisure di Mosca - la Russia
reagisce già con i missili russi iskander a gittata variabile, già
presenti a Kaliningrad. Ovvero è l'equilibrio del terrore nucleare
che da enunciato scende sul terreno diretto delle possibilità.
Gli imperialisti, raccolti
a Varsavia a guida Usa, sanno benissimo quello che stanno facendo, e
quindi inseriscono concetti nuovi dentro la dinamica di sempre della
guerra.
Il Vertice Nato ha sancito
e reso categoria ufficiale il concetto di “guerra ibrida”, con il
quale vengono inseriti in una visione di azioni belliche tutta una
serie di fatti che non sarebbero ufficialmente da guerra aperta. Un
esempio che viene citato è quello dell'utilizzo di soldati senza
insegne di cui la Russia avrebbe fatto ricorso in Crimea.
E' evidente, quindi, che
la Nato si arroga il diritto di chiamare “azioni di guerra”,
“violazioni di accordi” eventi e fatti che non lo sono, come
pretesto per una guerra vera, niente affatto “ibrida”.
E' facile comprendere,
quindi, come il dispiegamento delle truppe nei paesi dell'Est è già
un'azione in funzione di questo tipo di azione.
La stessa questione
dell'art. 5 della Nato, al Vertice non è stato semplicemente
confermato ma esplicitamente sostenuto, con il complemento che per
essere reale deve essere appoggiato da “garanzie” sul terreno. E,
quindi, da essere una “risposta” ad un'aggressione esterna, ora
viene apertamente teorizzata che questa “risposta” deve essere
già preparata; è come dire che si opera come se l'aggressione
fosse già in corso e si preparano le condizioni per agire.
A fronte di questo piano
che è apertamente di espansione guerrafondaia, gli altri
imperialismi fanno il gioco delle “due carte”. Da un lato si
schierano con esso, dall'altro pretenderebbero, Germania, Francia,
Italia, di utilizzarlo perchè venga ristabilita una fiducia con la
Russia, che poi significa il mantenimento di grandiosi interessi
economici e commerciali.
E' del tutto evidente che
il risultato oggettivo di questo non può che essere, altro che
fiducia, un'acutizzazione della contesa che se dispiegata
travolgerà gli interessi economici e commerciali e imporrà ancora
una volta la questione di fondo, il ruolo di potenza egemonica
dominante dell'imperialismo Usa, a cui è dedicato il frenetico
attivismo dell'Obama degli ultimi mesi. Vale a dire, lo scatenamento
di un'offensiva politica, diplomatico, militare, a 360° in tutti gli
scacchieri del mondo, che porta a considerare la presidenza Obama,
una presidenza di preparazione globale a una nuova guerra mondiale
che difenda ed espanda il dominio dell'imperialismo Usa e prosegua
nella ripartizione mondiale, stroncando la vecchia contesa con
l'imperialismo russo e, sul nascere, la nuova contesa con la Cina.
Per inciso possiamo dire
che la Clinton ora come ora si presenta come una sorta di variante
moderata e Trump, iperfascista all'interno, sul piano globale si
propone, secondo le sue dichiarazioni, come neo isolazionista, e
quindi decisamente meno guerrafondaio di Obama.
Sappiamo, però, bene che
i presidenti Usa non fanno la politica estera nonostante i loro
superpoteri, ma sono solo espressione degli interessi profondi che si
impongono sulle promesse elettorali.
Un'altra questione
importante è il legame tra Vertice Nato e Brexit.
Tutte le dichiarazioni nel
Vertice hanno riportato nella dimensione esatta la vicenda del
referendum.
L'imperialismo inglese
grazie alla brexit non fa che riprendere la politica delle “mani
libere” sempre praticata, e che ora gli dà la possibilità di
tornare ad essere in maniera esplicita il grande alleato degli Stati
Uniti, e quindi pienamente allineato con gli interessi
dell'imperialismo americano, rispetto alle titubanze economiche,
politiche e militari degli altri imperialismi europei.
Quindi, per l'imperialismo
inglese il “voto popolare” è un vero nuovo slancio nella scena
internazionale. Certo gli Stati Uniti sono meno contenti, perchè ad
essi non dispiaceva che l'imperialismo inglese esercitasse la sua
funzione all'interno della UE e condizionasse perciò anche da questa
postazione le posizioni generali degli altri imperialismi europei e
in primis quelli tedeschi e francesi. Ma se ne faranno una ragione.
L'imperialismo inglese,
dopo un momento di smarrimento, ora cavalca apertamente il risultato
del referendum, rispondendo positivamente alle sollecitazioni
fascio-socialscioviniste e razziste – con buona pace degli utili
idioti di “sinistra” ed “estrema sinistra” anche italiana.
Cameron ha annunciato di
lanciare a Mosca un segnale di compattezza dell'Occidente, che
anticiperà al 18 luglio il voto del parlamento di Londra sul
rinnovamento del suo deterrente nucleare, a partire dai 4 sottomarini
Trident, “un gesto – scrive Repubblica – che vuole placare le
ansie e i timori di indebolimento dell'alleanza dopo Brexit”.
L'analista americano
Kaplan, che si occupa appunto di Europa, a conferma che gli americani
si fanno una ragione di Brexit, scrive sulla Stampa che “mai dagli
inizi della guerra fredda la Nato e l'Europa hanno avuto così bisogno
della guida americana. La Brexit è una prova per questo presidente e
per il prossimo”. Ovvero, la Brexit è la dimostrazione che gli
europei non sanno badare a sé stessi e che lasciati soli possono
disintegrarsi a vantaggio della Russia, e quindi la guida americana è
quanto mai necessaria e che se nell'Est Europa si va verso un ritorno
del “caos geopolitico”, è necessario che gli Usa
riempiano questo “vuoto di potere emergente, senza sovraesporsi, attraverso un'accorta combinazione di diplomazia e potenza militare
riflessa”.
Così, il Regno Unito ora
ha la possibilità di rafforzare la sua alleanza con gli Usa:
“insieme le due nazioni possono ancora proteggere l'Europa
continentale fino alle porte della Russia”.
Se questo è positivo sempre secondo l'autore, non gli sfuggono, però, i timori che possa avanzare,
per effetto del distacco britannico, il dominio unico del continente:
“oggi la Germania è incoraggiata a fare esattamente questo”. E
se questo avviene “guardando oltre l'era di Angela Merkel, i
tedeschi potrebbero stancarsi... potrebbero negoziare un accordo
separato con la Russia o ripiegare sul nazionalismo populista, come è
successo ad altri paesi europei”.
Quindi, Kaplan suggerisce
che non basta aver recuperato integralmente la Gran Bretagna ma che
gli Usa debbano guardare a mantenere uno stretto legame con Berlino:
“guidare l'Europa significa guidare questi due paesi”.
Kaplan aiuta a comprendere
meglio le decisioni del Vertice Nato di Varsavia, illustrando il ruolo
che svolgono per conto dell'imperialismo americano la Polonia e la
Romania: “A maggio gli Usa hanno dislocato una difesa missilistica
in terra di Romania e contemporaneamente messo le basi per un sistema
simile in Polonia. Anche se operate dalla Nato sono essenzialmente
iniziative americane. Così come lo sono l'invio ad aprile di due
caccia americani F22 sulle coste del Mar Nero. Inoltre, la costa
romena offre agli Usa la migliore base di partenza per disporre le sue
forza navali nel Mar Nero. Così come la posizione della Polonia
permette lo stesso tipo di azione per gli Stati baltici dove pure ci
sono stati numerosi sconfinamenti degli aerei.
Si può ben capire, quindi, anche
alla luce di queste “informazioni” il carattere delle
decisioni che sono un'obiettiva dislocazione progressiva di una forza
aggressiva ai confini russi, pronta a trasformare ogni incidente in
una esplosione generale.
(continua)
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