martedì 12 luglio 2016

pc 12 luglio - Speciale VERTICE NATO - IMPERIALISMO E GUERRA - 1

Cominciamo qui una serie di articoli che fanno parte di un numero speciale di proletari comunisti in uscita a luglio

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Il Vertice di Varsavia della Nato è stato il più importante degli ultimi anni, un punto di arrivo di una serie di fatti ed eventi che ne hanno preparato le odierne decisioni, ma anche il punto di partenza di una nuova fase che contiene tutti gli elementi per una nuova guerra mondiale dispiegata.
In questo Vertice, con la presenza di Obama, la Nato viene ad essere un sostituto generale di tutte le istituzioni, politiche ma anche economiche esistenti nello scenario mondiale. Esso segna la militarizzazione della contesa economica globale dell'attuale assetto dell'imperialismo a dominazione Usa e i contenuti e i termini militari di una nuova guerra di spartizione.
Il Vertice Nato ha reso espliciti anni di dibattito sulla teoria e filosofia dello strumento militare e affermato il dominio del militare sulla politica e l'economia, come concentrato
della politica e dell'economia.
Non siamo di fronte a un ordine mondiale costituito ma costituente, attraverso una contesa interna che porta ad estreme conclusioni la concezione della guerra come politica con altri mezzi per ciascun imperialismo chiamato in causa.
Il Vertice definisce un quadro unico nel quale ciascun imperialismo persegue i propri fini, e nel Vertice li hanno anche espressi, anche quando sono stati paludati da interessi e visioni comuni.
La decisione principale, amplificata dalla stampa e collegata anche al fatto che il Vertice si teneva a Varsavia, è quella di scatenare un'offensiva di carattere militare ad Est, in senso anti russo.
Il segretario generale della Nato ha detto una frase che va letta esattamente nel suo contrario: “La guerra fredda è storia e rimarrà tale”, volendo far passare l'idea che non siamo di fronte a una nuova fase di guerra globale anti Russia; ma le decisioni prese significano esattamente il contrario: il passaggio da una “guerra fredda” che viene collocata nel passato per avere una “guerra calda”, di cui ogni singola decisione è un preparativo.
Questa è la decisione di schierare dall'inizio del 2017 quattro battaglioni multinazionali in Lituania, Lettonia, Polonia, composti da 5mila soldati, al comando di Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Germania. L'Italia invierà 150 soldati (ma l'Italia l'affronteremo in seguito). Contemporaneamente in Romania viene creato un campo di addestramento delle Brigate multinazionali.
Queste truppe, quindi, vengono schierate all'interno di ciascun paese, al confine della Russia, e sono mobili nel senso che possono concentrarsi in ciascuno dei paesi simultaneamente. La decisione si unisce alla creazione di depositi di armi, del combinarsi di forze di terra e forze navali nel Mar Nero, contemporaneamente al dare nuova vitalità all'art. 5 del trattato di Washington, ribadito come ragione stessa dell'esistenza della Nato. L'art. 5 stabilisce che tutti gli alleati Nato, Usa in testa, correranno obbligatoriamente in soccorso di un paese aggredito. Ora è evidente che con le truppe collocate ai confini qualsiasi incidente, artatamente provocato, diviene pretesto per attivare il trattato e giustificare l'intervento militare all'interno e contro il “nemico russo”.
E' grottesco inoltre, tipico di una procedura di guerra non dichiarata, la pretesa della Nato nell'attuare queste decisioni, di non violare gli accordi di Mosca che vietano la presenza di forze Nato permanenti ai confini della Russia. L'accordo viene violato affermando che essendo truppe a rotazioni non sarebbero permanenti...

E che non ci siano equivoci circa la natura di questo intervento, si aggiungono altri fattori. Tra questi, quello di riattivare il gruppo dei 5 paesi che rilanciano la pressione di sostegno all'Ucraina in funzione anti Mosca.
Chiaramente gli organi di stampa degli altri paesi imperialisti che hanno problemi a sintonizzarsi sulle esigenze primarie dell'imperialismo americano e della trasformazione dei paesi dell'Est ai confini della Russia in satelliti della politica imperialista americana, mettono in rilievo: uno, che una reazione russa è pressoché inevitabile; due, che queste decisioni porteranno ad inevitabili contromisure di Mosca - la Russia reagisce già con i missili russi iskander a gittata variabile, già presenti a Kaliningrad. Ovvero è l'equilibrio del terrore nucleare che da enunciato scende sul terreno diretto delle possibilità.

Gli imperialisti, raccolti a Varsavia a guida Usa, sanno benissimo quello che stanno facendo, e quindi inseriscono concetti nuovi dentro la dinamica di sempre della guerra.
Il Vertice Nato ha sancito e reso categoria ufficiale il concetto di “guerra ibrida”, con il quale vengono inseriti in una visione di azioni belliche tutta una serie di fatti che non sarebbero ufficialmente da guerra aperta. Un esempio che viene citato è quello dell'utilizzo di soldati senza insegne di cui la Russia avrebbe fatto ricorso in Crimea.
E' evidente, quindi, che la Nato si arroga il diritto di chiamare “azioni di guerra”, “violazioni di accordi” eventi e fatti che non lo sono, come pretesto per una guerra vera, niente affatto “ibrida”.
E' facile comprendere, quindi, come il dispiegamento delle truppe nei paesi dell'Est è già un'azione in funzione di questo tipo di azione.
La stessa questione dell'art. 5 della Nato, al Vertice non è stato semplicemente confermato ma esplicitamente sostenuto, con il complemento che per essere reale deve essere appoggiato da “garanzie” sul terreno. E, quindi, da essere una “risposta” ad un'aggressione esterna, ora viene apertamente teorizzata che questa “risposta” deve essere già preparata; è come dire che si opera come se l'aggressione fosse già in corso e si preparano le condizioni per agire.

A fronte di questo piano che è apertamente di espansione guerrafondaia, gli altri imperialismi fanno il gioco delle “due carte”. Da un lato si schierano con esso, dall'altro pretenderebbero, Germania, Francia, Italia, di utilizzarlo perchè venga ristabilita una fiducia con la Russia, che poi significa il mantenimento di grandiosi interessi economici e commerciali.
E' del tutto evidente che il risultato oggettivo di questo non può che essere, altro che fiducia, un'acutizzazione della contesa che se dispiegata travolgerà gli interessi economici e commerciali e imporrà ancora una volta la questione di fondo, il ruolo di potenza egemonica dominante dell'imperialismo Usa, a cui è dedicato il frenetico attivismo dell'Obama degli ultimi mesi. Vale a dire, lo scatenamento di un'offensiva politica, diplomatico, militare, a 360° in tutti gli scacchieri del mondo, che porta a considerare la presidenza Obama, una presidenza di preparazione globale a una nuova guerra mondiale che difenda ed espanda il dominio dell'imperialismo Usa e prosegua nella ripartizione mondiale, stroncando la vecchia contesa con l'imperialismo russo e, sul nascere, la nuova contesa con la Cina.

Per inciso possiamo dire che la Clinton ora come ora si presenta come una sorta di variante moderata e Trump, iperfascista all'interno, sul piano globale si propone, secondo le sue dichiarazioni, come neo isolazionista, e quindi decisamente meno guerrafondaio di Obama.
Sappiamo, però, bene che i presidenti Usa non fanno la politica estera nonostante i loro superpoteri, ma sono solo espressione degli interessi profondi che si impongono sulle promesse elettorali.

Un'altra questione importante è il legame tra Vertice Nato e Brexit.
Tutte le dichiarazioni nel Vertice hanno riportato nella dimensione esatta la vicenda del referendum.
L'imperialismo inglese grazie alla brexit non fa che riprendere la politica delle “mani libere” sempre praticata, e che ora gli dà la possibilità di tornare ad essere in maniera esplicita il grande alleato degli Stati Uniti, e quindi pienamente allineato con gli interessi dell'imperialismo americano, rispetto alle titubanze economiche, politiche e militari degli altri imperialismi europei.
Quindi, per l'imperialismo inglese il “voto popolare” è un vero nuovo slancio nella scena internazionale. Certo gli Stati Uniti sono meno contenti, perchè ad essi non dispiaceva che l'imperialismo inglese esercitasse la sua funzione all'interno della UE e condizionasse perciò anche da questa postazione le posizioni generali degli altri imperialismi europei e in primis quelli tedeschi e francesi. Ma se ne faranno una ragione.

L'imperialismo inglese, dopo un momento di smarrimento, ora cavalca apertamente il risultato del referendum, rispondendo positivamente alle sollecitazioni fascio-socialscioviniste e razziste – con buona pace degli utili idioti di “sinistra” ed “estrema sinistra” anche italiana.
Cameron ha annunciato di lanciare a Mosca un segnale di compattezza dell'Occidente, che anticiperà al 18 luglio il voto del parlamento di Londra sul rinnovamento del suo deterrente nucleare, a partire dai 4 sottomarini Trident, “un gesto – scrive Repubblica – che vuole placare le ansie e i timori di indebolimento dell'alleanza dopo Brexit”.

L'analista americano Kaplan, che si occupa appunto di Europa, a conferma che gli americani si fanno una ragione di Brexit, scrive sulla Stampa che “mai dagli inizi della guerra fredda la Nato e l'Europa hanno avuto così bisogno della guida americana. La Brexit è una prova per questo presidente e per il prossimo”. Ovvero, la Brexit è la dimostrazione che gli europei non sanno badare a sé stessi e che lasciati soli possono disintegrarsi a vantaggio della Russia, e quindi la guida americana è quanto mai necessaria e che se nell'Est Europa si va verso un ritorno del “caos geopolitico”, è necessario che gli Usa riempiano questo “vuoto di potere emergente, senza sovraesporsi, attraverso un'accorta combinazione di diplomazia e potenza militare riflessa”.
Così, il Regno Unito ora ha la possibilità di rafforzare la sua alleanza con gli Usa: “insieme le due nazioni possono ancora proteggere l'Europa continentale fino alle porte della Russia”.
Se questo è positivo sempre secondo l'autore, non gli sfuggono, però, i timori che possa avanzare, per effetto del distacco britannico, il dominio unico del continente: “oggi la Germania è incoraggiata a fare esattamente questo”. E se questo avviene “guardando oltre l'era di Angela Merkel, i tedeschi potrebbero stancarsi... potrebbero negoziare un accordo separato con la Russia o ripiegare sul nazionalismo populista, come è successo ad altri paesi europei”.
Quindi, Kaplan suggerisce che non basta aver recuperato integralmente la Gran Bretagna ma che gli Usa debbano guardare a mantenere uno stretto legame con Berlino: “guidare l'Europa significa guidare questi due paesi”.
Kaplan aiuta a comprendere meglio le decisioni del Vertice Nato di Varsavia, illustrando il ruolo che svolgono per conto dell'imperialismo americano la Polonia e la Romania: “A maggio gli Usa hanno dislocato una difesa missilistica in terra di Romania e contemporaneamente messo le basi per un sistema simile in Polonia. Anche se operate dalla Nato sono essenzialmente iniziative americane. Così come lo sono l'invio ad aprile di due caccia americani F22 sulle coste del Mar Nero. Inoltre, la costa romena offre agli Usa la migliore base di partenza per disporre le sue forza navali nel Mar Nero. Così come la posizione della Polonia permette lo stesso tipo di azione per gli Stati baltici dove pure ci sono stati numerosi sconfinamenti degli aerei.

Si può ben capire, quindi, anche alla luce di queste “informazioni” il carattere delle decisioni che sono un'obiettiva dislocazione progressiva di una forza aggressiva ai confini russi, pronta a trasformare ogni incidente in una esplosione generale.

(continua)

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