RIPRENDIAMO
E RISPONDIAMO AD UN INTERVENTO FATTO TEMPO FA DA UNA COMPAGNA,
DURANTE IL PRIMO CICLO DELLA FORMAZIONE OPERAIA SU MARX E SOPRATTUTTO
SUL 1° LIBRO DE 'IL CAPITALE'
La compagna aveva scritto:
"Se
una parte della giornata lavorativa dell'operaio è caratterizzata
dal tempo di lavoro necessario per la produzione dei mezzi per la sua
esistenza e riproduzione, il plusvalore si realizza nell'altra parte
della giornata, quella in cui la forza-lavoro crea appunto un surplus
di valore che non appartiene all'operaio. Marx spiega che se a un
operaio occorrono 6 ore per riprodurre il proprio valore, le altre 6
ore costituiscono plusvalore pieno. Per ottenere più plusvalore il
padrone deve prolungare la giornata di lavoro ma ciò può avvenire
solo entro un limite massimo, un operaio non può lavorare 24 ore al
giorno, ma i padroni cercano sempre di allungare il tempo di lavoro
degli operai oltre quello necessario per fare più profitto, vedi
alla Fiat per esempio la questione della riduzione delle pause o
della flessibilità negli orari...
La
riduzione delle ore giornaliere di lavoro è stata una conquista
delle lotte operaie...
I
padroni, quindi, come continuano a fare profitto, visto che le ore
complessive della giornata per esempio sono diminuite, da 12 a 8?
Facendo riprodurre all'operaio il proprio valore (la parte che serve
per dargli mensilmente i mezzi di sussistenza) in modo più
concentrato, non in 6 ore ma ad es. in 4. Si accorcia,pertanto, la
parte relativa al tempo di "lavoro necessario", per esempio
ricorrendo ad innovazioni tecnologiche che aumentano la produttività
degli operai, così che viene prodotto in meno tempo l’equivalente
del valore della forza lavoro.
Ma
in questo caso esso corrisponde sempre al salario percepito
dall'operaio quando lavorava più ore?"
Risposta:
Gli
ingredienti della risposta sono già nella domanda e riguardano
l'importanza nello studio del capitale del concetto di limite e dello
scontro tra le classi.
Facendo
un passo alla volta.
Marx
ci dice: “Il valore della forza-lavoro è determinato dal valore
dei mezzi di sussistenza che per consuetudine sono necessari
all’operaio medio”. Tale valore, espresso in denaro, è il prezzo
della forza-lavoro.
E
poi continua: “in un’epoca determinata di una società
determinata, la massa
di questi mezzi di sussistenza è data, benché la sua forma
possa variare, e va quindi trattata come grandezza costante. Quello
che varia è il valore
di questa massa”. Quindi la massa
dei mezzi di sussistenza (cibo, vestiti, casa, ecc...) è data (anche
se, si badi bene, storicamente
data); la forma
di tale massa ovviamente è differente da caso a caso e il valore
di tale massa è variabile.
Cos'è
il salario?
Rappresenta
il valore
espresso in prezzo
delle merci necessarie per il mantenimento e la riproduzione della
forza-lavoro del lavoratore. Il valore di tali merci, come per ogni
merce, è dato dal tempo di lavoro necessario per produrle.
Con
l'aumento della produttività si abbassa il valore della forza-lavoro
che per reintegrarsi ha bisogno della stessa massa
di merci, ma con
un valore
ridotto.
Cosa
succede quando aumenta la produttività nel processo lavorativo e di
valorizzazione?
Poniamo
che in una giornata di otto ore si è prodotto un valore complessivo
in merci di 100 euro, grazie all'aumento della forza produttiva nello
stesso tempo si sono prodotte più merci, il valore
complessivamente prodotto in otto ore rimane sempre 100 euro, però
distribuito su una massa
più grande di merci (che infatti valgono ognuna meno, meno tempo di
lavoro), facendo così diminuire tendenzialmente il prezzo
della merce singola a seguito della diminuzione del suo valore.
Con
un esempio schematico, se prima l'operaio in 4 ore produceva 10
vestiti, ora i 10 vestiti li produce in 2 ore. Ogni singolo vestito
ora costa la metà.
Venendo
alla domanda. Grazie all'aumento della forza produttiva anche il
valore dei mezzi di sussistenza per riprodurre la forza-lavoro si è
abbassato, perché prodotti in minor tempo di lavoro, la massa di
tali beni necessari è rimasta invariata.
A
fronte di ciò, il salario nominativamente non diminuisce ma
relativamente (all'intera
giornata lavorativa
e conseguenzialmente al plusvalore) invece sì. Il salario rimane
identico e il valore
della forza-lavoro è diminuito, pur senza una immediata e
conseguenziale caduta della sua espressione in prezzo.
Ma il plusvalore estorto dal padrone è aumentato di gran lunga, dato
che ha, nell'esempio di prima, guadagnato
due ore di lavoro gratuito da parte del lavoratore.
Tenendo
a mente ciò, continuiamo.
Ma
il nuovo valore
della forza-lavoro, abbassatosi dall'aumento della forza produttiva,
pur non avendo un corrispettivo immediato nella sua espressione in
denaro (il salario), rappresenta per il sistema capitalista il nuovo
“limite”
a cui tendere inesorabilmente.
Il
capitale tende sempre al costante raggiungimento e superamento dei
suoi limiti,
però,
essendo questi posti da lui medesimo (come nell'esempio che stiamo
trattando), ne fa un sistema contraddittorio. La contraddizione in
processo.
Il
limite postosi è da un lato la
nuova base del capitale: il valore della forza-lavoro che gli
permette di valorizzarsi come capitale.
Il
limite è dall'altro lato un ostacolo del capitale: il valore oltre
il quale tende ad andare, ma non può andare.
Per
il capitale, infatti, è impossibile spingere il salario al di sotto
del nuovo “limite” (l'attuale valore “svalorizzatosi” della
forza-lavoro) perché ciò significherebbe l'impossibilità per il
lavoratore di avere un salario che gli consente il giorno dopo di
tornare a lavorare (e quindi l'impossibilità per il capitalista di
avere ogni giorno a disposizione la forza-lavoro necessaria per la
riproduzione di se stesso come capitale) ma, allo stesso tempo, non
può fare a meno che tendere verso questo limite e, anzi, soffrire la
continua tensione a superarlo.
Detto
ciò, proseguendo, il valore
del salario è, quindi, minore della sua espressione in prezzo e il
nuovo valore segna il limite
al quale il capitalista tenderà inesorabilmente.
Come?
Su
questo ogni giorno i telegiornali ci offrono qualche esempio, per
farne uno qualsiasi prendendo una qualunque notizia a caso.
“Secondo
i dati Eurostat l’Italia è il solo grande paese europeo che vede
diminuire la retribuzione oraria del lavoro (-0,5% nel primo
trimestre 2016 sullo stesso periodo del 2015). […] Il calo è
maggiore nel settore privato e in particolare nell’industria che
segna una diminuzione dell’1,4%”.
Nel
primo libro del capitale ci sono numerosissimi esempi di come la
nuova introduzione del lavoro delle donne e del lavoro minorile (reso
possibile proprio dalla modificazione del sistema di produzione
attraverso l'introduzione delle macchine al fine di aumentare la
produttività del lavoro e il plusvalore) sia stata un'arma efficace
per la contrazione dei salari. Attualmente questo ruolo possono
averlo in maniera evidente la forza-lavoro immigrata e\o più in
generale lo ha sempre l'esercito industriale di riserva (i
disoccupati, le varie figure di precariato).
Ma
sono molti gli strumenti concreti attraverso i quali si incarna la
tendenza del capitale all'abbassamento dei salari verso il nuovo
limite. Per fare qualche esempio, la rottamazione di operai anziani
qualificati con giovani lavoratori (che magari, assunti con le
agenzie interinali, non hanno più bisogno di essere così
qualificati, dato che proprio grazie all'introduzione di macchine il
lavoro è stato reso più automatizzato o semplice), il declassamento
(anch'esso reso possibile dall'informatica e dall'automazione,
quindi, ancora una volta, dall'aumento della produttività del lavoro
grazie all'introduzione delle macchine) di funzioni che prima erano
considerate qualificate, a funzioni lavorative routinarie e
semplificate (esempio, molti dei servizi che prima venivano forniti
da lavoratori con salari più alti agli sportelli delle banche sono
adesso forniti da lavoratori non qualificati attraverso i
call-center).
Eccetera,
eccetera, eccetera.
Detto
con la formula precisa di Marx (ed è questa la risposta alla
domanda):
“la
variazione
di grandezza del plusvalore presuppone
un movimento di valore della forza-lavoro causato dalla variazione
nella forza produttiva del lavoro. Il limite
di
tale variazione è dato dal nuovo
limite di valore della forza-lavoro.
Ma
possono aver luogo movimenti intermedi anche se le circostanze
consentono che la legge agisca”
[grassetto nostro].
Cioè
la legge agisce (il valore della forza-lavoro è calato) ma ci sono
movimenti intermedi che producono la non-esatta corrispondenza tra
salario e limite (valore). Il valore può scendere di un tot e il
prezzo della forza-lavoro scendere di un tot minore.
Ma
come mai? Qui entra in campo la lotta!
Sempre
Marx: “Il grado della diminuzione, il cui limite
minimo
è costituito da tre scellini [nell'esempio che Marx fa nel testo],
dipende dal peso
relativo che la pressione del capitale da un lato e la resistenza
degli operai dall'altro gettano sulla bilancia”
[grassetto nostro].
Infatti,
come già detto “Il valore della forza-lavoro è determinato dal
valore di una determinata quantità di mezzi di sussistenza. Quello
che varia con il variare della forza produttiva del lavoro, è il
valore
di questi mezzi di sussistenza, non la loro massa”
[…]. E ancora: “un raddoppiamento della forza produttiva del
lavoro, rimanendo immutata la ripartizione della giornata lavorativa,
lascerebbe immutati
il prezzo della forza-lavoro e il plus-valore. Entrambi si
rappresenterebbero semplicemente in una quantità di valori d'uso
raddoppiata, ma relativamente più a buon mercato. Benché
immutato,
il prezzo
della
forza-lavoro sarebbe salito al di sopra del valore
di
quest'ultima
[grassetto nostro]. Se il prezzo
della
forza-lavoro scendesse, ma non sino al limite minimo […] che è
dato dal suo nuovo valore […] questo prezzo in diminuzione
rappresenterebbe ancor sempre una massa crescente di mezzi di
sussistenza.”
Ma
Marx ovviamente aggiunge che comunque, in tal caso, “si
allargherebbe l'abisso tra le condizioni di vita dell'operaio e
quelle del capitalista”.
Il
capitale, infatti, pone sul piatto la possibilità (grazie
all'incredibile aumento della forza produttiva del lavoro) di
accedere alle merci in una quantità storicamente inedita (oggi in
numero maggiore rispetto al passato possiamo, teoricamente e
concretamente, essere dotati di apparecchi per la comunicazione a
distanza o di apparecchi per l'acqua calda e l'aria fredda;
cosa che prima non era possibile perché per le comunicazioni serviva
una quantità di lavoro vivo e\o di lavoro oggettivato, enorme che ne
rendeva oggettivamente impossibile l'accesso a tutti) ma, il
capitale, si diceva, dialetticamente, nega tale possibilità
aumentando appunto “l'abisso” tra l'uso sociale delle forze
produttive e quindi le grandi potenzialità di buone condizioni di
vita degli operai e l'appropriazione privata, che fa sì che invece
che ricchezza sociale vi sia relativamente (dato la ricchezza
possibile per il livello raggiunto e raggiungibile della forze
produttive) più povertà – accompagnata anche dalla distruzione
delle stesse forze produttive (nonché spesso della produzione) da
parte del capitale.
Ribadendo.
Se
la parte del tempo di lavoro necessario per la riproduzione della
forza-lavoro diminuisce grazie all'aumento forza produttiva, allora
diminuisce anche il valore
della forza-lavoro, cioè ci vuole meno tempo per la sua
riproduzione, ma fino ad un certo limite,
che diventa il nuovo limite di valore della forza-lavoro oltre il
quale il capitalista non può andare ma vuole andare.
La
forza produttiva aumentata, quindi, permette il variare del valore
della forza-lavoro, cioè dei mezzi di sussistenza necessari a
reintegrarla, ma non della massa
di questi mezzi, perché questa massa può “crescere
contemporaneamente e nella stessa proporzione per l’operaio e per
il capitalista, senza che si abbia una variazione di grandezza fra
prezzo della forza-lavoro e plusvalore”.
Ancora
una volta, il valore
della forza-lavoro con l'aumento della produttività si abbassa.
Il
prezzo
della forza-lavoro è così superiore al valore della forza-lavoro
ma, nel capitalismo, tale prezzo, seppur non istantaneamente né in
maniera meccanica, tende ad adeguarsi al valore,
al suo nuovo limite.
Vladimir
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