domenica 10 luglio 2016

pc 10 luglio - 17,5 MILIONI PER RAFFORZARE LA PRESENZA MILITARE DELL'ITALI IN IRAQ

Riceviamo e pubblichiamo stralci
(Di Francesco Cecchini) 
La Camera, il 7 luglio 2016, ha approvato in via definitiva il decreto che rifinanzia le missioni militari all’estero, già approvato dal Senato lo scorso 29 giugno. Il decreto è stato convertito, quindi, dal Parlamento ed è legge. È confermata, quindi, la missione italiana a protezione della diga di Mosul, per cui un emendamento del governo approvato ha stanziato altri 17,5 milioni che rafforzerà la nostra presenza militare in Iraq.

Nessun cambio di prospettiva rispetto al passato: ancora centinaia di milioni destinati a missioni armate e solo le briciole a progetti di cooperazione civile. E ancora una volta la negativa decisione di inserire in un unico provvedimento tutte le missioni militari all’estero, che invece hanno natura profondamente diversa tra loro.


A Operation Inherent Resolve, OIR, l’intervento militare contro il Califfato,  e al programma di addestramento rivolto alle Forze di Sicurezza Irachene effettuato dai Training Teams della Coalizione anti-ISIS partecipa l’ Italia  attraverso l’operazione Prima Parthica che vede attualmente impegnate circa 550 unità in programmi d
i addestramento che coinvolgono i Peshmerga curdi e le Forze irachene.
In particolare, a Erbil operano unità dell’Esercito Italiano, mentre a Baghdad e Kirkuk è impiegato personale appartenente al Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS) che si occupa dell’addestramento sia dei militari iracheni del Counter Terrorism Service (CTS) sia delle Forze speciali curde.
Sempre a Baghdad dal giugno del 2015 opera anche un nucleo di Carabinieri di circa 90 unità, con lo scopo di addestrare i membri della Iraqi Federal Police.
Il dispositivo italiano impegnato in Iraq vede anche la presenza di una Task Force dell’Aeronautica Militare, costituita da 2 velivoli a pilotaggio remoto Predator, un aereo da rifornimento KC-767 e 4 velivoli da attacco e ricognizione AMX.
Tutto questo dispositivo aereo svolge missioni di ricognizione e sorveglianza in supporto all’intero sforzo della coalizione nell’opera di contrasto allo Stato Islamico.
Infine, lo sforzo italiano in Iraq sarà completato nei prossimi mesi dall’invio di un contingente composto dagli uomini e donne del Sesto Reggimento Bersaglieri di stanza a Trapani e appartenente alla Brigata Meccanizzata AOSTA a protezione dell’installazione della ditta italiana Trevi che sarà impegnata nell’opera di manutenzione della Diga di Mosul.
Tra settembre e ottobre è previsto che il contingente italiano salga fino a raggiungere circa 450/500 unità. I bersaglieri saranno equipaggiati principalmente con veicoli tattici tipo 4×4 LINCE (Light Multirole Vehicle), ma potranno contare anche su mortai e sistemi controcarro, così da poter disporre di una capacità d’ingaggio a medio raggio nei confronti di eventuali formazioni ostili.
Attualmente le forze governative sono impegnate principalmente in due aree dell’ Iraq la provincia occidentale dell’Anbar e l’area di Mosul, roccaforte dello Stato Islamico dal giugno del 2014.
Il Partito Democratico in parlamento ha affermato che è prima di tutto un impegno contro terrorismo e l’Italia è attore centrale nella gestione delle crisi, a sostegno della pace e della sicurezza del Paese e di tutti i popoli. Significative le parole del capogruppo Pd nella commissione Difesa della Camera Tonino Moscatt, a giustificazione delle iniziative militari: “ Il nostro Paese è un attore di primo piano e apprezzato dalla comunità internazionale sia per la qualità che per la consistenza numerica (750 a circa mille unità) del personale inviato a rafforzare le attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh, Dalla protezione dell’area della grande diga di Mosul, al contrasto ai traffici di esseri umani nel Mediterraneo centrale (EUNAVFOR Med), dal potenziamento del dispositivo aeronavale di sorveglianza e di sicurezza nel Mediterraneo centrale (cosiddetta Operazione Mare Sicuro) alla presenza in Afghanistan, nei Balcani e in Libano, le nostre Forze armate rendono il nostro Paese un attore centrale nella gestione multilaterale delle crisi.
Il Rapporto Chilcot, pubblicato nei giorni scorsi e mirante a ricostruire gli scenari e l’origine del coinvolgimento dell’esercito rappresenta un passo positivo per il chiarimento delle radici della situazione attuale in Iraq.
L’ invasione degli Stati Uniti e dei suoi alleati, Regno Unito innanzitutto, ha creato un inferno: anni e anni di guerra, quasi seicentomila morti e un paese distrutto. La  decisione d’invadere l’Iraq è stato  un crimine di guerra, stando al diritto internazionale. Il parlamento iracheno ha chiesto al governo di denunciare il Regno Unito e i suoi alleati, Stati Uniti quindi, per l’invasione del paese nel 2003. Portavoce di questa richiesta è la deputata Alia Nassif. La deputata ha anche espresso fiducia nel fatto che la Russia sarà l’unico paese membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a sostenere questa posizione. Queste dichiarazioni di Alia Nassif  sono state fatte  subito dopo la pubblicazione di oggi del rapporto di una commissione d’inchiesta sull’invasione britannica dell’Iraq nel 2003, il rapporto Chilcot. La relazione critica la decisione del primo ministro britannico Tony Blair di aver aderito alla campagna militare sulla base di dati errati ed aver sottovalutato le conseguenze della decisione.
Questa posizione è in armonia con quanto ha affermato recentemente il Patriarca Caldeo Louis Raphael :L’intervento armato a guida occidentale contro Saddam Hiussein del 2003 ha scatenato la spirale infernale in cui oggi siamo immersi. Abbiamo un Paese distrutto, quattro milioni di profughi solo dall’Iraq, conflitti che stravolgono la Siria e lo Yemen. I cristiani in Iraq prima di quella guerra erano un milione e mezzo, adesso sono meno di mezzo milione, e molti di loro vivono da rifugiati lontano dalle proprie case. Non c’è lavoro, le economie di interi Paesi sono a pezzi, le istituzioni paralizzate, patrimoni culturali millenari sono stati distrutti. Mi chiedo con quale faccia si possa dire che quella guerra ha rappresentato un bene per il Medio OrienteNel vuoto che si è creato i jihadisti hanno trovato spazio per far attecchire la loro proposta ideologica ancora più aberrante, quella dello Stato islamico. E viene da lì anche la deriva settaria che avvelena tutta la convivenza. Basti pensare che adesso le presunte soluzioni ai conflitti in corso puntano a cantonizzare l’Iraq e altre aree del Medio Oriente su base settaria”.

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