http://proletaricomunisti.blogspot.it/2016/07/pc-9-luglio-i-padroni-della.html
Le premesse, ma anche le conclusioni, di questa inchiesta sono:
- una nuova affermazione del "valore" del capitalismo, come "bene di interesse comune da tutelare". E questo proprio nel periodo storico in cui la fase suprema del capitalismo (l'imperialismo) genera parassitismo e putrefazione - come ci spiega Lenin, e in un periodo di crisi che mostra ancora più chiara la faccia distruttiva del capitalismo, il suo essere antitesi del benessere dei lavoratori e delle masse popolari;
- l'invito ad abbandonare la lotta, considerando gli scioperi "liturgie e ritualità superate":
- far passare un'analisi "oggettiva" per cui posti di lavoro e livelli retributivi sono legati "all'esito del confronto competitivo in un mercato ormai mondiale"; per cui non sono colpa dell'impresa licenziamenti e attacchi al salario, ma della "dura realtà oggettiva" i cui rischi devono essere "condivisi" da tutti, padroni e operai;
- rendere, di conseguenza, oggettivo che il salario debba per forza essere legato al "reale andamento aziendale e all'effettiva produzione di valore", che tradotto, vuol dire, come abbiamo già scritto, nessun aumento salariale e più sfruttamento, perchè nel sistema del capitale l'unico modo per "produrre valore" è il pluslavoro degli operai.
Ma entriamo nel merito dell'inchiesta, iper pilotata:
Essa è fatto su un campione (non si dice il numero) di operai in maggioranza maschi, non giovani, che lavorano in imprese di piccole dimensioni, con elevata specializzazione.
Quindi, i nostri commis aziendali sono andati ad intervistare non certo gli operai e le operaie più sfruttati, o delle grandi aziende in cui più pesantemente avvengono i nuovi livelli di sfruttamento e l'attacco alla contrattazione; sono andati a sentire settori di lavoratori sia privilegiati ("elevata specializzazione) che oggettivamente più legati ai padroni e padroncini (addirittura anche di ditte con 10 dipendenti).
Non a caso, nella lettura delle risposte all'inchiesta si sottolinea che questi lavoratori ritengono migliorate le condizioni ambientali e di sicurezza, la realizzazione sul lavoro, la crescita professionale.
Non sono andati a domandare agli operai delle grandi fabbriche come l'Ilva, la Fiat, ecc.! Altrimenti avrebbero eccome raccolto denunce sul peggioramento delle condizioni di sicurezza e ambientali, avrebbero sentito quanta preoccupazione hanno invece i lavoratori per la loro salute, la loro vita; non sono andati a sentire gli operai demansionati, i giovani, e le donne soprattutto, per cui invece aumentano le discriminazioni sul lavoro come la sempre maggiore impossibilità di crescita professionale.
Il carattere fazioso dell'inchiesta viene chiaramente alla luce sulle risposte alla bandiera "salario/produttività" dei padroni: qui addirittura più del 70% sarebbe favorevole che gli aumenti non siano stabiliti dal CCNL ma nella singola azienda e più del 60% ritiene giusto legare aumenti a produttività aziendale; per non parlare del fatto che "poco meno della metà ritiene che gli aumenti di salario debbano essere decisi dopo la chiusura del bilancio aziendale".
Ma chi hanno intervistato?! E' evidente che così può parlare solo l'aristocrazia operaia!
Non sappiamo poi come è stata fatta questa inchiesta, in quali condizioni, quanto abbia pesato il ricatto, il timore tra i lavoratori intervistati di rischiare nel dare risposte sincere.
Ma quando mai un normale operaio pensa che gli aumenti salariali debbano dipendere ed essere decisi dopo la chiusura del bilancio aziendale? L'operaio, al di là del bilancio, ha lavorato per un mese come sempre e quindi deve essere pagato come sempre, e gli stessi aumenti vengono sempre dopo incrementi dell'attività lavorativa, e aumenti del costo della vita, perchè quindi si dovrebbe aspettare l'esito dei bilanci aziendali? Non è mica 'colpa' degli operai se un bilancio va in rosso... (ammessa e non concessa poi la veridicità di questi bilanci, di cui la realtà ci offre numerosi esempi di manipolazione).
Sempre sul salario, l'inchiesta vuol far dire ai lavoratori che sono d'accordo che una parte del salario non sia data in soldi, ma gestita dall'azienda come sanità integrativa, previdenza complementare, altre forme di welfare aziendale. Ma, purtroppo per loro, in questa parte qualche forzatura la devono fare, per nascondere gli stessi risultati dell'inchiesta. Ma una cosa non possono nascondere: pur considerando il campione scelto e falsato dell'inchiesta, viene fuori comunque che tra i metalmeccanici il 72,6% vuole esclusivamente in busta paga gli aumenti contrattuali - mentre tra gli imprenditori l'85,4% è favorevole a non metterlo in busta paga. E lo credo!
Altri punti dell'inchiesta metterebbero in evidenza che la maggioranza dei lavoratori (degli intervistati) non vorrebbero più scatti retributivi e di inquadramento automatici, nè permessi retributivi per tutti.
Ma anche qui, queste risposte sono espressione di fatto di settori privilegiati di lavoratori. Certo, non ci nascondiamo che concetti come "legati alla professionalità" "permessi legati alla presenza effettiva" siano in voga anche in settori di massa degli operai, ma qui pesa il disastro fatto negli anni dal sindacato confederale, che ha fatto perdere una visione e un orientamento di classe tra i lavoratori.
Le conclusioni sul commento dell'inchiesta sono esemplari e spudoratamente di parte:
I lavoratori vengono divisi, in base alle risposte, tra "innovatori", vale a dire "quanti si sono mostrati d'accordo con le proposte di rinnovamenti della Federmeccanica; "conservatori" chi esprime contrarietà alle proposte dei padroni; e "incerti".
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