sabato 20 luglio 2019

pc 20 luglio - La Lega truffa lo Stato e lo Stato borghese gli riduce pure il conto da pagare. Mentre Salvini continua a mentire, come documenta l'Espresso

I 49 milioni che la Lega deve restituire allo Stato diventano 18: le rivelazioni dell’ultimo bilancio. Lo sconto è frutto di un accordo con la procura di Genova

Di Madi Ferrucci  20 Lug. 2019

Lega, i 49 milioni da restituire allo Stato diventano 18
Secondo il bilancio 2018 della Lega, i 49 milioni da restituire allo Stato sono diventati 18,4. La riduzione è il risultato di un accordo del settembre 2018 con la procura di Genova. Il Carroccio aveva ottenuto di poter restituire il denaro in comode rate da 600mila euro l’anno in 75 anni, senza interessi. 100mila euro ogni due mesi. Il pagamento reale risulta così ridotto di 30 milioni di euro.
49 milioni Lega, i dati del bilancio
La pubblicazione dell’ultimo bilancio disponibile arriva nel bel mezzo del Russiagate sul presunto
finanziamento di fondi russi alla Lega, una vicenda che sta facendo traballare il governo.
The Post Internazionale ha condotto un’inchiesta su come sono stati sperperati i fondi della Lega svaniti nel nulla (qui il riassunto dell’inchiesta).
Gli altri dati del bilancio sono positivi. La Lega chiude il 2018 con un disavanzo di esercizio di 16,5 milioni di euro, con utili per 2,5 milioni di euro e una liquidità di cassa di 875 mila euro.
Il 2 per mille ha portato al partito un milione di euro. A questi si aggiungono i 7,2 milioni di contributi degli eletti di Camera, Senato e dei territori.
49 milioni Lega, il caso
Il processo sui fondi della Lega ha interessato i rimborsi elettorali ricevuti dalla Lega (al tempo Lega Nord) tra il 2008 e il 2010, che hanno fatto affluire nelle casse del partito circa 49 milioni. Secondo gli inquirenti, i fondi sono stati usati illecitamente dal fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, dall’ex tesoriere Francesco Belsito e da tre dipendenti del partito e due imprenditori per spese personali.
Il Tribunale di Genova ha  ordinato il sequestro dei fondi della Lega in relazione alla presunta truffa ai danni dello Stato il 4 settembre 2017. Nei conti del partito, però, vengono trovati solo 2 milioni di euro. A seguito della scoperta, la procura di Genova chiede di poter sequestrare anche le “somme future” fino a raggiungere la cifra di 49 milioni. Il Tribunale respinge la richiesta. La Procura a questo punto fa ricorso in Cassazione.
Il caso viene poi rinviato nuovamente al Tribunale del Riesame, che il 5 settembre 2018 accoglie il ricorso e conferma il sequestro dei fondi del partito. Matteo Salvini, presenta poi ricorso contro l’ordinanza del Riesame, ma il 9 novembre 2018 la Corte di Cassazione conferma la decisione del sequestro. Il 18 settembre arriva l’accordo con la Procura di Genova sulla restituzione “a rate”.

Inchiesta de l'Espresso del 4 luglio 2018
ESCLUSIVO
Soldi della Lega, ecco i documenti che incastrano Matteo Salvini
Una lettera di diffida. Un file del Senato. E i rendiconti interni al partito. Pubblichiamo le carte che smentiscono la versione del ministro sullo scandalo che fa tremare il Carroccio
DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE

Soldi della Lega, ecco i documenti che incastrano Matteo Salvini
«È un processo politico, che riguarda fatti di 10 anni fa su soldi che io non ho mai visto». Matteo Salvini si è difeso così dall'accusa di aver beneficiato dei quasi 50 milioni di euro frutto della truffa firmata Bossi e Belsito. La tesi del ministro è quindi semplice: tutta colpa del vecchio leader, io non c'entro niente. I documenti ottenuti da L’Espresso dimostrano invece che esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore e i suoi successori.

Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati. Il nostro giornale lo aveva già scritto in una lunga inchiesta nell'ottobre 2017. Qui sotto riprendiamo alcuni stralci di quell'articolo e pubblichiamo i documenti che dimostrano quanto da noi ricostruito già dieci mesi fa.

Per scoprire i retroscena di questo intrigo padano bisogna tornare al 5 aprile del 2012. E tenere a mente le date. Quel giorno, a poche ore dalla perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di via Bellerio, a Milano, Bossi si dimette da segretario del partito. È la prima scossa del terremoto che sconvolgerà gli equilibri interni alla Lega.

A metà maggio diversi giornali scrivono che a essere indagato non è solo il tesoriere Francesco Belsito, ma anche il Senatùr. Il reato ipotizzato è quello di truffa ai danni dello Stato in relazione ai rimborsi elettorali. Il primo di luglio Maroni viene eletto nuovo segretario del partito. E quattro mesi dopo, il 31 ottobre, passa per la prima volta alla cassa. Come certifica un documento inviato dalla ragioneria del Senato alla Procura di Genova, quel giorno l’ex governatore della Lombardia riceve 1,8 milioni di euro. È il rimborso che spetta alla Lega per le elezioni politiche del 2008, quelle vinte da Berlusconi contro Veltroni. Il primo di una lunga serie.



Da questo momento in poi a Maroni verranno intestati parecchi bonifici provenienti dal Parlamento. A fine 2013, cioè al termine del mandato di segretario, Bobo avrà così ricevuto 12,9 milioni di euro in nome della Lega. Tutti rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quando a capo del partito c’era Bossi e a gestire la cassa era Belsito. Insomma, proprio i denari frutto della truffa ai danni dello Stato.

Che cosa cambia quando Salvini subentra a Maroni? Niente, se non le cifre. A metà dicembre del 2013 Matteo viene eletto segretario del partito. L’inchiesta sui rimborsi elettorali intanto va avanti, e a giugno del 2014 arrivano le richieste di rinvio a giudizio: i magistrati chiedono il processo per Bossi. Un mese e mezzo dopo, il 31 luglio, Salvini incassa 820mila euro di rimborsi per le elezioni regionali del 2010. Lo dimostrano i mastrini, i registri contabili del partito che L'Espresso è riuscito a ottenere. Perché allora il segretario della Lega continua a sostenere che lui quei soldi non li ha mai visti? E come poteva non sapere che erano frutto di truffa?

Due mesi dopo aver incassato gli oltre 800 mila euro, Salvini e la Lega si costituiscono infatti parte civile contro i compagni di partito. Si sentono vittime di un imbroglio, di una truffa che ha sfregiato il vessillo padano. E vogliono essere risarciti. La nuova dirigenza è dunque consapevole della provenienza illecita del denaro accumulato sotto la gestione di Bossi. Ma il 27 ottobre, solo venti giorni dopo l’annuncio di costituirsi parte civile, Salvini fa qualcosa che appare in netta contraddizione con quella scelta: ritira altri soldi. Questa volta la somma è piccola, poco meno di 500 euro: l’ultima tranche di rimborso per le elezioni regionali del 2010. 
Due giorni dopo l’ultimo prelievo, Salvini riceve persino una lettera (inviata anche al tesoriere Giulio Centemero) dall'allora avvocato di Bossi, Matteo Brigandì. «Ti diffido dallo spendere quanto da te dichiarato corpo del reato», si legge nella missiva con la quale la vecchia guardia lancia un messaggio chiaro al nuovo gruppo dirigente: voi ci accusate di aver rubato quattrini, allora sappiate che i soldi che avete in cassa sono il profitto della truffa, e usarli vuol dire diventare complici del reato.

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