Solidarietà e lotta non vanno in vacanza!
Immigrazione
e sicurezza, sicurezza e immigrazione, da mesi non si sente parlare
d’altro. Si vuole suscitare paura, insicurezza, odio, egoismo, ed
evitare che i sentimenti di rabbia e malcontento siano rivolti contro i
responsabili delle nostre vere insicurezze, un lavoro sicuro e pagato,
una casa, scuole ed ospedali funzionanti. Si è creato ad hoc un (falso)
nemico contro cui direzionare le tensioni sociali. D’estate, poi, si sa
come riempire così le prime pagine dei giornali e animare i talk show..
Benché
il governo Lega-5stelle oggi si presenti in discontinuità con i
precedenti, c’è veramente difficile trovare questo tanto sbandierato
cambiamento. Sulla pelle dei migranti, tralasciando il pietoso teatrino
mediatico, si fanno interessi da tutte la parti, da una parte si
muovono gli equilibri politici di chi vuole tenerci divisi, dall’altra
parte si fanno gli interessi politici di chi vuole presentarsi con il
volto umano, ma che in realtà
dietro “l’accoglienza” nascondono interessi precisi, dal business che si cela dietro di essa, agli interessi delle imprese che godono così di una manodopera maggiormente ricattabile e a basso costo.
dietro “l’accoglienza” nascondono interessi precisi, dal business che si cela dietro di essa, agli interessi delle imprese che godono così di una manodopera maggiormente ricattabile e a basso costo.
E
sempre tra paura, sicurezza e immigrazione si compiono importanti salti
in avanti in materia di sorveglianza e punizione, che però non
riguardano solamente gli immigrati ma tutti noi. Questo è avvenuto con
Minniti, sotto guida del PD, e avviene oggi con il “Decreto Sicurezza”
targato Salvini. Comune denominatore di entrambi i decreti è tenere
saldamente insieme i provvedimenti rivolti agli immigrati con quelli
contro la conflittualità sociale.
Giusto
per citare un esempio che ben esemplifica la cosa, l’articolo 25 del
decreto Salvini prevede che il picchettaggio -strumento secolare dei
lavoratori e delle lavoratrici- diventi un crimine punibile da 1 a 6
anni, ma che in caso di condanna di un cittadino extracomunitario scatta
l’immediata espulsione dal paese. Come vediamo, con tale provvedimento
tentano di dare una risposta, sul piano della propaganda a quelle
tensioni sociali incanalate contro gli immigrati, mentre sul piano
materiale, lo stato continua a innalzare la propria armatura per
difendersi da chi si organizza per cambiare il presente e la propria
condizione di vita.
Tutto
questo non è certo una novità, da sempre i governi ed i padroni
reprimono le giuste rivendicazioni che si sviluppano sul territorio con
denunce, custodie cautelari, processi e condanne, con la chiara volontà
di criminalizzare le lotte, sia sul piano della prevenzione con
controllo sociale e strumenti punitivi extragiudiziali, utilizzando la
carta “dell’emergenza” che, che oggi può essere “l’immigrazione”, ieri
il “pericolo ultras”, domani il “degrado” – per creare consenso attorno
agli inasprimenti repressivi che compie.
Ciò
che riteniamo sia fondamentale porre in evidenza è come gli apparati
repressivi siano dotati nel tempo di Leggi specifiche, che oltre
l’apparenza, agiscono poi sul controllo, e sulla punizione, dotando chi
ci sfrutta tutti i giorni sui posti di lavoro degli strumenti necessari
per impedire ogni tentativo di organizzazione dei lavoratori che si
ponga in netta incompatibilità con le esigenze produttive di questo
sistema. Tuttavia laddove si crea organizzazione, lotte e condivisione
si creano parallelamente legami di solidarietà che spezzano quelle
catene dell’isolamento che vorrebbero tenerci docili, divisi e
impotenti.
È
in questo senso che riteniamo importante rilanciare le lotte in ogni
posto di lavoro, quartiere, scuola, ma riteniamo altrettanto importante
lottare contro la repressione analizzando i meccanismi messi in moto
dallo stato per difendere gli interessi dei padroni rilanciando la
pratica della solidarietà che sia capace, dove si vuole isolare, di
allacciare legami e di organizzarsi collettivamente per lottare contro
le ingiustizie sociali.
È
per questo esprimiamo la solidarietà nei confronti di chi è punito per
aver osato lottare contro un padrone, contro un summit del lavoro tra 7
grandi potenti in cui si decide delle nostre vite, contro gli interessi e
la devastazione ambientale che si celano dietro alla grandi opere come
la Tav, contro una scuola in cui l’unica cosa che conta è formare
persone prive di senso critico che sappiano lavorare efficientemente
privandole di ogni possibilità di lotta in difesa dei propri interessi.
È
in questo senso che vogliamo esprimere solidarietà nei confronti delle
compagne e dei compagni arrestati per aver osato opporsi al G7 del
lavoro nel 2017, con due compagni fiorentini posti sotto misure
cautelari, così come nei confronti di chi viene caricato per un
picchetto davanti la propria azienda, come sta accadendo da giorni
davanti a stabilimenti tessili e non nel pratese, nei confronti di chi
viene colpito da fogli di via per la propria attività sindacale, da chi
viene perquisito per aver resistito ad una carica della polizia. A chi
nella nostra città anima percorsi di lotta e autorganizzazione, ai
lavoratori del Si Cobas e agli/alle studenti/esse inquisite per il 25
Aprile scorso, va tutta la nostra solidarietà!
Con
la stessa determinazione che ci porta a lottare contro le
ingiustizie, con nel cuore e nella testa un mondo nuovo da conquistare,
diciamo chiaramente al nemico, che pensa di poterci tenere isolati e
schiacciarci la testa, che nessuno sarà lasciato solo e che, ovunque ci
sia un lavoratore, un posto di lavoro non sicuro, una casa vuota, un
sistema sanitario al collasso, una scuola in rovina, ci saremo anche a
noi a lottare fino a che non vedremo il tramonto di questa società
basata su profitto, sfruttamento e prevaricazione di pochi privilegiati
sulle spalle di tutte e tutti noi.
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