Questa relazione dice che “Tra le
imposte principali segnano un incremento l’Irpef (+5,8%) e l’Iva (+4,6%).” E cioè
proprio quelle che pagano i lavoratori (ufficialmente circa 23 milioni) e i
pensionati (circa 16 milioni) che non possono “evadere” perché il governo le
trattiene alla fonte!
“Al contrario risulta in
flessione l’apporto richiesto alle società.” L’accertato Ires è, infatti, in
calo del 6,4% a seguito del taglio dell’aliquota previsto con una legge del
2015.
L’evasione fiscale nel Paese è di
circa 18 miliardi. E in un modo o nell’altro viene fatta da grandi medi e
piccoli padroni. E i “rischi” sono ridotti al minimo perché i controlli sono di
fatto inesistenti!
Per non parlare dei continui
condoni in tutte le salse che regalano altri soldi ai ricchi che si lamentano
pure perché il governo in questo senso non li “aiuta” abbastanza! Ma la Lega del
fascio Salvini ha pensato anche a questi poveri cristi e vorrebbe introdurre la
cosiddetta flat tax!
Il “cambiamento” annunciato da
questo governo fasciopopulista e ingannapopolo sta peggiorando anche da questo
punto di vista le condizioni di vita delle masse.
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La lotta all’evasione è quasi
ferma
Pochi controlli e solo sui
piccoli
Il sommerso divora ogni anno
almeno un quinto delle entrate. A pesare sono i condoni
L’evasione fiscale, che divora
ogni anno almeno un quinto delle entrate erariali, viene combattuta dallo Stato
con gentilezza e poca persuasione. Tanto che “i livelli di evasione sono
rimasti nel corso degli anni particolarmente elevati rispetto a quelli esistenti
nei principali Paese europei, mentre l’effetto generato dalla normativa e
dall’azione dell’amministrazione non è ancora riuscito a modificare la condotta
di quella parte di contribuenti ove più si concentrano le irregolarità”.
Inoltre “le aspettative di future sanatorie, le criticità in cui versa
l’amministrazione, le difficoltà esistenti nella riscossione dei crediti
pubblici, sono tutti elementi che incidono sul corretto funzionamento del
sistema il quale – è bene sottolinearlo – continua a fondarsi sul principio dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali”. A tracciare il quadro, tra l’impietoso e il paradossale, è la Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2018 stesa dai magistrati della Corte dei Conti e presentata nei giorni scorsi. Delle 549 pagine del primo volume della Relazione, 110 sono dedicate a un’analisi dell’attività dell’amministrazione finanziaria, condannata con pochi mezzi a districarsi nell’applicazione di un vero e proprio ginepraio di condoni e di centinaia di regimi speciali che costituisce il corpus del nostro sistema tributario.
sistema il quale – è bene sottolinearlo – continua a fondarsi sul principio dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali”. A tracciare il quadro, tra l’impietoso e il paradossale, è la Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2018 stesa dai magistrati della Corte dei Conti e presentata nei giorni scorsi. Delle 549 pagine del primo volume della Relazione, 110 sono dedicate a un’analisi dell’attività dell’amministrazione finanziaria, condannata con pochi mezzi a districarsi nell’applicazione di un vero e proprio ginepraio di condoni e di centinaia di regimi speciali che costituisce il corpus del nostro sistema tributario.
La pressione fiscale aumenta
ma non per tutti. Nel 2018 le entrate tributarie costituivano l’84,7% degli
introiti finali accertati, con un incremento dello 0,4% rispetto al 2017 e un
Pil fermo al palo. Tra le imposte principali segnano un incremento l’Irpef
(+5,8%) e l’Iva (+4,6%). Al contrario risulta in flessione l’apporto richiesto
alle società. L’accertato Ires è, infatti, in calo del 6,4% a seguito del
taglio dell’aliquota previsto con una legge del 2015.
Più volte in passato la
suprema magistratura contabile ha rilevato l’esigenza di una più articolata e
coordinata strategia, basata sull’uso intenso della tecnologia per favorire e semplificare
l’adempimento e supportare l’azione di controllo dell’amministrazione. Che
continua a calare. Il dato di consuntivo del 2018 segna introiti per 5,5
miliardi di euro, in notevole flessione rispetto al risultato degli anni
precedenti (-23,8% sui 7,3 miliardi del 2017 e -9% rispetto ai 6,1 miliardi del
2016) nonché da quelli conseguiti nelle annualità 2014 e 2015. La flessione, secondo
la Corte, è attribuibile a diversi fattori, tra i quali anche il crescente
ricorso all’istituto del ravvedimento operoso, che consente ai contribuenti di
emendare le dichiarazioni anche successivamente alla conclusione dei controlli prima
della notifica dell’accertamento, beneficiando di significative riduzioni delle
somme dovute.
Va considerato, inoltre, che il
2018 è stato caratterizzato dall’attesa per la preannunciata definizione, particolarmente
agevolata, dei verbali di constatazione consegnati fino al 24 ottobre 2018.
Anche il numero degli
accertamenti ordinari (ne sono stati fatti poco meno di 263mila) risulta in
picchiata rispetto all’anno precedente (-11,5%). Dopo la drastica flessione del
2016 (quando il numero degli accertamenti ordinari non aveva raggiunto i
200mila), ci si allontana nuovamente dai livelli ante 2016 (in media poco più
di 310mila accertamenti all’anno). All’interno di questa tipologia di
controlli, gli accertamenti da studi di settore diminuiscono ulteriormente
(-28,3%) passando da 2.529 nel 2017 a 1.814 nel 2018. In forte flessione
(-19,9%) anche il numero degli accertamenti parziali automatizzati, che passa
da 266.443 nel 2917 a 251.907 nel 2018. Sono valori sensibilmente lontani da
quelli raggiunti negli anni anteriori al 2016.
I magistrati contabili rinnovano
l’auspicio di un’evoluzione degli strumenti a disposizione dell’Agenzia delle
Entrate per acquisire e incrociare le informazioni di rilievo fiscale prima
della presentazione delle dichiarazioni. Si pensa in primis all’acquisizione
dei dati relativi alle fatture, ai corrispettivi e ai flussi finanziari. La loro
conoscenza è ritenuta dai magistrati contabili di “rilievo strategico per una effettiva
riduzione dei fenomeni evasisi di massa”. Quanto alla maggiore imposta evasa accertata.
Il risultato del 2018, 17,4 miliardi di euro, risulta in sensibile costante
flessione rispetto al quadriennio precedente (negli anni 2014 e 2015 la maggiore
imposta aveva superato i 20 miliardi di euro). Anche nel 2018 si rileva
l’elevata concentrazione di controlli effettuati nelle fasce di minore importo:
su un totale complessivo di 558.800 controlli, ben 283.338, pari al 50,7% del
totale, hanno dato luogo a un recupero (potenziale) di maggiore imposta
ricompreso tra 0 e 1.549 euro. Peggiora anche il rapporto tra la frequenza dei
controlli sostanziali eseguiti e la numerosità dei contribuenti. Le probabilità
di essere sottoposti a un controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate continuano
e restare praticamente inesistenti: nel 2018 solo il 2,4% del totale dei
soggetti considerati ha ricevuto una visita del fisco.
Il Fatto Quotidiano
12 luglio ’19
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