Mentre
le forze della solidarietà internazionale e internazionalista
mantengono in generale un silenzio sulla più grande lotta armata
esistente al mondo, guidata dal Partito Comunista maoista dell’India,
silenzio originato da un orientamento anticomunista, di stampo
trotskista in generale, diversa è l’attenzione che studiosi e
scrittrici hanno verso quello che succede in India.
C’è
una buona conoscenza sull’azione svolta dalla grande scrittrice
indiana Arundhati Roy, per il suo libro reportage IN MARCIA CON I RIBELLI, uscito in diverse edizioni italiane, tradotto in
numerose lingue c, un nuovo libro del genere è
uscito anche in italiano nelle scorse settimane. E’ scritto dalla
scrittrice Alpa Shah: “Marcia notturna”, tradotto da Daniela
Bezzi, una studiosa progressista, attiva nella lotta contro la
repressione in India.
Il
libro della studiosa anglo-keyniana ha caratteristiche molto simile a
quello di Arundhati Roy. Anche qui la scrittrice si è ribellata al
silenzio e alla sottovalutazione della ribellione naxalita e alla
campagna imperialista e del regime fascista indiano che la definisce “movimento terrorista”. Tra il 2008 e il 2010 Alpa Shah ha trascorso 18 mesi nello stato Jharkhand, vivendo tra gli adivasi, e nel 2010 ha intrapreso un viaggio di 7 notti con i guerriglieri, camminando per 250 Km nelle fitte foreste collinari dell’India orientali, incontrando e parlando con i leader e vivendo con gli abitanti dei villaggi nei quali fa base la guerriglia.
campagna imperialista e del regime fascista indiano che la definisce “movimento terrorista”. Tra il 2008 e il 2010 Alpa Shah ha trascorso 18 mesi nello stato Jharkhand, vivendo tra gli adivasi, e nel 2010 ha intrapreso un viaggio di 7 notti con i guerriglieri, camminando per 250 Km nelle fitte foreste collinari dell’India orientali, incontrando e parlando con i leader e vivendo con gli abitanti dei villaggi nei quali fa base la guerriglia.
Shah
è partita dall’intendo di capire perché quella che viene definita
la “più grande democrazia del mondo” masse povere si sono armate
per lottare “per una società più giusta”.
L’autrice
esplora la ribellione dal basso, fornendo un resoconto molto esteso.
In particolare il suo sforzo è cercare di capire il nesso tra i
maoisti indiani contemporanei e la loro storia che nasce con la
Rivoluzione culturale e le condizioni di vita delle masse povere
adivasi.
Importante
è la segnalazione che la scrittrice fa di quello che scrive la
Stampa: “Nel nuovo millennio i maoisti hanno guadagnato ulteriore
trazione, collegando le loro cause alle proteste ambientali, da
quando dopo il 2003 lo Stato indiano ha rilasciato concessioni di
sfruttamento minerario alle multinazionali. La questione comunista
incontra allora il diritto alla terra e nasce una nuova ribellione”.
La
Shah opera anche un’altra utile azione. Intreccia il diario delle
sue marce nella foresta con le conversazioni con i capi militari e i
militanti. Come dice la Stampa: “dando a ciascuno di loro un nome e
un volto che li strappa dal cliché di terroristi, assegnato loro dai
media indiani”. ED è forse la parte più interessante del libro
perché, citiamo dalla recensione, “sottolinea l’impegno civile
di molti capi della ribellione, alcuni dei quali sono nati in clan di
casta lata e hanno avuto una ricca istruzione e nascono dai movimenti
di protesta globale degli anni 60 e 70, abbandonano le loro famiglie
per combattere come rivoluzionari a tempo piena con le masse
proletarie e povere dell’India”.
Naturalmente
non tutto quello che scrive l’antropologa è condivisibile, ma
sicuramente la realtà che essa vede e racconta è più forte degli
elementi critici che pure nel libro vengono espressi.
La
cosa per noi più interessante è quando essa scrive e documenta un
fatto incontrovertibile: “Le donne adivasi godono di livelli molto
più elevati di libertà di quella della società indiana dominata
dalle caste, pur vivendo condizioni di esistenza dura a causa
dell’accesso precario al cibo, alle cure mediche e anche a quella
che viene definita istruzione”.
E’
quindi un libro interessante da leggere. Il Comitato di sostegno alla
guerra popolare in India, in Italia contribuirà con iniziative,
presentazioni a farlo conoscere innanzitutto alle forze che hanno il
dovere alla solidarietà internazionalista, ma più in generale ai
giovani, alle donne, ai proletari che possono dar vita all’ampio
movimento di solidarietà che è necessario e urgente anche nel
nostro paese.
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